iCar Apple

Niente iPad né iWatch: nel futuro di Apple c'è l'auto che si guida da sola

Michele Masneri

Finora non era chiaro se Apple puntasse sull’autonoma o sull'elettrica, ma adesso le cose cambiano. Cupertino svela i piani per i prossimi anni

San Francisco. Si scalda la corsa verso la rivoluzione dell’auto del futuro. Che nascerà in California. Per la prima volta, Apple ha ammesso infatti in una lettera alle autorità statunitensi di stare lavorando a un progetto di automobile; quello del progetto di una “iCar” o come si chiamerà era il segreto finora meglio custodito della Silicon Valley; ma negli anni si sono diffusi infatti rumor sempre smentiti; recentemente, infine, si era parlato di un’offerta di acquisto da parte del gruppo di Cupertino verso l’inglese McLaren (smentito da McLaren, non da Apple). Ma ultimamente il progetto “Titan”, nome in codice per lo sbarco di Apple nel settore automotive, era dato per spacciato, anche se come è noto il gruppo fondato da Steve Jobs dispone di una liquidità (250 miliardi di dollari) tale da poter penetrare in qualunque settore industriale anche ad alto tasso di capitale come quello automobilistico.

 

Anche la scelta del responsabile finanziario, il cfo romano Luca Maestri, che proprio dall’auto proviene (avendo lavorato a lungo a General Motors) era sembrato un chiaro segnale. Adesso però arriva la conferma: Apple ha infatti inviato una lettera alla Motorizzazione americana, la Nhtsa, National Highway Traffic Safety Administration, in cui ammette di stare lavorando a una vettura in grado di guidarsi da sola. “Il nostro gruppo sta investendo molto nello studio del machine learning e nel potenziale dell’automazione in molti settori, tra cui i trasporti”, scrive il responsabile del prodotto Apple Steve Kenner nella missiva di cinque pagine, che chiede tra l’altro un equo trattamento per le società del settore, con regolamentazioni che non appesantiscano troppo le aziende. La lettera arriva come risposta alla richiesta della stessa Nhtsa, che dovrà predisporre nuovi standard giuridici per un settore che verrà totalmente rivoluzionato, e cambierà completamente le regole del gioco con ricadute molto estese (basti pensare al settore delle assicurazioni). Finora non era chiaro se Apple puntasse sull’auto autonoma o su quella elettrica, ma adesso le cose cambiano: e Apple è intenzionata a partecipare alla prossima rivoluzione industriale e alle sue ricadute estese, che Morgan Stanley stima in 10 trilioni di dollari. Oltre ad Apple, sta investendo nel settore Google, e poi i grandi nomi dell’auto come Volkswagen, Mercedes, General Motors, Ford. Ma anche  player nuovi come Tesla o Uber (valutata 70 miliardi di dollari, che sta testando i suoi “taxi” senza conducente, e che potrebbe presto andare in Borsa). O la concorrente Lyft, che prevede entro il 2025 solo taxi a guida autonoma.

 

Ma per Apple la partita è doppiamente strategica: l’auto arriverebbe infatti in un momento in cui i suoi prodotti tradizionali (dai computer agli iPad) sono ormai appannati, quelli nuovi non hanno sfondato (iWatch) e anche le vendite di iPhone per la prima volta nella storia dell’azienda sono in calo (dell’11 per cento secondo alcune ricerche di mercato).

 

Paradossalmente, poi, Apple potrebbe beneficiare della tanto vituperata amministrazione Trump: il presidente eletto ha annunciato infatti un rimpatrio di capitali con aliquota al 10 per cento: rispetto al 30 per cento attuale, Apple risparmierebbe così  43 miliardi di dollari sui 237,6 miliardi di dollari che tiene all’estero. La casa guidata da Tim Cook insieme ai colleghi dell’auto autonoma avrebbe poi un ulteriore beneficio imprevisto dalla amministrazione trumpiana: il segretario ai Trasporti in pectore, Elaine Chao, già ministro del Lavoro con George W. Bush, è infatti una paladina della sharing economy e delle nuove tecnologie. “Le politiche governative non devono indebolire l’innovazione che ha reso questo settore un esplosivo driver di crescita e di posti di lavoro”, ha detto qualche tempo fa Chao, che si è distinta peraltro per una aggressiva politica di de-regolazione quando è stata titolare del Lavoro.

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