Anche i Coldplay lasciano il rock (dopo un album talmente prevedibile da essere bello)

Stefano Pistolini

Ma cos'è un'epidemia, una moda o più tristemente l'ultimo sotterfugio promozionale per lanciare l'imminente fatica discografica in un mercato sotto sforzo? La notizia è che, in coincidenza dell'uscita della nuova fatica, i Coldplay si scioglieranno.

    Ma cos'è un'epidemia, una moda o più tristemente l'ultimo sotterfugio promozionale per lanciare l'imminente fatica discografica in un mercato sotto sforzo? La notizia è che, in coincidenza dell'uscita della nuova fatica, i Coldplay di Chris Martin, band vessillo del buon pop britannico delle ultime stagioni, acculturato e tranquillo, titolare della migliore musica da tube per gli impiegati incolonnati verso Greenwich sui treni delle 8.30, si scioglieranno. Si sentono grandi, un po' vecchi, non hanno voglia di affrontare la concorrenza di Adele o Justin Bieber. Accumulate formidabili fortune, possono lasciar deflagrare il gusto per la normalità che è sempre stato il sotterraneo veicolo del loro successo: tutti si poteva diventare membri dei Coldplay, se ci fosse capitato di frequentare l'università a Londra, mettendo su una band con gli amici, senza essere troppo belli o virtuosi, ma più che altro sensibili, ricettivi e diligenti.

    Certo, poi c'è Chris, che è una personalità eccezionale, tutta a togliere, a negarsi (“Non ho neanche la macchina. Ma ha ragione Noel Gallagher: se fai il musicista non devi guidare, perché i cantanti sono pericolosamente sognatori”). I suoi soci vanno in scooter, il batterista non ha una batteria di proprietà e tra di loro non parlano d'altro che dei gadget Apple come qualsiasi trentenne di questi tempi. “Quando abbiamo suonato all'O2 a Londra sono andato al concerto in metropolitana e nessuno mi ha riconosciuto” dice uno di loro. E poi è tutto uno spiegare che è ora di dedicarsi alle famiglie, che fare la spesa al supermercato è bellissimo, che di tour ne hanno fatti a sufficienza. E che Chris continui a frequentare i vip sullo yacht di Jay-Z, tanto lui sa come si fa in mezzo a quel serraglio, sennò perché mai Gwyneth se lo sarebbe sposato? Il dato reale è che anche loro dicono basta, come i R.e.m. un mese fa, come i nostri cantautori allo stremo delle loro canzoni, tutti con un filo di voce e una gran voglia di chiudere la pratica. Liberarsi dalla musica: tornare nella realtà, col portafogli pieno. “Una reunion? Magari tra vent'anni. Ma al pub sotto casa. Mica alla Wembley Arena”, aggiunge Chris. Largo ai giovani, no? Vuoi vedere che il rock‘n'roll opta per questo passo epocale? Vuoi vedere che il 2012 sarà l'anno buono per sentire Mick e Keith dire stop, vuoi vedere che potremo finalmente dividere in ere geologiche il rock'n'roll, senza fare i conti con l'eccezione dei settuagenari in piena attività? Certo, a margine della presentazione di “Mylo Xyloto”, canto del cigno dei Coldplay, affiorano ragionamenti sul tema della “good life”, di cosa diavolo significhi crescere negli agognati panni di una rockstar e sul come tutto ciò, quando si raggiunge l'età della ragione, produca decisioni che hanno a che vedere col recedere dal patto di mutua assistenza con il pubblico dei fan.

    Detto questo, in “Mylo Xyloto” gli ammiratori dei Coldplay troveranno quello che legittimamente si attendono si trovare in un disco dei Coldplay. Le novità sono quelle di realizzare un concept album, basato sulla traccia non originale del mondo sotto l'arrogante controllo di un Big Brother, da cui riuscirà a liberarlo la forza dei ragazzi (“the kids” l'uomo-fatto Chris Martin li chiama così) e della loro arma segreta – il rock'n'roll, obviously – facendo trionfare l'amore. Troveranno una radiosa apparizione vocale di Rihanna, artista da prendere seriamente, convocata come espediente commerciale, ma capace di fare dell'electropop di “Princess Of China” il top del disco. Poi troveranno i suoni digitali dei synth che Brian Eno, per la seconda volta sulla poltrona del produttore, porta con sé. E troveranno la torch song tormentone dei prossimi mesi, “Paradise”, con quello stucchevole videoclip dell'elefantino in bicicletta. Troveranno echi U2 e Radiohead, perché la triade di band che da un ventennio governa il rock mainstream britannico finisce per somigliarsi e non dev'essere un caso, in quanto “suono del momento”. E poi potranno contare su ciò che ha reso i Coldplay la versione contemporanea del romanticismo elettrico, colonna sonora della banalità metrosexual: i falsetti di Chris, i crescendo travolgenti e competenti della sua band, le melodie abilissime, i momenti di ansia, riflessione e di mormorata, televisiva dolcezza. Infine anche questi sovrani del suono middle-of-the-road per il passaggio del millennio imboccheranno la nuova fase della loro vita. Avete presente la struggente, fastidiosa scena finale di “Notting Hill”? Che volete farci, a Londra è un copione che non si riesce a smettere di replicare.