Dallo psicologo su Skype e chat. Idee geniali (e qualche dubbio) per un mercato in crescita

Davide Morcelli

    Ansia, depressione, panico. Le persone hanno sempre cercato aiuto e soluzioni. Oggi si fa su internet. Chi parla fluentemente inglese da qualche mese può trovare un nuovo servizio online. Uno psicologo che ti segue individualmente reperibile 24 ore al giorno 7 giorni su 7. Tutto rigorosamente a distanza. A pagamento si intende. 25 dollari alla settimana. Prezzi da discount. In cambio di cosa? Talkspace.com, questo il nome della start up, funziona così: il primo passo è formulare la richiesta di aiuto sul sito. Gli operatori la analizzano e provvedono a metterti in contatto con lo psicologo ritenuto più idoneo al tuo problema. Poi mezz’ora di chiamata via Skype per inquadrare il problema. Da quel momento in avanti niente sedute programmate e vis-à-vis. Un dialogo costante tramite chat su smartphone. Ma anche a voce o in video. Un’americanata. Tecnicamente lo è, visto che la start up ha sede a New York.

     

    Dalle stampanti 3D fino ai droni che consegnano a casa siamo abituati a sentir parlare di start up un po’ in ogni ambito. Molto meno in quello della salute mentale. Talkspace.com si inserisce in questo ambito. Un mercato, a essere precisi: un bacino di pazienti, che diventano utenti, molto grande. Si stima che soltanto in America nel 2011 circa 46 milioni di persone abbiano avuto bisogno di aiuto psicologico. Soltanto il 39 per cento di loro tuttavia ha effettivamente iniziato un percorso di aiuto. Molte le barriere. Stigma, innanzitutto, poi ci sono i tempi e i costi elevati. “Per combattere lo stigma offriamo la comunicazione a distanza e l’anonimato”, afferma Peter Shalek il ceo di Joyable.com, una start up simile a Talkspace.com che offre percorsi personalizzati a distanza basati sui princìpi della terapia cognitivo-comportamentale. Si può seguirli ovunque, in qualsiasi momento. Per soli 99 dollari al mese. In entrambi i casi, i punti di forza su cui puntano sono gli stessi: comodità del servizio, nessuna attesa, assenza di spostamenti, costi ridottissimi. Secondo i fondatori “un profit al limite del no profit”, perché la loro mission è facilitare l’accesso alle cure, abbattere i costi e raggiungere tutte le persone che abbiano bisogno di supporto psicologico. Solo una moda? Un esperimento sociale? Qualcuno ci crede davvero. Almeno gli investitori, e non è poco. Spark Capital ha investito quasi 10 milioni di dollari in Talkspace.com. Non un’elemosina. Promettono che i 20 dipendenti diventeranno presto molti di più. A Joyable invece possono già vantare un network di oltre 300 psicologi che lavorano part time o full time. Numeri importanti.

     

    Le perplessità sono molte, soprattutto agli occhi di un europeo. Quel che fa sorridere con aria bonaria è l’apparente ingenuità di queste iniziative, che con il solito vulcanico entusiasmo americano mostrano una spudorata convinzione. Assicurano che funziona perché si basa sulla terapia cognitivo-comportamentale. In effetti, se la concezione dell’essere umano è ortopedica, cioè una macchina con un manuale che si può riparare con istruzioni, allora funziona. Esistono molti altri orientamenti però. Agli antipodi si trova quello analitico, ma attenzione. Un’idea meno fredda di uomo che cerca, costruisce senso e quindi a volte può smarrirlo, è sì più nobile, ma si scontra con prassi forse anacronistiche. Talkspace e Joyable sono l’esito naturale del filone dei manuali di self-help. Lasciano molti dubbi le guide in 10 mosse. Ne sollevano altrettanti i tempi indefiniti (infiniti?) delle analisi. Materia complessa e delicata. Questi sono solo spunti. Un fatto però si impone. I manuali vendono milioni di copie e le visite a questi siti sono decine di migliaia al giorno. Una domanda c’è ed è grande. Il welfare è sempre più in difficoltà nel rispondervi. E allora? Essere connessi alla rete non basta. Può servire però a trovare qualcuno che aiuti a tracciare connessioni dentro di noi. E chissà, stare meglio.