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Il Foglio sportivo

Sarà Malagò a far eleggere il successore di Malagò

Umberto Zapelloni

Scatta la corsa al Coni. L’influenza dell’ex presidente e dei grandi saggi. I giochi di potere a Palazzo H

Giovanni Malagò hanno provato a salvarlo tutti, tranne quelli che avrebbero potuto fare davvero qualcosa per allungare la sua permanenza sulla poltronissima del Coni. Lo rivolevano gli atleti, molti presidenti di federazione (Barelli e Binaghi esclusi, ovviamente), la maggior parte dei grandi sponsor olimpici, addirittura il presidente Mattarella. Chi poteva cambiare le regole, invece si è voltato dall’altra parte senza neppure concedergli “l’onore delle armi” come ha sottolineato lui stesso tra gli applausi del Consiglio nazionale. Alla fine ha dovuto arrendersi: “I risultati sportivi sono stati straordinari, i conti sono a posto, il prestigio internazionale è altissimo ora prendo atto, anche se oggettivamente è ingiusto, che non è possibile avere un mandato in più per completare un percorso. La risposta è stata: ‘C’è una legge’. Mi inchino alle leggi, ma deve valere sempre”. Le leggi vanno sempre rispettate, ma quando sono ingiuste andrebbero cambiate, corrette. Come è stato fatto per i presidenti di federazione ai quali è stato concesso il quarto mandato, pur con dei paletti nella percentuale dei voti da raggiungere.

 

                  

 

Una modifica a cui ha lavorato lo stesso Malagò, sperando che lo stesso metro venisse poi usato per lui. Invece gli hanno risposto che il Coni è un ente pubblico e non si poteva applicare lo stesso principio. Questo nonostante il Coni oggi valga economicamente molto meno di una volta (è passato da un budget di 450 milioni a uno di 45 più 13 per la preparazione olimpica) e in un certo senso conti meno di certe federazioni ricchissime dove con il due terzi dei voti ormai si può regnare in eterno. Malagò si è battuto, ha percorso ogni strada possibile, ha arricchito il medagliere olimpico come mai prima (142 medaglie), avrebbe portato i Giochi a Roma prima che la politica lo sgambettasse, ci ha riprovato con Milano-Cortina e ha fatto centro, ma alla fine gli hanno indicato ugualmente la porta. Prego si accomodi. I grandi vecchi dello sport lo hanno applaudito, loro sì, gli hanno reso gli onori che meritava. Carraro, Pescante, Petrucci: tutti lo hanno salutato con affetto e riconoscenza per quello che ha fatto in questi 12 anni. E intanto hanno cominciato a lavorare per tessere il futuro, esattamente come ha cominciato a fare lui cercando di eleggere qualcuno di suo gradimento: “Una figura che ricompatti il movimento”.

In pratica qualcuno che possa garantire una transizione morbida e non una rivoluzione. Non esattamente la stessa idea del ministro Abodi che al Giornale ha tracciato il suo identikit: “Ci sono 83 grandi elettori, saranno loro a decidere. A me interessa che chi verrà eletto sappia segnare una certa discontinuità rispetto al passato, promuova e interpreti armonia e collaborazione, a tutti i livelli, sviluppi progettualità e partecipi alla catena del valore dello sport”. In realtà il dopo Malagò è in mano a Malagò anche se fino all’ultimo ha sottovalutato l’importanza di avere un piano B, perché ha sempre pensato di poter ottenere una proroga. Atleti, tecnici, molti presidenti federali seguiranno il suo indirizzo. “Malagò ha con gli atleti e gli allenatori un rapporto che nessuno ha mai avuto prima, neppure Onesti, Carraro o Petrucci. Ha una passione straordinaria. Alla cena con un capo di stato o un premio Nobel preferisce quella con un atleta, anche senza l’apostrofo”, dicono nei corridoi di Palazzo H. 

Il Coni day è in calendario il 26 giugno, ma i giochi sono già cominciati. I requisiti per poter essere eletti sono decisamente chiari: bisogna esser stati presidente (o vice) di una federazione sportiva o di una disciplina associata, essere stato membro della giunta nazionale o di una struttura territoriale del Coni, essere stato atleta azzurro; essere un dirigente premiato con il Collare o lo Stella d’Oro al merito sportivo del Coni, requisito che renderebbe eleggibile anche il ministro Abodi (eventualità esclusa dalla Legge Frattini del 2004). Per ora i candidati sono quattro: Luca Pancalli, da 25 anni padre padrone del comitato paralimpico che lascerà in ogni caso, Luciano Buonfiglio (da 20 anni al vertice della canoa), Ettore Thermes (vela) e soprattutto Diana Bianchedi, due volte campionessa olimpica di scherma, medico, mamma e vicepresidente del Coni fin dai tempi di Gianni Petrucci e attualmente chief strategy planning & Legacy officer della Fondazione Milano Cortina 2026. È scesa in campo con un’intervista alla Gazzetta dello Sport  (“Studio da tanto, ora sono pronta a guidare il Coni”) cercando di mettere il suo impeccabile curriculum a favore di quel vento che ha già portato una donna alla presidenza del Cio.

Per ora solo Thermes ha depositato ufficialmente la candidatura, ma si tratta solo di formalità e c’è tempo fino alle 14 del 5 giugno. D’altra parte non è ancora chiaro neppure chi sarà chiamato a votare, perché ci sono ancora una trentina di votanti da identificare. Gli aventi diritto al voto sono 83, ma tolti i 50 presidenti di federazione (escluse quelle commissariate come Aci, Tiro a Segno e l’Aeroclub il cui presidente non verrà ratificato in tempo) e i tre membri Cio con potere elettivo (Giovanni Malagò, Federica Pellegrini e Ivo Ferriani) restano 30 grandi elettori da identificare: 10 sono i rappresentanti degli atleti; 5 i delegati dei tecnici; 5 i rappresentanti degli enti di promozione sportiva; 3 i rappresentanti delle discipline sportive associate; 3 i rappresentanti del Coni regionale (uno per ogni area Nord, Centro e Sud); 3 i rappresentanti del Coni Provinciale (uno per ogni area Nord, Centro e Sud); 1 il rappresentante delle società benemerite. Per essere eletti al primo turno servono 42 voti, al momento nessuno dei candidati pare averli. Nella storia del Coni non si è mai andati oltre la prima votazione. Si è sempre scelto subito, anche il 19 febbraio 2013 quando si entrò alle urne con Raffaele Pagnozzi presidente e se ne uscì con i 40 voti che proclamarono Malagò. Non siamo a livelli di un conclave, ma quasi. 

Su quello che c'è attorno (e dietro) all’elezione di un presidente del Coni potrebbero pure girare una fiction, anche se chi tutto sa, difficilmente svelerà le trame segrete. Se Malagò avesse cominciato ad appoggiare Diana Bianchedi qualche tempo fa, un po’ come ha fatto Bach che tre anni prima dell’elezione ha iniziato a promuovere Kirsty Coventry, oggi lei avrebbe la strada spianata grazie a un curriculum perfetto in grado di sopperire a quella mancanza di leadership che qualcuno le imputa. Così, invece la vie en rose si trova ad affrontare parecchie curve dove si affacciano anche i fantasmi dei grandi vecchi. E sì, perché in caso di chiamata alle armi, Franco Carraro (85 anni) e Gianni Petrucci (79) non si tirerebbero indietro.  Sarebbe come ripartire dal passato per viaggiare nel futuro. Tutto sembra dipendere ancora da Malagò, con buona pace di Abodi, Barelli e Binaghi, i suoi nemici giurati. 

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