Foto tratta dal sito della Deutsche Bank

Deutsche Bank va a caccia di giovani talenti servendosi di un algoritmo per "appuntamenti"

Alberto Brambilla

La banca tedesca negli Stati Uniti ha cominciato a usare una tecnologia simile a quella dei siti per appuntamenti per reclutare nuovi talenti dalle università sulla base delle attitudini personali, e non soltanto sulla provenienza o il curriculum, per capire se i loro profili corrispondono ai desiderata della banca.

Roma. Deutsche Bank negli Stati Uniti ha cominciato a usare una tecnologia simile a quella dei siti per appuntamenti per reclutare nuovi talenti dalle università sulla base delle attitudini personali, e non soltanto sulla provenienza o il curriculum, per capire se corrispondono ai desiderata della banca, scrive il Financial Times. Koru, la società che fa "profiling", analizza le attitudini dei candidati e verifica se sono o meno compatibili con quelle dei migliori elementi presenti in azienda – un po' come fanno i siti di "dating" quando verificano la compatibilità di una persona con un altra per capire se un ipotetico matrimonio può durare.

 

La competizione è sempre stata dura per i neolaureati e le banche oramai da più di un decennio analizzano anche le attività extracurriculari e le inclinazioni personali dei candidati per decidere quale pretendente assumere. Tuttavia il sistema di profiling di Koru è capace di identificare la naturale inclinazione comportamentale del candidato – se è un leader o un gregario, se è un creativo o un conformista, se è capace di lottare o preferisce la fuga in condizioni difficili – senza possibilità che la macchina possa essere tratta in inganno, come potrebbe invece accadere a un reclutatore umano, dall'atteggiamento dell'aspirante banchiere durante il colloquio.

 

Koru non dà giudizi di alcun tipo, non esistono risposte giuste o sbagliate, semplicemente confronta le risposte dei candidati con quelle dei migliori impiegati nella banca. Koru lavora anche con McKinsey, Rebook, Airbnb, Linkedin e ha un database da 30 mila profili. L'amministratore delegato di Koru, Kristen Hamilton, dice al Financial Times che nessuno degli utenti del programma ha finora detto di non crederci o di non volerlo usare. Hamilton sostiene che la bellezza dell'applicazione della macchina alla selezione del personale sta nella possibilità di illuminare quello spazio inesplorato tra la predisposizione personale e le competenze tecniche del candidato. Senza contare che ciò dà l'occasione alle aziende di decidere l'attitudine di un intero team unendo persone dello stesso "tipo"  – improntate alla curiosità o al lavoro in squadra o altro – oppure avere un mix di personalità utili a generare nuove idee.

 

Durante la crisi finanziaria la figura del banchiere non è più così mitica agli occhi dei giovani studenti degli atenei della Ivy League, ovvero i college privati più prestigiosi, che ora sognano di lavorare per una start up piuttosto che per una "Lehman Brothers". Scovare talenti, anche per questo, si è fatto più difficile. Per banche come Deutsche Bank che è in fase di ristrutturazione ed è uscita dalla classifica delle prime tre banche d'affari del mondo l'anno scorso, la sfida è addirittura più complessa. Usare la profilazione del candidato, scrive il Financial Times, piace alle banche perché negli anni sempre più studi accademici insistono nel dire che la diversità di approcci migliora la capacità di prendere decisioni. La "varietà di pensiero" può essere ancora più utile nel settore bancario dove spesso ci si concentra su fissazioni immobilizzanti o addirittura controproducenti, per dire la cartolarizzazione dei mutui subprime.

 

Gli effetti dell'uso di Koru non possono essere immediatamente verificabili al momento, ma tra gli obiettivi di chi se ne serve come Deutsche Bank negli Stati Uniti c'è quello di scegliere personale che abbia interesse a restare legato all'azienda per lungo tempo. Questo approccio comunque è in grado di modificare la "cultura" di un'impresa e probabilmente di migliorare la soddisfazione dei dipendenti, i quali non devono essere necessariamente "eccellenti" ma semplicemente i più adatti ai bisogni dell'azienda e alla sua "personalità".

 

 

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  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.