A San Francisco una disputa su un marciapiede fa esplodere una lotta di classe contro i “tecno-fascisti”
I residenti non sono per niente contenti dell’ennesima invasione di imprenditori della Silicon Valley, che qui vengono considerati pericolosi arricchiti
San Francisco. Ci si era abituati alla gentrificazione più violenta della storia moderna, ma adesso, con l’afflusso costante di nuovi denari, la Silicon Valley porta strategie che paiono da “Amici miei”. Il caso di cui tutti parlano è di questi giorni: al ritorno dalle vacanze, i ricconi proprietari di case in una delle zone più care della città, quella del Presidio, hanno scoperto che la loro via era stata comprata. Acquistata cioè l’arteria stradale, “Presidio Terrace”, una specie di Monti Parioli, ovale a nord della città, nella zona dell’ex quartier generale delle truppe spagnole, una delle più antiche e prestigiose della città: collocata vicino al Golden Gate, nel parco più vasto, in un comprensorio che incorpora ville di varia e diversa architettura, dal moresco al palladiano, e un campo da golf, e siepi perfettamente tosate delle più esotiche essenze. Tra gli abitanti ci sono Chris Lehane, ex portavoce di Bill Clinton e oggi responsabile degli affari istituzionali di Airbnb, e Nancy Pelosi, la speaker del Congresso. In passato vi ha abitato anche l’indimenticato sindaco italoamericano Joseph Alioto.
Adesso i facoltosi abitanti dovranno mettersi d’accordo con i nuovi acquirenti burini del manto stradale e delle pertinenze. Si tratta di una coppia di imprenditori di origine asiatica, e (orrore) residenti a San José, la Brianza californiana. Tina Lam e il marito Michael Cheng, così si chiamano, hanno comprato all’asta la via. Per pochi spicci, in realtà. Novantamila dollari, che saranno facilmente ammortizzati affittando o vendendo i 120 posti macchina ai residenti e alle loro Toyota Prius finora libere di pascolare. Costoro, oggi abbronzati e sdegnati, minacciano cause, ma l’ufficio comunale dice che nulla si può più fare. I residenti infatti per trent’anni non hanno pagato la tassa di proprietà, di miseri 14 dollari annui, accumulata fino all’esorbitante somma, e andata in asta fallimentare, dove allignava la previdente coppia siliconvallica. Come in una qualunque bega in condominii-bene, i residenti sostengono che il bollettino con l’Imu da pagare per trent’anni è stato mandato a un amministratore che non lavorava più per loro dagli anni Ottanta. Ma pare che sia troppo tardi. “Sono un’ immigrata di prima generazione, e fin dalla prima volta che misi piede a San Francisco mi sono innamorata della città” ha detto Lam, ingegnera in Silicon Valley ma nata a Hong Kong. “Volevo comprarmi un pezzetto della città che mi piace tanto” ha detto, e ha fatto.
I residenti non sono per niente contenti dell’ennesima invasione di imprenditori della Silicon Valley, che qui vengono considerati pericolosi arricchiti. Anche Mark Zuckerberg, quando qualche anno fa abbandonò la valle per prendere casa in uno dei quartieri centrali, la Mission, è stato contestato al suono di “via i tecno-fascisti dal centro storico”. I pullmini che trasportano ingegneri e programmatori verso la valle, intasando il traffico, sono più odiati di quelli turistici a Roma. In generale la vecchia San Francisco non vuole essere mischiata ai nuovi ricchi della valle.
Così l’acquisto della strada pare l’inizio di una guerra di classe, oltre che una piccola vittoria post-razziale: fino al 1948 infatti una legge comunale consentiva l’acquisto delle case nel Presidio solo ai bianchi. E comunque con novantamila dollari si potrebbero comprare solo la strada, nemmeno un garage, in una zona in cui a meno di cinque milioni di dollari non si trova nulla. Continua infatti inesorabile la cavalcata dei prezzi immobiliari a San Francisco: recentemente il Dipartimento politiche abitative del comune ha annunciato che entro i 100mila dollari di reddito annuo le famiglie potranno essere considerate “a basso reddito”: e fare richiesta per eventuali sussidi.
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