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Bravo Sinner a patteggiare e ben ritrovata la vena garantista degli italiani

Giuseppe De Filippi

Il patteggiamento è una giocata rapida che permette al campione italiano di non correre ulteriori rischi. Mentre arriva una prova di maturità dalla più inaspettata delle platee e cioè dal pubblico italiano, dai tifosi e stampa, dagli utenti social tendenti all’invettiva

Il Clostebol non abbiamo capito bene cosa fosse e mai più lo sapremo. Anche della breve squalifica per Jannik Sinner ci dimenticheremo presto. Con lo spazio nella nostra memoria alla voce tennis occupato dai risultati, dai recentissimi successi e dall’attesa per quelli prossimi del numero 1 (che tale resterà anche se qualcun altro dovesse infilare 12 settimane di vittorie). E di questa beata condizione dobbiamo ringraziare una serie di sviluppi fortunati e positivi e dare atto della prova di maturità garantista data dalla più inaspettata delle platee e cioè dal pubblico italiano, dai tifosi, dalla stampa, dagli utenti social tendenti all’invettiva e dai chiacchieroni delle chat. E tutto ciò malgrado la precarietà del prestigio e della credibilità della Wada potessero creare un bel po’ di problemi. Un corpo giudicante indebolito e messo politicamente in discussione può essere ben più pericoloso di un collegio sereno e universalmente riconosciuto per la sua affidabilità, perché cresce in esso la tentazione di usare le scorciatoie colpevoliste o generalmente infanganti, di far uscire, per coprire la pochezza degli accertamenti sul campo, microdosi di news, qualche picogrammo di intercettazione, minuscole quantità di informazioni acquisite durante l’indagine, e su queste minuzie far crescere, a ondate regolari, quantità invece apprezzabili di maldicenza, di sputtanamento, di pseudo-condanna.

La Wada, che pure si è incattivita con il ricorso dopo la prima sentenza, ci ha sorpreso con il riserbo tenuto durante il dialogo tra parti che ha portato al patteggiamento e nessuno ha imbastito dibattiti sull’opportunità o meno di quella scelta, né la ha qualificata preventivamente come una resa o come un trionfo, lasciando spazio al libero confronto tra accusa e difesa e all’uso di tutti gli spazi di diritto concessi dalle regole, con la tutela dell’atleta affidata ai suoi rappresentanti legali e non al caos tribunizio del processo televisivo o della ressa sui social. Ma se ai giudici dell’autorità mondiale antidoping va dato atto di aver recuperato nel finale, soprattutto bisogna osservare che ha retto il fronte interno, perché in Italia non c’è stato nessun alfiere della colpevolezza, neanche dopo la doccia fredda del ricorso, e pochissimo si è sentita la frase micidiale, l’insinuazione che apre a tutte le aberrazioni inquisitorie, e cioè quel “però, se hanno aperto l’indagine allora ci sarà qualcosa” da cui poi si parte per depositare su quel “qualcosa” chili di odio, invidia, frustrazioni.

I tifosi e il grande pubblico italiano, come gli altri atleti (tranne pochissime eccezioni) e come gli appassionati di tutto il mondo, si sono saggiamente adeguati alla regola tennistica per cui si aspetta l’ultimo punto dell’ultimo game per l’urlo finale e per la stretta di mano che sancisce l’esito del match. Il patteggiamento, scelta certamente ben fondata e ben meditata, è una giocata rapida per chiudere al terzo set una partita al meglio dei cinque e così non correre i rischi cui può andare incontro nella lunga durata anche un giocatore oggettivamente superiore. Sinner ha la fortuna di essere non solo amato come campione vincente ma di essere anche stimato. Le critiche che riceve, anche quando generano da fondi di cattiveria o di malanimo, non superano mai la soglia della decenza. E lui sa rispondere, soprattutto con i fatti e con i comportamenti. Ha avuto attacchi per la nota scelta di risiedere a Montecarlo e di pagare lì le (poche) tasse, ma neanche la falange del sovranismo giornalistico, neanche i campioni del senso comune, hanno avuto successo nell’operazione di infangamento tributario e morale. Per il giovanissimo campione è una doppia prova superata e questa volta, assieme a lui, va celebrata (sperando che sia duratura e che si estenda anche da altri ambiti) la ritrovata vena garantista del grande pubblico italiano.
 

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