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(Ansa)
Il Foglio sportivo
Di chi è la colpa dell'Euro flop
La caccia ai responsabili nasconde le grandi colpe del nostro calcio. Ademola Lookman il responsabile dell'eliminazione dell'Atalanta, gli errori di Thiago Motta con Thuram in panchina e Koopmeiners in campo. Sopravvalutata la striscia di successi in campionato
Non l’abbiamo vista arrivare, questa slavina che ha travolto il nostro calcio in Champions League. Tutti troppo presi a tirare sospiri di sollievo per il derby italiano evitato, Milan e Juventus sapientemente divise dal sorteggio, l’Atalanta a farsi bella della sua League Phase chiusa alle porte della Top 8: questo turno extra sembrava solamente una scocciatura per le due partite in più da mettere sul tassametro. Era una tagliola, invece, ben nascosta tra i fili d’erba, e ha lasciato cicatrici profonde. Persino le due sconfitte dell’andata, quelle di Milan e Atalanta, erano state accolte con sostanziale indifferenza. I rossoneri hanno individuato il capro espiatorio senza fatica. Un fallo sciocco, una simulazione insensata, due gialli leggeri nella loro essenza e pesanti come macigni. La squadra di Conceiçao stava dominando e nulla, prima del rosso a Theo Hernandez, faceva pensare al tracollo. Ma il calcio è lo sport del demonio, vive di attimi, di dettagli. A prescindere dall’inferiorità numerica, resta inconcepibile il modo in cui il Milan ha preso il gol dell’eliminazione, un cross leggibile a difesa schierata, un colpo di testa tra centrale (Pavlovic) e terzino (Bartesaghi).
Nessuno avrebbe pensato di dover indicare in Ademola Lookman il responsabile dell’eliminazione dell’Atalanta: assente all’andata, in campo nel ritorno a discorsi già compromessi. Col suo ingresso, la sua scossa, il gol immediato, aveva anzi dato speranza a una Dea appannata, sbiadita e distratta, che dal Belgio era tornata con i nervi a fior di pelle per un rigore incomprensibile: anche quello, come la follia di Theo, un alibi perfetto. Mentre a San Siro regnava ancora lo sgomento post Feyenoord, i tifosi dell’Atalanta assistevano esterrefatti al vantaggio del Bruges. Anche per questo, le parole di Gian Piero Gasperini a fine partita fanno pensare che possa esserci sotto un malcontento che va ben oltre il rigore fallito da Lookman sull’1-3. Una presa di posizione così forte da aver scatenato la risposta in pubblica piazza del nigeriano, sbigottito e offeso per un attacco la cui portata è parsa dal primo momento fuori scala. Ora l’Atalanta dovrà raccogliere i cocci e concentrarsi sull’ultimo obiettivo rimasto: la distanza dalle inseguitrici (al momento a ridosso delle prime quattro c’è la Lazio, appaiata alla Juve a quota 46) è la stessa che separa i nerazzurri dal primo posto del Napoli. Di qua -5, di là +5: sarà l’Atalanta a decidere cosa fare da grande.
Infine, la sconcertante Juventus, l’unica a partire da situazione di vantaggio. I bianconeri si sono fatti prendere a pallonate dal Psv, Thiago Motta ha sbagliato praticamente tutto quello che si poteva sbagliare: perché questo Thuram in panchina? O questo Koopmeiners, persino febbricitante, in campo? Perché rinunciare all’elettricità di Conceiçao lasciando dentro il fantasma di Gonzalez? E perché accantonare per tutti i supplementari Kolo Muani invece di proporlo in tandem con Vlahovic? Ad aprire e chiudere il conto di una notte da incubo, due ex “italiani” dal profilo molto distante: i 36 anni di un inesauribile Ivan Perisic e i 22 di Ryan Flamingo, ex prodigio ai tempi della Primavera del Sassuolo, il killer imprevisto. È stata sopravvalutata, forse, la striscia di successi in campionato: tra Como e Inter, la Juve aveva sbandato parecchio prima di trovarsi coi tre punti in tasca. E così sono bastate, tra il calcio d’inizio di San Siro e il triplice fischio di Eindhoven, all’incirca 29 ore per spazzare via mesi di partite, di progetti, sogni e ambizioni. Una slavina arrivata mentre si guardava altrove.
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Il foglio sportivo - il ritratto di bonanza
Diritti e doveri di Ademola Lookman
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