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Il Foglio sportivo

La dittatura di Conegliano del volley femminile

Eleonora Cozzari

Dietro al settimo tricolore di fila e ventotto trofei in tredici stagioni, c’è la mentalità vincente che parte dalla proprietà

Prima i numeri. È campione d’Italia per l’ottava volta, la settima consecutiva. Ha vinto ventotto trofei in tredici stagioni e lo scudetto alzato martedì sera è il quarto titolo stagionale dopo Supercoppa, Mondiale per club e Coppa Italia. Mai come oggi la pallavolo femminile italiana è diventata simbolo di eccellenza. E se l’11 agosto del 2024 la Nazionale ha vinto il primo oro olimpico del volley, il 22 aprile del 2025 passerà alla storia per il record raggiunto dall’Imoco Conegliano. Come si può paragonare un tricolore ai Giochi olimpici, dite? Intanto perché bastava aver anche distrattamente acceso la tv in questa serie (brevissima) di finali (Conegliano ha battuto la rivale Milano in tre partite, lasciando solo 1 set alle avversarie: 3-1, 3-0, 3-0) per essersi accorti che delle sette titolari azzurre in campo ai Giochi di Parigi, sei si stavano contendendo lo scudetto.

La settima, Caterina Bosetti, nello stesso momento (ma esistono le coincidenze?) stava trionfando nel campionato turco con il Vakifbank. Sarebbe sufficiente l’aritmetica per capirci. Poi, non secondario e appunto meritevole di attenzione è che Milano, la grande sconfitta di queste finali, schierava ben quattro giocatrici della Nazionale. E stiamo parlando di Miriam Sylla, Alessia Orro, Anna Danesi e Paola Egonu. Delle fuoriclasse. Di fronte a loro le olimpioniche di Conegliano, Monica De Gennaro e Sarah Fahr. Hanno avuto la meglio le due. Quello che fa della vittoria dell’Imoco un traguardo eccezionale si intreccia anche con la storia della pallavolo italiana perché eguaglia i tricolori conquistati dalla Foppapedretti Bergamo, che ne ha alzati altrettanti ma nell’arco di sedici stagioni (il record è di Ravenna con 11, ma era letteralmente un altro mondo). Conegliano l’ha fatto in dieci e considerate che un titolo non è stato assegnato per il Covid. Avrebbe vinto anche quello.

A fare di questa squadra un virtuosismo è che da sempre si susseguono giocatrici eccezionali e la perdita di quelle prima è il modo per far arrivare quelle dopo. Solo una costante in tutte le ventotto vittorie: Monica De Gennaro, che il giorno dello scudetto ha festeggiato anche le 500 presenze con la maglia veneta (no le coincidenze non esistono, però esiste il suo immenso talento). “Conegliano per me è casa e il bello di questa squadra è che non si accontenta mai”, dice dopo l’ennesima finale. Monica, che da anni è il libero più forte del mondo, è anche la moglie di Daniele Santarelli, il miglior allenatore di pallavolo in circolazione (Velasco, inutile dirlo, è fuori gara). Sempre in panchina in tutte le vittorie, la sua ambizione e mania di perfezione spinge le atlete – da cui è stimatissimo – a dare il massimo. Lui che dopo aver ipotecato il tricolore in gara 2 davanti ai 12mila del Forum di Assago, scherzava: “Potrei essere più giovane se non mi arrabbiassi così tanto”. Santarelli, anni 43 che ha vinto 51 delle 52 partite di questa intera stagione.

Dovete ammettere che possiede dell’umorismo. Accanto alla sontuosa Joanna Wolosz – la palleggiatrice polacca degli ultimi sette scudetti: “Abbiamo combinato qualcosa di incredibile. La sconfitta in Gara 2 di semifinale contro Novara ci ha fatto bene” – ci sono Isabelle Haak, l’opposto svedese dal viso dolcissimo e la mano pesante (che tre anni fa ha sostituito Paola Egonu) e la novità di questa stagione: Gabriela Guimarães per tutti Gabi. “È bellissimo far parte di questa squadra”, dice lei che ha vinto sei campionati brasiliani e due turchi prima di arrivare in Italia. Più ori, argenti e bronzi con la nazionale verdeoro. È l’Mvp di questa serie di finale, meritato con ricezioni precise e attacchi sempre diversi e incisivi. E poi la centrale azzurra Sarah Fahr, campionessa d’Italia per la quinta volta ad appena 23 anni e la sua compagna di reparto Cristina Chirichella, arrivata a Conegliano a 31 e a detta di molti, per sparare gli ultimi colpi. Invece la cura Imoco ha rigenerato l’ex capitana azzurra che è diventata titolare inamovibile: “È una delle stagioni più belle della mia carriera”. A loro si aggiunge la schiacciatrice cinese Zhu, un’istituzione in posto quattro e anche lei arrivata quest’anno. Cambiare, per rimanere vincenti.

Della squadra abbiamo detto, dell’allenatore pure. Mancano le fondamenta. La dirigenza. Le famiglie che stanno dietro a questa eccellenza vengono tutte dal territorio veneto e sono legate alla filiera del Prosecco. Piero Garbellotto e Pietro Maschio, pantalone sartoriale, camicia bianca e bretelle per l’uno. Jeans, maglione e scarpe sportive l’altro, sono i due (anche loro decisamente giovani per il ruolo) presidenti. L’azienda del primo produce botti, tini e barriques dal 1775, quella del secondo è una distilleria che porta il suo nome, dal 1880. Affiancata poi dall’Imoco, azienda grafica che dall’anno di fondazione, nel 2012, ha dato il nome alla squadra.

Questo profondo radicamento nel territorio, insieme ai trecento sponsor che la sostengono, ha permesso alla squadra di avere un grande seguito. Conegliano è infatti una delle società italiane con più tifosi al palazzetto. E giocando al Palaverde di Villorba, vicino a Treviso e storica casa del basket e del volley maschile anni Novanta-Duemila, si è nutrita ammirando i trofei delle due squadre appesi sul soffitto.

Oggi quelli dell’Imoco sono altrettanti. E se proprio Santarelli recentemente ci aveva detto: “Vogliamo fare di più di quelli che hanno raggiunto il massimo”, frase che la dice lunga sulla sua mentalità, i trentuno trofei della Sisley sono abbondantemente alla sua portata. Ne mancano tre. E il primo, la Champions League che vedrà ancora Conegliano sfidare Milano per giocarsi la finalissima, il 4 maggio ad Istanbul, è vicinissimo. Riusciranno stavolta Egonu e Sylla, Orro e Danesi, a battere un concentrato di talento e sicurezza? Vincere aiuta a vincere. Qualcuno l’ha detto, Conegliano l’ha messo in pratica.

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