A colloquio con la storica segretaria del grande filosofo, autrice del libro edito dalla Utet: "Diceva di essere 'troppo filosofo per non accettare la morte come conclusione inevitabile di ogni esistenza individuale'. Inoltre, al suo ragionato rifiuto del pessimismo, il filosofo aggiungeva di non temerla 'e continuo a non temerla, perché fa parte dell'esistenza. Noi non possiamo vivere aspettando la morte, indagando sul significato della morte. Nell’attesa della morte, che non sappiamo quando arriverà, bisogna amare la vita, vivere per la vita'. Sono anche stata testimone di tanti suoi atteggiamenti di malcelato sconforto o di irrequietezza, forse sconosciuti ad altri, causati da difficoltà nella prosecuzione del lavoro. E non nascondo che molte volte, recependoli, ne diventavo quasi inconsciamente partecipe, cercando di alleviare l’impatto che potevano avere su di lui"
Davide D'Alessandro