Perché non avremo mai un Google europeo
"Liberalizzare il mercato digitale, dando però una mano alle imprese europee": è questo il paradosso in cui sembrano essere cadute le istituzioni europee nell'affrontare il caso Google e la sua presunta violazione della concorrenza in internet. Ne parla su Politico Europe John Springford, fellow del Centre for European Reform. Lamentando l'assenza di un "Google europeo", e dicendosi convinti di poterne favorire la nascita con un oculato intervento regolatore – scrive Springford – i burocrati di Bruxelles dimostrano di aderire ad "una concezione economica obsoleta", tendente a elevare a livello europeo il modello del “national champion”. L'editorialista dell'edizione europea di Politico ricorda in proposito le parole pronunciate alcuni mesi fa da Günther Oettinger, commissario europeo per l’Agenda digitale, secondo il quale l'economia di internet nel Vecchio continente mostra "un'eccessiva dipendenza da operatori non europei".
Incoraggiato anche dal Parlamento europeo, che con una mozione non vincolante dello scorso novembre ha chiesto all'Autorità antitrust di costringere Google a separare i suoi servizi di ricerca online da quelli commerciali, come Maps e Shopping, Oettinger continua così a invocare l'adozione di regole più stringenti nei confronti delle principali piattaforme digitali statunitensi, con la speranza che tutto ciò contribuisca a far emergere un "anti Google" europeo. "Ma l'Ue non innalzerà la qualità della vita aiutando le aziende europee a competere con quelle americane”, attacca Springford, certo, invece, che la digitalizzazione possa favorire la crescita di pil "in due modi, entrambi fondati su dinamiche di mercato più forti, non più deboli".
Il primo modo è rilanciare il consumo mediante la vendita di prodotti più economici o di maggiore qualità, "ma la causa aperta dalla Commissione europea contro Google potrebbe danneggiare i consumatori, piuttosto che aiutarli". L'Ue sostiene che il servizio Shopping di Google limiti la concorrenza, in quanto la posizione dominante della compagnia nel settore della ricerca garantisce a quest'ultimo anche un predominio nel commercio digitale. "Tuttavia, Google Shopping sembra avvantaggiare i consumatori”, scrive Springford. Il Center for European Reform, ad esempio, considerando 63 beni di consumo inclusi nel paniere britannico, ha confrontato i prezzi offerti da Google Shopping con quelli offerti dai rivenditori posti nelle prime posizioni del normale servizio di ricerca, rilevando come i primi fossero più bassi del 2,9 per cento. "Lo stesso avviene con altre piattaforme internet, come Uber, che offre agli utenti un servizio di trasporto più economico a danno dei tassisti, o Amazon, che fornisce libri a prezzi più convenienti a spese degli autori e degli editori”, prosegue l'editorialista di Politico Europe. I prezzi, insomma, non aumentano perché i consumatori possono molto semplicemente, con pochi click, confrontare i vari prezzi su siti differenti e scegliere quale bene o servizio più li aggrada.
[**Video_box_2**]La seconda via con cui la digitalizzazione può favorire l'incremento di pil è legata alla crescita di produttività. Su questo punto, secondo Springford, basta osservare i dati relativi a Unione europea e America nel periodo 1995-2007: mentre la produttività manifatturiera è cresciuta del 3 per cento in ambedue i continenti, quella dei servizi è aumentata del 3 per cento negli Stati Uniti, ma solo dell'1,3 per cento in Europa. Una differenza, si spiega, dovuta in gran parte all'impennata degli investimenti americani nel settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (Ict). Eppure, benché la crescita di produttività negli Stati Uniti sia stata il risultato dell'utilizzo della tecnologia digitale nei processi produttivi da parte delle aziende, e dello sviluppo di applicazioni internet per il mercato dei beni e dei servizi, "la Commissione europea sotto la presidenza di Jean-Claude Juncker non ha elaborato alcuna nuova strategia per favorire la formazione di un mercato unico dei servizi, e si è occupata di internet solo marginalmente".
La via da intraprendere sarebbe invece, secondo Politico Europe, proprio quella di un intervento europeo per migliorare l'integrazione dei mercati. Ciò potrebbe avvenire attraverso l'applicazione del meccanismo di mutuo riconoscimento nei settori che risultano più commerciabili e con più potenzialità in termini di digitalizzazione. Questo principio permetterebbe alle imprese di vendere servizi negli altri stati membri, ma di essere regolati nel proprio stato, portando così a una riduzione dei costi di regolamentazione. Assieme al "lodevole piano" della Commissione europea finalizzato alla creazione di un mercato dei capitali paneuropeo, ciò libererebbe importanti forze di "distruzione creativa", dato che circolerebbero maggiori investimenti per le compagnie più innovative e produttive che operano in Europa. In altre parole, "solo il mercato può rendere le aziende europee più forti, non i burocrati".