Idee per scegliersi il cuoco, muoversi in città spendendo poco e non farsi schiacciare dal lavoro
Dall’avvento di Amazon, l’e-commerce è stato il settore con il maggior sviluppo e il suo modello di business è stato l’esempio per tutte le nuove start up desiderose di competere online. Ora l’evoluzione del mercato online ha un altro nome, sharing economy. Questa realtà sta emergendo sempre di più, sfruttando al massimo la crescita esponenziale dell’accesso a internet e all’uso dei social media da parte della popolazione mondiale.
Innumerevoli sono le imprese che nascono seguendo il modello della sharing economy con il rischio di finire a offrire lo stesso servizio, rendendo sempre più difficile potersi creare un nome e dei clienti fedeli.
Un esempio è il settore dell’home restaurant. Gnammo è una delle imprese italiane più conosciute ma non è l’unica, ce ne sono di diversi tipi e per diverse esigenze. A marzo di quest’anno, ad esempio, dall’InnovAction Lab nasce Foody (di Elena Bisio, Simone Carratta, Francesco Chiaramida, Chiara Ricci, Matteo Marani), che ha come target i turisti, italiani e stranieri, che vogliono avere un’esperienza della cucina tipica italiana fatta proprio in casa. Il servizio è semplice, la piattaforma permette al turista di scegliere il cuoco che preferisce. Ogni cuoco ha un profilo in cui può specificare il piatto che vuole preparare e la corrispondente tariffa. Per il servizio d’intermediazione, Foody prende solo una percentuale sul ricavo. Finora Foody si è autofinanziata ed è riuscita ad acquisire venti cuochi solo a Milano e altri a Roma e Bologna. Per sviluppare l’idea, a livello legale, assicurativo e finanziario si stima che sia necessario un ammontare di 130 mila euro di finanziamenti fino a dicembre 2016.
Altri servizi gettonati sono quelli relativi alla condivisione dell’automobile. Ma perché focalizzarsi solo su quella, quando ci sono altri mezzi per i quali non è stata ancora attuata la sharing economy? Nasce così alla fine del 2014, con un finanziamento di 130 mila euro, GoGobus in Italia, il primo in Europa per la condivisione dei bus. Alessandro Zucca, CEO di GoGobus, si è ispirato ai modelli di bus sharing già esistenti in Egitto e a Singapore, proponendo un servizio che permette agli utenti di condividere un viaggio di media o lunga percorrenza facendo risparmiare fino al 40 per cento del prezzo iniziale. Gli utenti, tramite il sito internet o via App, possono suggerire una destinazione oppure associarsi a una già esistente, quando si raggiunge il numero di trenta persone, il viaggio viene confermato. Alessandro e il suo team contano (ottimisticamente) su un mercato che potrebbe produrre 2 miliardi di fatturato, grazie a un bacino di 7 milioni di utenti in Italia. Bacino che rischia però di ridursi, dopo l’annuncio di ieri dello sbarco sul mercato italiano di Megabus, compagnia low cost scozzese che offre biglietti a 1 euro se prenotati con anticipo.
Connettere le imprese
Altre start up offrono servizi che permettono semplicemente la connessione di due negoziatori, ricoprendo la figura d’intermediario tra la domanda e l’offerta. E’ il caso di Net Works! ed Ex-Lab, due start up nate alla fine del 2014, che si trovano ancora nella fase iniziale di sviluppo, all’interno del progetto Ex Machina, sponsorizzato da Porsche. Net Works! fondata da Joseph Pothen, Alberto De Nart e Fabrizio Tommasini, offre un servizio che permette di connettere le imprese tra loro per sfruttare al meglio le capacità produttive delle stesse. Alcune imprese hanno risorse non utilizzate al pieno, mentre altre sono sovraccariche di lavoro. La connessione tra le due imprese porta benefici a entrambe, riducendo i costi fissi e ampliando le economie di scala e di scopo. Ex-Lab, invece, fondata da Gabriele Garofalo e Giovanni Fontana, offre un servizio che connette piccole e medie imprese a università, consorzi di ricerca ed enti nazionali per la risoluzione di problemi nella fase di ricerca e sviluppo.
Questo modello di business basato sulla condivisione nasce dalla necessità di creare nuove opportunità per risparmiare in maniera creativa e divertente. Può essere visto come il frutto della crisi e della volontà di reinventarsi e trovare nuove soluzioni. Secondo il report 2014 di Collaboriamo (impresa che offre servizi di consulenza a start up e aziende su come implementare il modello sharing economy), in Italia queste piattaforme sono ancora giovani e registrano un numero di utenti molto limatato. Il 44 per cento di loro ha dichiarato di avere 1.000 utenti attivi al mese e il 18 per cento meno di 5.000. I costi d’investimento iniziali di queste start up sono comunque consistenti, quindi le imprese competitive devono sviluppare sempre di più come armi vincenti per creare queste comunità il network e la cooperazione.
Il Foglio sportivo - in corpore sano