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formula 1

Suzuka, l'arte della noia e la strategia dei “papaya”

Fabio Tavelli

In un Gran Premio senza bagarre e con Verstappen in versione metronomo, McLaren sceglie la via della strategia lunga: accontentarsi oggi per dominare domani. Ma attenti a Max, che anche con meno macchina resta un bug letale nel sistema

C’è chi guarda a quella che gli anglofoni chiamano: “the fucking big picture” e chi invece guarda al: "qui e ora". A Suzuka si sono confrontate due diverse filosofie in un Gran Premio che ha vinto per distacco il titolo di più noioso dell’ultimo quinquennio. Il perché, della noia, è semplice. Abbiamo aspettato per giri e giri un attacco, un tentativo di ribaltare le gerarchie che si erano generate dopo le qualifiche. Si è pensato, ok la bagarre ci sarà dopo il cambio delle gomme. E invece anche dopo lo smarcamento della seconda mescola tutto è rimasto uguale. Verstappen ha preso la pole al sabato con un giro perfetto e alla domenica ne ha inanellati altri 53 al limite della perfezione. Dietro, invece, era un fiorire di porsi domande e provare a disegnare una tattica che poteva anche prevedere che Piastri, quello che sembrava averne di più, potesse meritare di passare Norris, che rimaneva in scia a Verstappen ma non riusciva mai a impensierirlo. E così facendo i giri da percorrere diventano sempre di meno e l’olandese quattro volte campione faceva da lepre senza mai avere il sincero timore che il cacciatore alle spalle provasse a scaricare la sua doppietta. Il tema vero è dunque questo.

Alla Red Bull interessa solo Verstappen e il titolo piloti. Alla Mc Laren interessa il titolo costruttori. Così finì nel 2024, tutti felici e contenti. Ora però le condizioni sono decisamente diverse, la Mc Laren ha una vettura largamente migliore della Red Bull. E il team guidato da Andrea Stella e Zak Brown ha dimostrato a Suzuka di ragionare su un orizzonte temporale di 24 gare, 3 disputate e 21 ancora da percorrere. E con questa filosofia il secondo e terzo posto portato a casa in Giappone è un bottino soddisfacente per loro. Non è il massimo possibile ma è comunque soddisfacente. Il ragionamento in casa Mc Laren potrebbe essere tradotto in questo modo: noi abbiamo la macchina migliore e due piloti forti; Max vinca pure qualche GP, noi tanto quando arriveranno piste dove si può sorpassare (tipo Bahrain domenica prossima) ce lo papperemo con il DRS. E dal loro punto di vista i “papaya” forse non sbagliano. Guardano, appunto, alla fottuta immagine grande. Il mondiale costruttori è praticamente già loro, quello piloti possono solo regalarlo. Attenzione però a non sottovalutare Max Verstappen. In gare “aperte” come quella di Suzuka, dove il manico del pilota è ancora una componente sostanziale, l’olandese riesce non solo ad andare oltre il valore (limitato) della sua Red Bull. Ma continua anche ad avere un ascendente decisamente pesante, specie su Lando Norris. Che ogni volta che si trova a duellare con Max si fa piccolo-piccolo e non riesce a capitalizzare il vantaggio che la sua Mc Laren gli dà. Forse dei due Mc Laren è Piastri quello meno intimidito da Verstappen. Ma anche lì siamo a livello di terapia da un buon analista. Non a caso Verstappen, che dall’alto dei suoi quattro titoli mondiali può sostenere impunemente quel che vuole, ha detto senza mezzi termini che se sulla Mc Laren ci fosse stato lui gli altri lo avrebbero visto con il cannocchiale. Dichiarazione di certo un po’ impegnativa ma probabilmente vera. La verità è che questa cosa la sanno anche i “papaya”. Che domenica prossima hanno una chiara chance di fare uno-due su un circuito con più punti di sorpasso e una vettura che nei test invernali su quell’asfalto ha dimostrato di volare. Ma, appunto, dovranno farlo. Senza tentennamenti e senza concedere alcunché a Verstappen a partire dalla qualifica del sabato. In Bahrain dovranno essere loro a comporre il: “qui ed ora”. Non lo facessero è sicuro che Verstappen si infilerà come un bug nel loro sistema operativo. Con rischi, per la Mc Laren, potenzialmente incalcolabili. 

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