
(Ansa)
Il Foglio sportivo - IL RITRATTO DI BONANZA
Il difficile compito di Simone Inzaghi
L'altalena emotiva e sportiva vissuta dall’Inter dell'allenatore ed ex calciatore nero-blu. Solo invitando ad accettare l’incertezza del calcio con leggerezza e fiducia si può ripartire, trasformando anche le sconfitte in passaggi necessari verso qualcosa di più grande
Dobbiamo abituarci alla vaghezza, come se parlassimo di poesia, dove l’incertezza regna in ogni verso. Si gioca tanto, alcune squadre sempre, vedi l’Inter, ma anche la Fiorentina, quelle rimaste in Coppa, ma pure le altre, compresse dentro i fatti della vita, come può essere anche la morte di un Papa. E quindi ci sono risultati sbagliati ed altri giusti, partite belle ed altre brutte, incontri vinti in scioltezza e altri perduti duramente. Inzaghi, dopo il successo sul Bayern Monaco e prima della sconfitta di Bologna, era dipinto come un genio della gestione. La sua squadra volava, giocando un calcio di classe, memoria e fatica. Oggi, dopo soli dieci giorni, alla vigilia di una partita difficilissima come quella contro la Roma e in vista della settimana che lo condurrà a Barcellona, qualcuno lo dipinge già come un predestinato al tracollo. Invece credo che sia normale, un alto e basso dovuto alle fatiche del momento, anche mentali, unite all’unico difetto di fabbricazione: la mancanza di alternative più credibili in attacco. Il calcio, e forse mi ripeto, è uno sport di squadra dove il collettivo si esalta quando la mente di un giocatore si connette a quella di un compagno, in una sorta di trasmissione euforica che sfocia nell’esaltazione e si traduce, di solito, nella grande impresa. Con un rovescio inevitabile, perché se il pensiero è bello, la squadra gioca bene, ma se è brutto, si deprime.
L’Inter del derby stava dominando la partita quando si è distratta, subendo il primo gol di Jovic, uno choc da cui non si è più ripresa. Inzaghi a un certo punto ha messo dentro tutti i titolari che aveva in panchina, ed è sembrato il classico gesto della disperazione. Però a guardarlo bene in faccia, non sembrava disperato, piuttosto concentrato in quello che avrebbe dovuto fare dopo il fischio finale. Ecco, dovessi scegliere un’immagine rassicurante dentro una notte per gli interisti da dimenticare, sceglierei proprio quella del loro allenatore e cancellerei invece i volti terrei dei calciatori in maglia nerazzurra. Il compito di Inzaghi è ridare certezze ad un gruppo che le ha perdute senza preavviso, ridisegnare sulle facce dei giocatori un sorriso. Per fare questo occorre accettare l’idea che per continuare a vincere si può anche perdere, coprendo la vergogna con veli di leggerezza, e sfidando il pericolo con sottile incoscienza. Sarebbe un peccato per l’Inter mollare la Champions ora sul più bello, anche se il Napoli, in campionato, non la fa respirare. Non si tratta di scegliere, ma di dimenticare, mettendo la sconfitta sullo stesso piano della vittoria, ripartendo da zero, dando un senso a ciò per cui, se ci pensiamo bene, siamo chiamati a vivere: provare a fare il meglio, lasciando che l’incertezza si riveli dolcemente come un qualsiasi verso dentro la poesia.