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(Ansa)
Il Foglio sportivo
Il volley guarda al futuro. Intervista al presidente Manfredi
"Vogliamo portare più bambini nelle palestre e tifosi nei palazzetti. Verranno investiti dieci milioni per costruire una trentina di impianti sportivi". Parla il numero uno della Fipav, la Federazione italiana pallavolo, il primo e solo presidente della storia del volley che può vantare una medaglia d'oro olimpica
Vivere ad Alberobello lo aiuta nei rapporti (“è un paese conosciuto in tutto il mondo”) dice Giuseppe Manfredi, pugliese classe 1953, numero uno della Fipav, la Federazione italiana pallavolo. Sposato, due figlie, oggi e domani sarà a Rimini come candidato unico per l’Assemblea nazionale che ne certificherà la rielezione per i prossimi 4 anni. D’altronde è il primo e solo presidente della storia del volley che può vantare una medaglia d’oro olimpica. Gli uomini ci hanno provato tre volte dal 1996, senza successo. Ci sono riuscite le donne, a Parigi, alla prima finale. Frutto dell’intuizione di mettere al comando un vecchio saggio come Julio Velasco? “Non è stata un’intuizione, era l’unico che poteva fare il bene della Nazionale femminile. Che è fortissima, ma aveva bisogno di più serenità e di un aiuto tecnico”.
Manfredi, qual è la sfida per la pallavolo nei prossimi 4 anni?
“Vogliamo portare più bimbi nelle palestre e tifosi nei palazzetti. Verranno investiti dieci milioni per costruire una trentina di impianti sportivi. Noi daremo l’involucro, un impianto di gioco con spogliatoi e infermeria e poi le singole regioni che vorranno investire faranno richiesta. Il problema delle strutture c’è in tutta Italia e le prime saranno pronte entro il 2027”.
L’Italia è l’Nba del volley, eppure non c’è nessun rappresentante nel consiglio mondiale della Fivb, presieduto dal brasiliano Azevedo.
“Non siamo i soli. In Europa le nazioni più forti non ci sono. Il fatto che uno vale uno, cioè il voto di tutti i paesi pesa allo stesso modo, produce questa stortura, ma come Italia non abbiamo particolari interessi da recriminare. Organizziamo gli eventi e siamo economicamente stabili”.
Simone Giannelli però ha dichiarato che il Mondiale a 32 squadre organizzato ogni due anni è sbagliato e che gli atleti dovrebbero partecipare alle decisioni. Che risponde?
“Giocare molto incide sul loro fisico e infatti la formula di questo Mondiale sarà snella, però rispondo che è il gioco delle parti, la Federazione mondiale deve anche sviluppare lo sport in paesi dove non c’è un campionato come in Italia”.
Parla in qualità di consigliere della Fondazione Fivb o da presidente della Fipav?
“Entrambi. Sapete che in Africa ci sono nazioni che non hanno neanche un impianto al coperto per giocare? Dobbiamo far crescere tutto il movimento e l’Italia è un socio fondatore di questa Istituzione”.
Quando la pallavolo diventerà uno sport professionistico?
“Abbiamo avuto l’opportunità ma non siamo ancora preparati. È una scelta che spetta ai club perché sono loro che affrontano le incombenze che ne derivano. Noi li aiuteremo nel passaggio, ma non credo che sarà fatto in tempi brevi”.
Più di una giocatrice campionessa olimpica ha dichiarato che il rapporto con Davide Mazzanti si era rotto dopo i Giochi di Tokyo. Lui stesso dopo il Mondiale del 2022 ammise di non avere la squadra in mano. Si è pentito di non averlo esonerato?
“No, le vittorie e le sconfitte sono anche frutto del tempo. La squadra aveva bisogno di una mano più importante ma non è che prima non avessimo vinto niente”.
Kamil Rychilcki, l’opposto lussemburghese naturalizzato italiano in forza a Trento, indosserà la maglia azzurra quest’estate?
“Lui è convocabile. La scelta è solo di Fefè De Giorgi”.
A Report si è parlato delle modalità di elezione dei presidenti federali, che si svolgono tramite deleghe. Un metodo molto criticato. Lei che ne pensa?
“A Rimini ci saranno 1.500 persone e ciascuna può alzarsi in piedi e parlare. Nella pallavolo questo sistema funziona, c’è voglia di partecipazione. Poi, se si decide di abolire le deleghe non sarò certo io a mettere l’elmetto per difenderle”.
Un aggettivo per Abodi e uno per Malagò?
“Serio, serissimo il primo. Vulcanico e passionale il secondo”.
Perché il primo sport delle ragazze non si traduce in allenatrici donne ad alto livello? La pallavolo ha bisogno di quote rosa?
“Questo succede sia in altri sport che nel resto d’Europa. E la risposta va cercata nella sfera sociale. Io noto che dopo che smettono di giocare sono poche le ragazze che si iscrivono ai corsi di allenatore. Dobbiamo fare qualcosa in più per aiutarle ad avvicinarsi”.
Julio Velasco e Fefè De Giorgi hanno firmato il rinnovo fino a Los Angeles 2028. Ma il volley sa bene che i matrimoni a lungo termine non funzionano.
“Ma i matrimoni come si fanno si disfano. Non dimenticate che un tecnico che vince, e loro l’hanno fatto, è appetibile da altre Federazioni. Non è un azzardo, noi riponiamo fiducia in loro”.
Egonu oggi, Zaytsev prima. La sensazione è che per la pallavolo le sue star siano un problema.
“L’impatto mediatico che hanno gli atleti oggi è maggiore. Si deve sapere tutto e secondo me si esagera, bisognerebbe lasciarli più in pace. A Sanremo c’era Myriam Sylla, è stato uno spot bellissimo per noi invece”.
La pallavolo che guarda al futuro non dovrebbe pensare ad accorciare i tempi delle partite?
“È necessario abbreviare la durata, ma se una partita finisse in pochi minuti chi ha pagato il biglietto protesterebbe. E di solito quelle che vanno per le lunghe sono anche le partite che appassionano di più”.
Alberto Polo sta per terminare la squalifica e tornerà ad allenarsi a Piacenza. Il doping nella pallavolo è sottovalutato?
“Io giro tantissimo sui campi e vedo come lavorano gli staff. No, i casi sono pochissimi e come in questo legati ad ingenuità o errori singoli. Non c’è la sistematicità del doping. La pallavolo non è uno sport di resistenza. Il doping, come il razzismo, non sono un nostro problema. Il primo non c’è e il secondo l’abbiamo superato da tempo”.
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