Sergio Conceicao (Ansa)

Il Foglio sportivo - IL RITRATTO DI BONANZA

Il coraggio e la sfortuna

Alessandro Bonan

Per avere temerarietà bisogna avere paura ma, nel calcio, per vincere una partita non sempre questa basta, bisogna anche fronteggiare la malasorte. In questi giorni si è visto tanto timore e poca audacia. Il Milan continua a perdere e si pone come un mostro impaurito ai confini della realtà

Bisogna possedere tanta paura per avere coraggio. E non sembri un gioco di parole, il paradosso di un uomo con la penna in mano e la voglia di stupire. La paura ti porta dentro mondi sconosciuti, caverne buie, foreste piene di alberi da cui filtrano soltanto sottili lame di luce, e dove si possono incontrare tribù selvagge e quindi nemiche, e imbatterci in animali orribili, striscianti serpenti velenosi. La paura è un sentimento umano da cui ti puoi salvare soltanto con il coraggio della tua inevitabile debolezza e imprecisione di uomo. 


Un famoso alpinista, Simone Moro, medaglia al valore per aver salvato vite umane in condizioni drammatiche, scalatore di vette impossibili, un giorno mi disse: “Senza la paura, sarei già morto chissà quante volte”. In questi giorni di calcio, ho visto in giro tanta paura ma poco coraggio. Il Milan, continua a perdere e si pone come un mostro impaurito ai confini della realtà. Chiacchiere ostili, partite giocate male, sconfitte senza una faccia, se non quella di un allenatore in balia della situazione e di se stesso, ora che abbiamo scoperto di lui un altro lato, il fantomatico portavoce, una specie di grillo parlante, in grado di smontare l’esigua diplomazia dell’allenatore portoghese a colpi di parole sparate a raffica contro tutti, ambiente, società e squadra.


Le italiane in Europa hanno vinto le partite più facili con la superiorità dei migliori, è successo a Inter e Lazio, e conquistato la più difficile con il coraggio degli impauriti, appunto. È successo alla Roma, sotto di un gol, spaventata da avversari forti, ma poi stupenda a tratti, di quella bellezza che luccica negli occhi del suo imperatore Claudio, ormai vicino alla perfezione come uomo e come allenatore. Coraggioso, nella sua parabola esistenziale ascendente. Non è successo alla Fiorentina, che gioca un calcio incerto, ormai sospeso tra il nulla e il tutto. “Ci siamo addormentati”, ha detto Palladino, del secondo tempo viola. È il sonno di chi ha paura, ma non trova il coraggio di ammetterlo? C’è da dire che non sempre nella vita avere paura con coraggio è sufficiente per ottenere un successo. Seguendo ParisSaint-Germain-Liverpool, mi sono accorto, dai primi piani di Luis Enrique, l’allenatore dei francesi, che lui non aveva nessuna paura, perché la sua squadra stava giocando con coraggio, con forza e con talento. Ma è bastato un attimo, quel pugno di secondi in cui si spostano le nuvole, per infliggergli una sconfitta del tutto immeritata. Perché nel calcio, per vincere una partita, non sempre basta la paura, bisogna possedere anche l’impossibile coraggio di fronteggiare la sfortuna.

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