Idee e imprese di chi cerca di aiutare disabili e svantaggiati a lavorare e vivere meglio
L’app che permette ai sordi di telefonare. L’agenzia online per far trovare un lavoro soddisfacente ai disabili. Il tablet per i bambini autistici. Con la benedizione del Papa andiamo a raccontare chi sta provando a usare la tecnologia per rendere migliore la vita a chi è in svantaggio, facendo start up. Se evochiamo Francesco, è perché ha lanciato un acceleratore, Scholas Labs, per selezionare e sostenere a livello mondiale idee e progetti che permettano di studiare e divertirsi anche a chi ha disabilità di diversa natura. Di Tech4Social si è parlato a lungo anche durante il Global Entrepreneurship Congress, che per la prima volta si è tenuto in Italia e si chiude oggi a Milano. Insomma, non è solo questione di misericordia, sentimento che vale un anno santo, ma di business, seppure a vocazione sociale.
“Un sistema che funziona bene per chi è in stato di disagio fisico o psicologico è un sistema che funziona meglio per tutti”, è il mantra di Antonio Palmieri, deputato di Forza Italia che da oltre 10 anni si dedica all’accessibilità del web e alla valorizzazione della tecnologia solidale. E’ anche grazie a lui se ho avuto modo di conoscere e apprezzare Lorenzo Di Ciaccio, Daniele Regolo, Marco Iannacone. Chi sono? Tre imprenditori tra i 30 e i 40 anni che hanno creato la loro start up per rispondere alle domande di “clienti” di solito dimenticati. E a cui hanno cominciato a interessarsi per risolvere un problema personale o di qualcuno molto vicino. Quasi tutti.
Lorenzo Di Ciaccio fino a tre anni fa non conosceva alcun sordo. Guardando un servizio delle “Iene” scopre che non esiste un sistema per far telefonare chi ha problemi di udito. “Ho pensato di poter trovare una soluzione, visto che facevo il consulente informatico e avevo lavorato molto sull’audio e il web”. Nasce così Pedius, start up che prende il nome dal nobile romano Quintus Pedius, considerato il primo sordo della storia. Il suo prodotto è un software e un’app in grado di trasformare un testo scritto in una voce e viceversa, in tempo reale. Il sistema piace, si diffonde con il passaparola nella comunità dei sordi. Adesso è utilizzato dal 187 e dal 119, i numeri per i clienti Telecom, e la società di corporate venture capital del gruppo (Tim Ventures) ha guidato una cordata di investitori che ha puntato su Pedius 410 mila euro per lo sviluppo in Europa e negli Stati Uniti. “Ma il nostro primo obiettivo resta la mail ricevuta un paio di anni fa, durante la sperimentazione, da una donna incinta che si è sentita male e grazie a Pedius ha potuto chiedere soccorso”, ricorda Ciaccio.
Il lato tenero dell’impresa sociale
E’ il lato tenero dell’impresa sociale, che lavora su un principio: trasformare un limite in un’opportunità. Lo conosce bene Daniele Regolo, che ha problemi di udito e una laurea in Scienze politiche. Trova lavoro senza difficoltà ma non è mai quello giusto. E dopo 15 anni di pazienza lascia un “posto pubblico” per dare le risposte che lui non è riuscito a trovare. La sua start up si chiama Jobmetoo ed è un’agenzia per il lavoro online, riconosciuta dal Ministero, che fa incontrare persone disabili e aziende, cercando di lasciare soddisfatti entrambi. “Chi cerca lavoro teme che le aziende siano ‘insensibili’, mentre le aziende hanno paura di prendere persone che portano problemi, non valore. Noi vogliamo capovolgere entrambe queste visioni”.
Daniele è sulla buona strada. Ha ottenuto un finanziamento da mezzo milione da Capital360 Partners, ha formato un team di qualità e ha già conquistato clienti come Moncler o Reply. Dietro ci sono tutte le aziende che devono rispettare gli obblighi di legge nei confronti dei disabili.
Accessibilità è l’altra parola chiave per chi fa start up a vocazione sociale, categoria da gennaio riconosciuta e agevolata per legge. Mettere i due figli autistici alla pari con i coetanei è stata la motivazione forte che ha mosso Marco Iannacone, ingegnere e manager, che ha creato un tablet dedicato ai bambini con gravi problemi dell’apprendimento. Si chiama EdiTouch e la start up Digitally Different. La serenità con cui Iannacone parla della sua situazione familiare e l’entusiasmo che mette nel suo progetto sono contagiosi. “EdiTouch non è un giocattolo, ma è l’adattamento di un device esistente per bambini con neurodiversità. Non costa più di un qualsiasi tablet e si sta rivelando efficace”. Lo dice la sperimentazione di due anni fatta su 230 bambini dislessici di otto scuole elementari romane. Iannacone alla tecnologia buona crede davvero. E vorrebbe che la conoscessero sempre più bambini.
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