Il servizio che sostituisce le lamette da barba vale un miliardo (e fa tremare Gillette)

Michele Boroni

Sicuramente una delle parole chiave per raccontare gli anni Dieci dal punto di vista del business e delle imprese sarà “disruptive”, riferendosi a quei prodotti e servizi che, introducendo nuovi modelli di business, mettono a soqquadro aziende e mercati solidi e consolidati. Alcune delle realtà più rilevanti di questi anni – da Uber a Netflix a Spotify – hanno definitivamente cambiato le regole del segmento di appartenenza, raggiungendo nuovi segmenti di clientela.

 

Ciò che si sta verificando ora è che le grosse corporation si sono rese conto del fenomeno e hanno deciso di non sottovalutare le start up più rivoluzionarie ma, anzi, stare con le antenne ben dritte, intercettare quelle più disruptive e attirarle verso di loro.
E’ successo con Unilever, multinazionale di molti tra i marchi più diffusi nel campo dell’alimentazione, delle bevande, dei prodotti per l’igiene della persona e della casa (Dove, Algida, Knorr, Lipton) che ha recentemente annunciato l’acquisizione per un miliardo di dollari – record assoluto nel campo dell’ecommerce – di Dollar Shave Club, una start up di Los Angeles che si basa su un’idea semplice e geniale: Dollar Shave Club, come dice il nome, opera nel mondo della rasatura maschile ma, in generale, a prodotti consumabili che richiedono ricariche e ricambi con una frequenza piuttosto scadenzata.

 

La start up losangelina propone ai suoi clienti una sorta di abbonamento sulle ricariche dei rasoi da barba: DSC invia il rasoio gratuitamente ai clienti che diventano dei veri e propri membri di un club e, sulla base della periodicità individuata, spedisce direttamente a casa le lamette sostitutive. Così un prodotto commodity come il ricambio di un rasoio si trasforma in un servizio personalizzato. A oggi DSC ha circa 3,2 milioni di abbonati (tra Usa, Canada e Australia dove per il momento è presente) e l’azienda nel 2015 ha realizzato un fatturato di circa 150 milioni di dollari con una previsione di 200 milioni nel 2016. Unilever non si è limitata a comprare solo l’azienda, ma anche l’intero modello di business che, negli ultimi tempi, si è esteso anche alla cosmesi maschile. Dollar Shave Club ha creato così una community di maschi adulti legati dagli stessi bisogni, dall’efficienza del servizio e dall’amore per la grafica hipster che caratterizza DSC.

 

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Ma perché Unilever ha speso questo capitale per una start up del genere? Il mercato della rasatura ha un grande leader che si chiama Gillette, marchio di proprietà di Procter & Gamble che basa la sua leadership su una continua innovazione; quindi per batterla è necessario giocare su un campo differente, quello della “disruption”, cioè servendosi di un’attività o un progetto che abbia al coraggio di sovvertire le regole del gioco. E quindi Dollar Shave Club, una community dove si entra anche con un dollaro e attraverso un abbonamento (come Netflix o Spotify, ma con in più l’elemento fisico) era quello che faceva al caso loro. Gillette ha accusato così il colpo che, in fretta e furia, ha risposto con un progetto fotocopia chiamato Gillette ShaveClub, ma con assai meno appeal e credibilità. Quello che ci auguriamo è che, nell’inevitabile espansione in Europa e in Asia, Unilever con il suo gigantismo non snaturi lo spirito di questo straordinario progetto.

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