Successi italiani alla Game developers conference
L’exploit nostrano al grande appuntamento globale dei videogiochi
San Francisco. Una volta ai ragazzini che passavano troppo tempo davanti ai videogiochi non si prospettavano grandi carriere. Oggi però è cambiato tutto, e i videogame sono uno dei settori più interessanti anche dal punto di vista lavorativo. L’Italia tenta di giocare la sua partita. Così l’industria dei videogiochi italiana ha avuto il suo ruolo qui a San Francisco alla Game Developers Conference (Gdc17), il più importante appuntamento globale del settore.
Tante piccole e grandi realtà italiane riunite in uno stand bianco rosso e verde sotto le insegne dell’Ice-Italian Trade Agency, e vicino agli stand di Facebook, Nvidia e Amazon, insomma ai colossi americani. Undici aziende o “studi” di sviluppo italiani: nomi famosi o meno come 34BigThings, Bad Seed, Digital Tales, Forge Reply, Just Funny Games, Milestone, Neko8Games, Proxy42, Unreal Vision, Untold Games e Xplored. Si va dai piccoli 34BigThings, guidati dal bresciano Enrico Franchi, che realizzano “revival di giochi di corsa antigravità” – come spiega al Foglio – a XPlored, un sistema veramente futuristico che esplora la realtà 3D tramite un mouse-boule à neige che simula le condizioni meteorologiche (se copri la sfera, nel gioco diventa notte, se la riscaldi diventa estate). Fino ai colossi di Milestone, la più importante realtà italiana dei videogiochi, con 180 dipendenti. Il settore è forse quello con più alta internazionalizzazione in Italia.
Il 93 per cento degli sviluppatori italiani esporta infatti in Europa, l’83 per cento in Nord America, il 64 per cento in Asia e il 58 per cento in Sud America. A oggi siamo il quarto paese europeo per volume di vendite dopo Gran Bretagna, Germania e Francia e superiamo di gran lunga paesi emergenti quali Russia, Polonia e quelli del medio oriente. In Italia ci sono oltre 120 studi di sviluppo distribuiti su tutto il territorio nazionale, la maggior parte dei quali s’è costituita negli ultimi tre anni. Sono concentrati soprattutto nel Nord Italia, che ne ospita circa due terzi (61 per cento) di cui la maggioranza in Lombardia, seguito dal Centro Italia (22 per cento) e dal Sud Italia e dalle isole (16 per cento).
A livello locale, la provincia di Milano è in testa, con più del 22 per cento di studi di sviluppo, seguita dalla provincia di Roma (12 per cento). Sono i dati dell’Aesvi, l’Associazione di categoria che rappresenta l’industria dei videogiochi in Italia, sotto il cappello di Confindustria, che ha organizzato la missione qui in California insieme all’ufficio Ice di Los Angeles guidato da Florindo Blandolino. “Il sessanta per cento degli studi sono startup innovative” dice al Foglio Talitha Malagò, segretario generale di Aesvi. “La tipica realtà del settore è una startup con 5-10 dipendenti”. “Una spinta ulteriore al settore arriverà poi quando entreranno effettivamente in vigore il tax credit e altre misure varate a fine 2016, che esattamente come col cinema permetteranno alle aziende di investire ancora di più in questo settore molto promettente, oltre a prevedere l’accesso a un fondo con una dotazione minima di 400 milioni di euro”, conclude Malagò.
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