Filippo Macchi (Ansa)

Il Foglio sportivo

Filippo Macchi torna in pedana dopo i due argenti a Parigi. Quelle stoccate nel nome del nonno

Giuliana Lorenzo

L'infortunio poco prima della Coppa del mondo, il desiderio di tornare agli standard nella stagione post olimpica e il focus sul fioretto nonostante gli altri interessi, come la passione per la cucina e la voglia di iscriversi all'Università

A fuoco lento stanno cuocendo varie cose per Filippo Macchi. C’è lo studio della matematica, l’inglese, la passione per la cucina e la voglia di iscriversi all’Università sull’esempio della compagna e schermitrice Giulia Amore. “È tutto una sfida, se lo fa lei, devo essere in grado di farlo anche io. Mi piacerebbe studiare qualcosa legato all’economia, al business administration, possibilmente in inglese. Prossimo anno mi metterò sotto e vedremo come andrà, ma non ho dubbi, sono sempre molto convinto di quello che faccio”. In fase di cottura, invece c’è la scherma: “Io voglio che sia il mio tutto”. Il resto è un contorno che arricchisce la prima portata. Le stoccate sono l’ennesima forma di sfida con la più imminente in programma dal 7 al 9 febbraio al Grand Prix di Torino. Un ritorno sulle pedane italiane dopo l’argento a squadre e individuale ai Giochi Olimpici di Parigi.

Una gara che non ha rivisto, a dispetto delle altre, ricca di polemiche e che un po’ di amaro l’ha lasciato ma è “una medaglia olimpica, il sogno di molti. Non nego che ogni tanto penso a quello che sarebbe potuto essere se le cose fossero andate in maniera leggermente diversa”. Il pisano si prepara a Torino, dopo essere ritornato in pedana, a novembre, nella prima tappa di Coppa del mondo. “Come squadra non potrebbe andare meglio (hanno sempre vinto, ndr). Io sono tornato dopo un infortunio rimediato alle Olimpiadi, con una lesione importante, uno strappo al tricipite sinistro che ha ritardato i tempi di recupero. Sono arrivato a Tunisi, prima di Coppa del mondo, con poco allenamento. Sto ritornando sugli standard che avevo l’anno scorso: è una stagione particolare, post olimpica, però la forma fisica sta arrivando”. E magari l’apice lo raggiungerà proprio a Torino, gareggiando davanti al pubblico italiano: “È magnifico, anche se la scherma non ha milioni di persone a seguito. Entrare in un palazzetto dove sei supportato dall’inizio alla fine, fa sempre molto molto piacere. Sono fortunato: ho disputato due Mondiali fino a oggi, uno Under 17 e uno Assoluto ed entrambi sono stati in Italia, nel 2018 a Verona e nel 2023 a Milano. Torino è particolare perché vi ho conquistato il mio primo podio in Coppa del mondo. Arrivai secondo anche lì, mannaggia non si vince mai (ride, ndr)”.

La simpatia e la battuta pronta non mancano mai, così come le idee chiare, soprattutto quando gli si chiede come mai i grandi risultati sportivi della scherma non corrispondano al seguito in termini di tifo. “Manca un investimento importante. Le risorse che fino a oggi hanno mandato avanti il meccanismo federale non sono state così grandi. Ora la Federazione è cambiata, credo molto nel nuovo meccanismo e penso che grazie a determinati investimenti che hanno in mente di fare, la scherma possa diventare uno sport da prima pagina: portiamo titoli, siamo professionisti ed è giusto essere riconosciuti come tali. Bisogna far avvicinare i giovani, andare nelle scuole, fare tanti progetti che possano incentivare il tutto e far sì che non abbandonino: un grande problema della scherma è l’abbandono in età adolescenziale”.

Un parere personale di chi è cresciuto con i cromosomi quasi a forma di fioretto. Il padre e lo zio hanno un’azienda che produce materiale da scherma e nonno Carlo Macchi ha fondato il Circolo di Navacchio e ha collaborato per anni con la Federazione. “Mio nonno era un testardo, non mollava mai, era uno che se aveva una cosa in testa, in qualche modo la portava a termine. Penso che la dote più grande che ho imparato da lui, sia questa. Cerco sempre di arrivare dove voglio e do tutto per non avere rimpianti, a prescindere da come va. Mi sarebbe piaciuto che avesse visto dove sono arrivato. Mi ricordo l’ultima lezione fatta, poco prima del Mondiale U17, prima che scoprisse il tumore o quando sono entrato nelle Fiamme Oro e si è commosso nel vedere che ho fatto della schema un lavoro”. Ribadisce così come, nonostante sia un ragazzo normale con vari interessi, con un cuore che batte per il Pisa Sporting Club, “ho portato Giulia allo stadio: dall’Olimpico all’Arena Garibaldi di Pisa (ride, ndr)”, per ora la sua priorità è la scherma. “Quando sono passato da essere allenato da mio nonno a Marco Vannini, mi sono messo nell’ordine delle idee che dovevo sacrificare tutto per questo sport, all’inizio il sacrificio per un ragazzo di 18/19 era evitare di andare in discoteca. Poi ho capito che, oltre cose scontate, come riposo o la dieta… il sacrificio è smussare un lato del carattere per riuscire ad aumentare il tuo bagaglio umano e sportivo”.

Di più su questi argomenti: