Obama nell'Africa tech. Anche il continente africano sta iniziando a produrre start up di successo
“Il Kenya ha fatto progressi incredibili negli ultimi dieci anni, sono fiero di voi. Quando sono stato a Nairobi dieci anni fa, era una città diversa. Ci aspettiamo grandi cose da voi poiché il futuro dell’Africa dipende dagli africani”. Anche se molto di quanto ha detto Barack Obama nel visitare il Paese di suo padre va rubricato sotto la categorie delle frase di occasione e di cortesia, c’è da sottolineare che il Global Entrepreneurship Summit a Nairobi e quanto sta accadendo in Etiopia rappresentano una forte discontinuità rispetto al passato africano. L’Etiopia infatti da qualche anno sta diventando il gigante manifatturiero africano, e questo è accaduto non solo grazie alla delocalizzazione di molte imprese cinesi. C’è dell’altro. La Silicon Savannah in costruzione a Konza conferma il cambiamento che sta subendo parte del continente africano e sta trasformando il Kenya in un paese all’avanguardia delle nuove tecnologie.
Se per molti l’Africa continua ad essere considerata ancora un posto di violenza e ritardo tecnologico non può essere sottovalutata la corsa all’innovazione che sta attraversando il continente. E’ il caso di MapKibera, start up nata in Kenia, una specie di Google Maps per cartografare bidonvilles che è stato sviluppato a partire dal 2009 da due studenti della Columbia University grazie a fondi prima dell’Unicef e poi di Bill Gates, ma soprattutto all’aiuto di giovani di Kibera, gigantesco slum di Nairobi. “Rendere visibili gli invisibili” è il motto del progetto che sta ora per essere esportato in Indonesia e Bangladesh. E in Nigeria sta prendendo piede un altro interessante progetto: Sense Ebola follow up, una app creata nel 2014 dal locale Ministro della Sanità che ha permesso di ridurre da 72 a appena 2 ore il tempo necessario a rintracciare le persone entrate in contatto con i contagiati dal virus. Una trovata che ha permesso di tamponare l’epidemia rapidamente e che è stata esportata in Liberia, Guinea e Sierra Leone, e potrebbe essere utilizzata anche per altre emergenze sanitarie. In Ruanda è nata Ared, 25 chioschi mobili a energia solare che sono stati dispiegati sia per le strade della capitale Kigali che per quelle di piccoli villaggi, in modo di permettere ai possessori di cellulari di ricaricarli rapidamente. E’ ancora in fase sperimentale e si progetta di rendere gli apparati multifunzioni, in modo da poterci anche accedere a Internet tramite wi-fi, fare pagamenti on line o ricaricare carte prepagate.
In Egitto è sorto Harass Map, un sito Internet (ma anche una app) che l’omonima ong ha sviluppato dal 2010 per combattere la piaga delle molestie sessuali, per denunciarle rapidamente e renderle pubbliche in un’apposita mappa. Insomma, guardando il cellulare una donna può sapere quali sono i posti più pericolosi, e col cellulare può subito chiedere aiuto. In Sudafrica è stata progettata Wizzit, una banca “mobile” creata nel 2002 per persone che avrebbero avuto difficoltà ad avere accesso a un istituto di tipo tradizionale, e che ha ora 7 milioni di clienti in nove Paesi. E in Ghana c’è M-Pedigree, una app che permette di controllare rapidamente se un medicinale messo in vendita a prezzi d’occasione è vero o un falso: creata nel 2007, si è diffusa in una dozzina di Paesi, non solo in Africa ma anche in Medio Oriente e in Asia.
[**Video_box_2**]Se alcune start up sono state pensate esclusivamente per realtà ancora in via di sviluppo, alcune di queste potrebbero presto arrivare anche nel mercato europeo. In Senegal è nata M-louma una borsa agricola on line, creata nel 2013 per permettere a piccoli produttori agricoli di piazzare rapidamente i propri prodotti, mentre in Togo è stata stata presentata W.Afate 3D Printer, una stampante 3d, inventata nel 2013, per riciclare i rifiuti elettronici. Entrambe hanno raccolto l’interesse di alcune aziende occidentali.
Se le start up si stanno diffondendo in tutta l’Africa è soprattutto il Kenya a essere il motore trainante di questo fenomeno. Brck ad esempio è una delle microaziende che hanno raccolto il maggior successo, commercializzando, a partire dal 2014, una scatoletta di plastica grande come un mattone che al costo di 249 dollari permette in tutto il mondo di collegare a Internet sino a un massimo di 20, con una carta Sim e per otto ore. Un altro esempio è M-Kopa: lanciata nel 2012, è un pannello solare che già riscalda 150.000 case in tutta l’Africa Orientale al prezzo di 35 dollari l’anno per l’installazione, più 43 centesimi al giorno: pagabili via telefonino tramite M-Pesa, altra start-up kenyana che serve 12 milioni di utenti.