
Foto di Fabio Bozzani
Il racconto
Il Foglio a San Siro. Passaggi di consegne reali e simboliche per lo sport italiano di domani
La giornata di incontri e interviste organizzata dal nostro giornale intercetta cambi della guardia cruciali: Olimpiadi, Meazza, Malagò, Pancalli. Un’altra epoca che inizia, un altro passaggio al futuro
La data è il 10 aprile e il cielo di primavera è azzurro e glorioso sopra San Siro. Ma la data di cui tutti parlano, con fiducia o con un pizzico di scaramanzia, e che tutti sognano sotto un cielo altrettanto azzurro e glorioso, è quella del 6 febbraio 2026. Sarà quella la gran festa dello sport italiano, la cerimonia inaugurale dei Giochi olimpici invernali di Milano-Cortina 2026. E sarà forse, in tanti si augurano di sì, anche la festa d’addio, la cerimonia finale della gloriosa carriera dello Stadio Meazza: secondo il masterplan di Beppe Sala e che le società di Inter e Milan stanno approntando, dopo le Olimpiadi dovrebbero iniziare i lavori del nuovo impianto, pronto a debuttare nel 2031. Stadio Meazza di Milano, l’evento ormai tradizionale (“me lo metto in agenda per tempo”, dice il presidente del Coni, Giovanni Malagò) è il Foglio a San Siro. E poiché sempre ci piace guardare avanti, questa edizione si è concentrata, per scelta e serendipity, su una serie di passaggi di epoche, di consegne reali o simboliche, destinate a portare lo sport italiano verso il futuro.
A partire dal padrone di casa, lo stadio Meazza. Nei progetti, l’inaugurazione olimpica dovrebbe rappresentare il suo ultimo trionfo per poi passare la mano a un impianto migliore e adatto ai tempi (“non è lo stadio più bello del mondo, nessuno ce lo invidia”, dice Paolo Scaroni). Ma che l’operazione riesca a decollare davvero “è a un po’ più del 50 per cento” (sempre il presidente del Milan). Nel frattempo la palla passerà nelle mani di Marco Balich, il mago delle cerimonie olimpiche incaricato anche dell’apertura di Milano-Cortina. E che sul palco del Foglio parla di possibilità inedite e di inedite difficoltà che proprio il “vecchio” Meazza porta con sé: “Innanzitutto per la prima volta sarà una cerimonia doppia, con due sedi, due luoghi, doppie simbologie”. E poi non è facile lavorare in un luogo dalla logistica ovviamente costretta: “Basta pensare che è un evento da due miliardi di spettatori, che avrà 7.000 comparse-volontari: pensa solo a predisporre le scarpe…”. La logistica e soprattutto il tempo: “Per Rio avevamo avuto a disposizione il Maracanã per due mesi, qui avremo i 12 giorni prima senza partite”. Il grande addio del Meazza è insomma tutto da creare. E fosse l’unica difficoltà: “Dal 24 giugno 2019, giorno dell’assegnazione, sono cambiati diversi governi, i loro delegati allo sport e relativi staff di riferimento. Anche per quanto riguarda la Fondazione siamo partiti con una governance, un cda e un amministratore delegato, tutti poi cambiati”, spiega Malagò: “Stiamo nei tempi, ma a Pechino erano più avanti”. Diciamo.
Quello del presidente del Coni è un altro annunciato cambio della guardia, e per l’uomo che aveva praticamente vinto le Olimpiadi di Roma da solo, non fosse stato fermato dalla scemenza di certa politica, e che nel suo “regno” ha visto un bilancio di risultati italiani eccellente (“non sono io a doverlo dire”) si tratta davvero di un cambio d’epoca. Nel paese che non concede il terzo mandato nemmeno a De Luca, anche una piccola proroga diventa una montagna insuperabile. Il mandato di Giovanni Malagò scade il 26 giugno prossimo, logica e non solo cortesia vorrebbero che ci fosse lui, da presidente, a vedere accendersi la fiaccola olimpica a Milano. Ieri al Foglio Malagò non ha voluto aggiungere nulla, ma il momento dell’addio è scritto nelle cose. O nella politica. Un altro cambio della guardia, concreto ma ad alto tasso simbolico, è avvenuto pochi minuti dopo sul palco guidato da Umberto Zapelloni, responsabile del Foglio Sportivo in edicola il sabato.
Luca Pancalli, presidente del Comitato italiano paralimpico, in carica dal 2005, ha pure lui terminato i suoi mandati, e ha parlato chiaro: “La mia idea sui mandati è chiara, qualsiasi governance scelta democraticamente non dovrebbe avere limiti. Ritengo però che la mia azione nel movimento paralimpico sia esaurita, non esistono uomini per tutte le stagioni e non credo nella personalizzazione eccessiva”. La sua candidatura a succedere a Malagò è nota, anche lui viene da una stagione in cui lo sport paralimpico italiano ha fatto passi da gigante, in risultati e considerazione sociale. Il suo arrivo al vertice del Comitato olimpico sarebbe un segnale culturale notevole, un’altra epoca che inizia, un altro passaggio al futuro.

Il Foglio sportivo
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Il Foglio a San Siro