Foto di Fabio Bozzani

Il Foglio sportivo

L'eleganza di Kogasso fuori e dentro il ring

Fausto Narducci

Quella del campione italiano dei massimi leggeri è una storia esemplare di integrazione. Dal diploma di perito meccanico al calcio, fino alla biblioteca universitaria. Il racconto dalla festa del Foglio a San Siro

Jonathan “Johnny” Kogasso, campione italiano dei massimi leggeri, ha portato sul palco di San Siro, alla festa del Foglio, l’immagine positiva del pugilato, quella che sul ring a volte rimane sepolta sotto il tappeto degli stereotipi e dei pregiudizi. Lui che ha saputo difendere il titolo lo scorso 15 marzo all’Allianz Cloud di Milano, finalmente gremito di pubblico, con uno spettacolare ko al secondo round su Morike Oulare, quando scende dal quadrato mostra un’eleganza verbale e una gentilezza d’animo che non ti aspetti in un gigante di 1,91. La sua è in effetti una storia esemplare di integrazione, partita dal natio Congo e approdata a Voghera da cui ogni giorno Johnny fa la spola con Pavia dove lavora alla biblioteca universitaria. Sì, proprio nella consegna dei libri che tanto ama. “I ragazzi non si aspettano che dietro al bancone ci sia un pugile della mia stazza e questa è una garanzia per la riconsegna. Mai mancata una restituzione”, scherza con la sua erre arrotondata.

Anche se il suo destino sul ring era segnato dal fatto che il padre (militare) e il fratello (che vive in Angola) sono ex pugili, Johnny ha fatto un giro lungo applicandosi prima nello studio fino al diploma di perito meccanico e nel calcio dove era una promessa del Voghera giovanile come centravanti, prima che l’ex campione italiano dei supergallo Vincenzo Gigliotti lo scoprisse quasi per strada. Ma che volete che facesse uno che da ragazzo si era nutrito dei racconti del padre che aveva assistito in diretta allo stadio al mitico “Rumble in the Jungle” di Kinshasa nel 1974. “Una leggenda che si tramanda attraverso le generazioni. C’erano più spettatori fuori dallo stadio che dentro a gridare ‘Ali bomaye’ mentre l’idolo dell’Africa fermava Foreman e anche la pioggia. Per questo Ali resta il mio idolo e avevo il suo poster in camera quando a 8 anni mi trasferii a Voghera presso i miei zii. E subito dopo Ali, nel mio immaginario c’è Kobe Bryant al quale ho rubato il mio soprannome “Mamba”.

Ma Kogasso si è portato dall’ex Zaire anche una profonda fede cattolica che fa ancora parte della sua vita quotidiana: “Lì ci sono il 90 per cento dei cattolici e le messe sono una festa non come in Italia”, spiega. Johnny si sente profondamente congolese anche se alla soglia dei trent’anni è sicuro che stia per giungere finalmente l’atteso momento della cittadinanza italiana che gli permetterebbe di combattere per il titolo europeo che è il suo prossimo obiettivo. Non prima di altre tappe di crescita: il 5 luglio al Centro Pavesi di Milano, il 14 settembre a Voghera e il 13 dicembre ancora a Milano. Sotto la guida del maestro Vincenzo Gigliotti, Kogasso sta diventando il perno centrale del progetto Taf (The art of fighting) di Edoardo Germani che ha rilanciato il pugilato in Lombardia, anche se non è facile trovargli avversari adeguati. Uno dei primi del 2026 potrebbe essere l’ex campione italiano Fabio Turchi, in cerca di rilancio, contro cui darebbe vita al match più atteso dagli appassionati. Ci sarà da divertirsi.
 

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