Il misterioso effetto che fa Lana Del Rey

Stefano Pistolini

Lana Del Rey ha una capacità che già in passato c'è capitato di notare in altri artisti: quella di risultare spesso irritanti, eppure di non passare inosservati, di sapere comunque catalizzare l'attenzione del pubblico e i commenti, spesso pepati, degli addetti ai lavori.

    Lana Del Rey ha una capacità che già in passato c'è capitato di notare in altri artisti: quella di risultare spesso irritanti, eppure di non passare inosservati, di sapere comunque catalizzare l'attenzione del pubblico e i commenti, spesso pepati, degli addetti ai lavori. Tutto ciò è appena successo di nuovo e dal momento che ho avuto la ventura di seguire la vicenda negli States, ho visto come oltreoceano abbiano un atteggiamento diverso nei confronti dell'eccentrico progetto artistico di Lana, siano più curiosi e tolleranti. Dunque esce questo nuovo videoclip di Lana, dal titolo impegnativo: “National Anthem”, ovvero inno nazionale (canzone peraltro contenuta in “Born To Die”, l'album d'esordio della Del Rey, uscito a inizio 2012). Nei 7 minuti e 40 del mini film che contiene la canzone, Lana interpreta due parti e non si tratta certo di personaggi qualsiasi. E', alternativamente, Marilyn Monroe e Jacqueline Kennedy. E la storia che mette in scena è quella più vividamente radicata nella psiche dell'America moderna, ovvero quella dell'assassinio di JFK e delle vicende torbide e mai chiarite che circondarono la tragedia. Dunque un audace tuffo nella mitologia nazionale, affrontata a metà strada tra sogno e realtà, ad esempio affidando al rapper di colore A$AP Rocky il ruolo del presidente negli ultimi giorni di vita e aprendo il video con la reinterpretazione del celebre “Happy Birthday” cantato da Marilyn la sera del compleanno di Kennedy, al party in suo onore al Madison Square Garden di NYC. E poi? Poi, mentre Lana intona, con tutta l'indolenza sexy che si può istillare in una ballata, il suo dolente canto di postmoderna nostalgia, le immagini del video assumono proprio la più postmoderna delle confezioni contemporanee – ovvero slittano nel croma di Instagram e nella più assurda e strabiliante delle “ricostruzioni filmate”, nella quale Lana-Marilyn-Jackie e Rocky-JFK, interpretano alcuni dei momenti più celebri e consunti dell'inesauribile saga di Camelot: la barca a vela a Hyannis, i pullover appoggiati mollemente sulle spalle, le immagini rubate in stile super8 sul bagnasciuga e infine quel celebre, grafico intrecciarsi di movimenti sul sedile posteriore della Cadillac, mentre Kennedy veniva giustiziato (il video contiene perfino un finale a sorpresa). Qual è l'effetto di questo scombinato pastiche partorito da un immaginario cibatosi di innumerevoli scorie letterarie americane, almeno quanto a suo tempo fece David Lynch? Che Lana Del Rey – con la sua voce forzatamente rauca, la sua acconciatura pietrificata, il rossetto che minaccia di sbavarsi da un momento all'altro, la posa che supera per fascino la bellezza – riesce misteriosamente a provocare anche quando, come qui, è davvero difficile dire perché. Lana lascia il segno. Apprezzabile, da parte di questa fanciulla che aspira al successo più d'un personaggio del “Grande Gatsby” (“La sua voce era piena di quattrini” scriveva l'eccellente F.S. Fitzgerald). E proprio di questo alla fine parla il videoclip di “National Anthem”, diretto da Anthony Mandler: “I soldi sono l'inno del successo / i soldi sono il motivo per il quale noi esistiamo / Lo sanno tutti, è un fatto. Baci Baci”.

    Nel caso in cui Lana Del Rey vi risulti indigesta, ecco un piccolo consiglio per un album minore che però risplende come una gemma: s'intitola “The Nature Of Things”, ed è il secondo prodotto di un trio del Wisconsin chiamato The Daredevil Christopher Wright. E' un lavoro affascinante e stranissimo, nel quale si convogliano folk e dubstep, a sostegno di uno splendente lavoro vocale, con armonie e combinazioni che ricordano quelle più lussureggianti di Simon and Garfunkel, in una manciata di canzoni che affrontano, neppure fossero altrettanti racconti del New Yorker, temi dolorosi del presente americano, come la paura della morte, l'inevitabilità dei divorzi, le tentazioni delle droghe e i modi per riabilitarsi. The Daredevil Christopher Wright è una sigla che abbiamo scoperto con gioia e che ora, dichiarandoci ammiratori dei fratelli Sunde che ne sono titolari, vi consigliamo come uno dei migliori detour musicali che possano rischiarare la vostra estate.