La rivoluzionaria app saltafila viene dalla Balduina
Il genio italico alla prova della Silicon Valley
San Francisco. Dalla Balduina al West. Abbiamo appuntamento con Roberto Macina, da Roma nord, in uno Starbucks downtown San Francisco, e siamo già nel più puro Vanzina. Macina è il “cofounder”, come si dice qui, di una delle startup italiane più interessanti, non tanto per fatturato (anche) ma perché secondo noi è l’applicazione classica del genio italico (verrebbe dire, romano) a problemi globali. Eccolo là, Roberto, si sbraccia, entriamo nello Starbucks in un giorno piovoso di inverno siliconvallico. Qurami, si chiama la startup, da “queue”, coda, e serve “a fare la fila al posto tuo”, dice Roberto con accento ed entusiasmo balduino. L’idea gli è venuta un giorno in fila all’ennesima coda in un ufficio pubblico a Roma, “l’iPhone in una mano e il numeretto nell’altra, e dentro di me pensavo, ma ci sarà senz’altro una app per fare questa cosa, invece no”. Roberto, ingegnere informatico, lavorava alla Telecom e si è licenziato, si è trasferito nell’incubatore di startup della Luiss, negli stanzoni sopra la stazione Termini (stanzoni stupendi, tra i marmi candidi progettati dall’architetto Angiolo Mazzoni, un posto che qui in Silicon Valley tra i capannoni se lo sognano). Qui Macina ha trovato dei compari e ha realizzato la sua idea. Nel frattempo la app salta-fila ha vinto tutto il vincibile: tra le 40 Best Italian Startups da TechCrunch nel 2013, premiata al Uk-Italy Business Award del 2014, selezionata (insieme ad altre quattro italiane) per l’incontro con Tim Cook a Palazzo Chigi lo scorso gennaio, e la storia dell’incontro con Tim Cook è un misto appunto di Vanzina e “Silicon Valley”, la serie, perché il numero uno della Mela va anche nel loro ufficio; “ci dicono che verrà qualcuno di Apple nei nostri uffici, qualche giorno prima”, ci racconta Macina davanti a un caffè.
Poi ci dicono che verrà “un pezzo grosso di Apple”, infine il giorno prima ci dicono che verrà “un pezzo molto grosso”, alla fine “si presenta Tim Cook”, “soprattutto finiamo nel comunicato stampa di Apple”, “ io penso sempre alla sua agenda di quel giorno: ‘na roba tipo, alle 9 papa Francesco, alle 10 Renzi, alle 11 da noi”, dice Macina con accento romano, e ride. La foto che lo immortala col ceo di Apple la tiene come santino, “aho, non puoi capire quanto me la sono rivenduta”, tanto che la mettono in calce alle mail quando chiedono appuntamenti “in alto”, qui a Silicon Valley, e nessuna porta resiste. “L’altro giorno l’ho fatta vedere al commesso dell’Apple store qui a San Francisco, per poco non sveniva”, dice Macina. “Anche a Facebook qui abbiamo chiesto un appuntamento non ci filavano proprio, abbiamo messo la foto ed ecco che ci aspettano, domani”. La loro startup è stata finanziata da tre investitori – Unicredit Start Lab, LVenture, Italian Angels for Growth – più vari private angel, e oggi vale oltre un milione di dollari, ha 14 dipendenti fissi, base a Roma, sviluppatori che lavorano in remoto da varie parti d’Italia. E promette di crescere ancora, perché la app salta-fila è piaciuta molto: oltre 300 strutture tra cui Enel, Wind, i comuni di Roma, Milano, Firenze e Trieste, la Camera di Commercio di Milano, l’ufficio tasse di Torino, le università di Roma e Padova e una serie di ospedali e uffici di sanità pubblica a partire dal Gemelli; e poi Trenitalia, e ultima in ordine di tempo la utility padana A2A. Ma come funziona esattamente? “Intanto non diciamo che saltiamo la fila, perché sembra una cosa all’italiana”, dice Macina. “La fila la fai lo stesso, come tutti, aspetti comunque un’ora ma fai altro: apri la app e vedi sulla mappa gli uffici con cui siamo convenzionati, prendi il numeretto virtuale che è sincronizzato con quelli reali del tabellone, e tu vai nell’ufficio solo quando si avvicina il tuo turno, che ti viene segnalato tramite una notifica push. Nel frattempo fai altro, la spesa, vai al bar, impieghi meglio il tuo tempo”.
“Niente a che vedere insomma con Terracina”. Perché, cos’è mai successo a Terracina? “Ma che non lo sai?” dice Macina. “A Terracina i vecchietti hanno chiamato i carabinieri perché vedevano la gente che saltava la fila alla Posta. Ma noi non c’entriamo niente con quello, che è un sistema della Poste che effettivamente prevede file riservate prenotate con la app”. La app di Qurami è abbastanza elementare, viene collegata a un server dell’apparecchio che rilascia i numeretti, per le aziende non solo risparmiano tempo e soldi, ma anche una quantità di big data su utilizzi, orari di punta, preferenze. E’ interessante vedere lo startupparo sul campo. “Ah, sei andato alla Social Security?”, ci dice, perché gli raccontiamo che siamo andati in un ufficio pubblico lì vicino a chiedere il tesserino sanitario. “C’era molta coda? Che tipo di numeretto? A carta termica?”. Ed ecco il genio italico: “Andiamoci subito”, dice, e si scopre che la “execution” è molto all’italiana, si va allo sportello e si chiede, e così hanno fatto, poi, vanno lì e parlano col general manager, e “tanti ci sbattono le porte in faccia”, “partendo dagli ospedali romani”. Altri però ci stanno. Sono appena stati in Messico, dove puntano di espandersi perché “è un paese simile all’Italia, molto incasinato, pieno di code”. Non tutti i paesi si arrendono al geniale saltafila italico: “In Germania e Svizzera”, conclude Macina, “abbiamo capito che il nostro progetto non piace, perché per loro comprare la nostra app significherebbe ammettere di avere un problema, cioè che esistono le code nei loro uffici. Ed è un’idea che non possono accettare”.
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