Le strategie incrociate di Google e Apple
Roma. In uno degli eventi tecnologici più importanti dell’anno, a San Francisco Google ha raccontato al mondo che intende diventare una potenza nell’hardware. Non sarà solo la migliore compagnia in quanto a motore di ricerca e servizi di email, non competerà soltanto per il mercato dei video online o per il cloud: farà “cose”, cose concrete e maneggiabili e acquistabili, e non soltanto i “moonshot”, i progetti futuristici ma remoti, come la macchina che si guida da sola. Di “cose”, Google ne ha presentate una caterva: due smartphone, nuovi assistenti virtuali per rendere la propria abitazione più “smart”, un apparecchio per lo streaming in alta definizione da attaccare alla tv, un dispositivo per la realtà virtuale, un router innovativo. Inoltre, ha insistito molto sugli avanzamenti della sua intelligenza artificiale, che adesso sarà integrata nella maggior parte di ciò che Google produrrà.
Buona parte dei prodotti era già stata anticipata dai rumors o dai leak, e sui siti di tecnologia già circolavano le foto dei nuovi e assai appetibili smartphone denominati Pixel. A San Francisco, le sorprese sono state molto limitate. La novità è stata l’insistenza, quasi l’ossessione nel piazzare il marchio di Google dappertutto. Questo è “fatto da Google”, ecco l’“esperienza Google”, il “potere di Google” è nelle tue mani. Tutto, dal nome dell’evento ai teaser pubblicitari che hanno inondato internet nelle settimane scorse, era “Made by Google”, e il segnale è quello di un importante cambio di strategia.
Per tutto ciò che riguarda l’hardware e specie nel mercato mobile, quello degli smartphone e dei tablet, Google ha sempre usato una strategia asimmetrica. Mountain View produceva il software, i programmi, le app, ma poi spettava ad altre case, legate a Google da partnership più o meno strette, la produzione degli oggetti, degli smartphone e dei tablet. Il sistema operativo mobile di Google, Android, è di gran lunga il più diffuso al mondo, ma Google non ha mai prodotto nessuno smartphone. La società si è quasi sempre limitata, con poche eccezioni, a erogare servizi mentre alla costruzione degli apparecchi su cui questi servizi avrebbero dovuto girare ci hanno pensato Samsung, Lg, Motorola, Huawei e tutte le grandi case che producono tecnologia consumer. Questa strategia ha molti vantaggi dal punto di vista economico, ma ha un nemico temibile, come ha notato Vlad Savov su The Verge: l’assenza di sinergia.
Google deve fare un software che sia buono per tutti, e che dunque finisce per non essere davvero buono per nessuno. E’ l’esatto contrario della strategia di Apple, che produce device e programmi pensati apposta l’uno per l’altro. Questo significa che per molti versi nessun prodotto su cui girano i servizi di Google è mai riuscito a essere all’altezza degli standard di Apple – quanto meno con continuità e affidabilità. Samsung, per esempio, c’è riuscita di recente (i suoi ultimi smartphone sono migliori dei nuovi iPhone secondo molti esperti), ma lo scandalo delle batterie esplosive ha rovinato gran parte del buon lavoro fatto. Per questo Google ha deciso che gli smartphone e gli altri apparecchi tecnologici se li vuole fare, o quanto meno progettare, da sé: Made by Google è il nuovo Made by Apple, e Google l’ha reso evidente con infinite frecciatine rivolte a Cupertino durante tutto l’evento.
Mountain View vuole invadere il campo dominato da Apple, mossa rischiosa che Microsoft, per esempio, ha tentato e fallito a più riprese – qualcuno ricorda lo Zune, il pompatissimo concorrente dell’iPod? Ma l’invasione arriva in un momento in cui anche Apple sta cambiando la sua strategia, perché dopo aver venduto oltre un miliardo di iPhone sa che il mercato si sta saturando e che ripetere il miracolo con un nuovo prodotto sarà impossibile. Le vendite di iPhone, iPad e Macbook sono in calo o stagnanti, e Cupertino sta diversificando le sue fonti di guadagno proprio investendo sui servizi, da iTunes ad Apple Music ai servizi di iCloud.
Nell’ultima trimestrale, quello dei servizi era uno dei settori in maggiore crescita, con un più 19 per cento su base annua e un fatturato di 6 miliardi di dollari. Una frazione dei 42,4 miliardi di fatturato totale, ma in crescita consistente. Così, le due superpotenze non solo del tech ma dell’intera economia americana (Apple e Alphabet, il conglomerato che comprende Google, sono le due società con maggior capitalizzazione di mercato al mondo) incrociano le loro strategie, finora in gran parte tangenziali, e colpiscono l’una nel campo dominato dall’altra.