Theo Hernandez e Rafael Leão con addosso la quarta maglia del Milan nella partita contro la Lazio (foto LaPresse)

Ocio però #27

C'è qualcosa di peggio del Milan di Conceicao, le maglie del Milan di Conceicao

Giovanni Battistuzzi

I rossoneri perdono ancora, questa volta contro la Lazio. I tifosi fischiano e si beccano la colpa di un'altra pessima prestazione. A Milano c'è aria di rivoluzione, senza toccare però ciò che andrebbe cambiato davvero: la dirigenza

Domenica sera dagli spalti di San Siro una sinfonia di fischi ha invaso tutto lo stadio. Il Milan aveva perso in casa contro la Lazio. Un’altra sconfitta, la terza di fila, l’ottava in stagione, tenendo conto soltanto di quelle in campionato. Sérgio Conceição si è lamentato. Si lamenta spesso Sérgio Conceição ultimamente. “I giocatori sentono quello che c'è intorno al club. È la prima volta che alleno in un ambiente così, i giocatori ovviamente lo sentono. Sappiamo che quando è così, le scarpe sono bollenti, non esce un dribbling o un passaggio, vai sotto”, ha detto l’allenatore portoghese, un po’ per provare a difendere i giocatori e a difendersi. Difesa deboluccia. E sì che questa volta il Milan di Sérgio Conceição c’ha pure provato a farsi ben volere. C’ha messo grinta e caparbietà: sotto di un gol e di un uomo, a causa dell’espulsione di Strahinja Pavlović, aveva pareggiato con Samuel Chukwueze. Poi però ha perso. All’ultimo minuto e su rigore, ma ha perso. Cosa avrebbero dovuto fare i tifosi dopo l’ennesima partita nella quale il Milan ha difeso male, attaccato male, giocato male, gestito male le situazioni in campo, non è chiaro. Forse però Sérgio Conceição ha visto cose che nessun altro ha visto. Ocio però che tutto può andare anche peggio. Perché il Milan ha idea di rivoluzionare tanto, cambiare moltissimo tra campo e panchina, ma senza mettere in discussione chi ha deciso che i big data e gli algoritmi sono meglio degli occhi, che parla di moneyball, scusate la parolaccia, senza capire che il calcio non è il baseball. Ma certo la colpa di tutto sono i tifosi. 

  

In campo peggio della prestazione del Milan però c’era altro: la maglia del Milan. La quarta maglia del Milan, una maglia che nemmeno la Nazionale portoghese avrebbe indossato. Se l’idea dietro quella maglia era quella di far sentire a casa Rafael Leão non è dato a sapersi. Se l’idea era quella di venderle, ancora peggio perché “a volte sono capi orrendi che a nessuno li rivendi”, come cantavano gli Elii. E ocio però che a forza di provare a fare i soldi con maglie improbabili, tipo myminipony o portomilan, va a finire che si giustificano davvero domande del tipo “ma noi quali siamo?”. 

  


Questa è Ocio però, la rubrica di Giovanni Battistuzzi sul campionato di calcio italiano, un piccolo breviario per evitare di prendere troppo sul serio la giornata di Serie A appena giocata


   

Intanto mentre il Milan si accorge che quello che doveva essere il salvatore non lo è davvero, e che in fondo Paulo Fonseca qualche cosa buona l’aveva fatta, le prime della classifica – Inter, Napoli e Atalanta – hanno deciso di dedicarsi al surplace. Erano belle le sfide della Velocità quando ancora si poteva dedicarsi al surplace. Quando la bicicletta diventava strumento di immobile equilibrio. Un po’ meno vedere tre squadre un tempo belle e vincenti sbagliare praticamente tutto e ritrovarsi a dar corda ai nostalgici dei ribaltoni dei recuperi improbabili. Che tanto si sa che i recuperi improbabili nascono soltanto dal cattivo gioco e dai cattivi risultati, di chi aveva vinto e giocato e che a un certo punto ha smesso di vincere e giocare. La sfida tra il meglio della Serie A si è così trasformata in una sfida al meno peggio. Va così ormai in Italia e l’Europa, va detto, di tutto questo è ancora cartina al tornasole. Ocio però che almeno qualche cosa buona la si sta vedendo: tipo il Bologna di Vincenzo Italiano, uno che perderà pure le finali europee, ma che una squadra la sa mettere in campo. E poco male se gli attaccanti non li fa segnare.

   

Buone notizie arrivano anche da Cagliari: sono le parate di Elia Caprile. Ogni fine settimana riesce a stupire. C'è bisogno di stupore. E non solo a Cagliari.

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