Così i due ex cavalieri di Politico provano a riformare le news malate
Axios, la nuova impresa di Mike Allen e soci
Roma. L’analisi dei mali dei media internazionali nell’èra di internet fatta da Jim VandeHei, cofondatore ed ex ceo di Politico, è perfetta. Internet è popolato oggi da due tipi di siti di news: da un lato quelli pachidermici e impacciati, media company grandi e gloriose come il New York Times o il Wall Street Journal, piene di talento ma al tempo stesso di tecnologia obsoleta, troppo grandi per riformarsi abbastanza da avere successo nella nuova economia digitale. Questi siti “si basano su un tipo di ricavo pubblicitario che sappiamo tutti che finirà, ma che loro non possono lasciare andare per non perdere gli introiti a breve termine”, e “sono in uno stato dolorosissimo di transizione, in cui dovranno fare cambiamenti profondi che prosciugheranno non solo le risorse ma anche l’entusiasmo”. Dall’altro lato ci sono le startup giornalistiche nate e cresciute negli ultimi dieci anni, come per esempio Business Insider, il cui modello di business è: “datemi un sacco di traffico, e poi giuro su dio che troverò un modello di business”. Questi siti hanno successo all’inizio perché ottimizzano la loro capacità di attirare clic (spesso a discapito della qualità delle notizie), ma poi il loro modello è seguito da altri e la concorrenza per gli introiti pubblicitari diventa insostenibile. Di conseguenza, queste startup o falliscono o si uniscono tra loro: l’Huffington Post è stato più volte inglobato in varie media company, Business Insider è stato comprato da Axel Springer, Vox ha comprato il sito tecnologico americano Recode e così via.
L’analisi di VandeHei, delineata in un’intervista esclusiva a Vanity Fair, è appunto perfetta – già nota per molti versi, ma raramente messa giù con tanta chiarezza. VandeHei però non è un newsologo, ma un giornalista di fama che insieme a Mike Allen, giornalista di fama ancora maggiore, ha annunciato qualche mese fa di voler lasciare Politico per iniziare una nuova avventura editoriale. L’intervista a Vanity Fair serviva appunto per lanciare questo nuovo progetto, che si chiama Axios (“degno”, in greco antico) e che ha come motto: “I media non funzionano più – e spesso sono una truffa”. VandeHei e Allen hanno scandagliato per anni l’incrocio tra i media, la politica e la tecnologia su Politico, e dei due è quest’ultimo il giornalista su cui si concentrano le aspettative di tutti. Per anni, Mike Allen ha pubblicato tutte le mattine all’alba il Playbook, newsletter mitologica e madre del grande revival del genere, bussola degli insider e degli osservatori della politica di Washington. Dagli scoop ai pettegolezzi ai compleanni dei politici – ben intervallati da una quantità abnorme di pubblicità –, il Playbook era un piccolo universo, e per sostituire Allen politico ha ingaggiato un team di tre giovani talentuosi. Axios conta di prendere tutta l’esperienza di Politico e del Playbook e di metterla in un format ancora più nuovo e pronto ad affrontare l’economia digitale. In estate ha ottenuto oltre 10 milioni di dollari di finanziamenti da vari partner, ma per ora il modello di business della nuova impresa giornalistica è nebuloso. La definizione migliore, e ancora una volta perfetta, la dà VandeHei quando dice che Axios sarà come “l’Economist accoppiato con Twitter”, ma l’ex ceo non si sbilancia oltre la battuta. A Vanity Fair, parla di “brevità smart” e di contenuti impacchettati per essere fruiti su altre piattaforme, come Snapchat e Facebook – quest’ultima è pratica già molto usata e criticata – e dice che si punterà su un sistema misto di abbonamenti e pubblicità. Certo si punterà molto sul brand di Mike Allen, che non scrive il suo Playbook da mesi ma la cui stella è ancora luminosa. Da Axios già si dice che Allen curerà una nuova newsletter, ma anche la moda dei giornalisti-brand, che negli ultimi anni ha portato molte firme famose ad abbandonare giornali e tv per fondare nuovi media, si è rivelata in parte fallimentare. Per innovare davvero un mercato che da anni cerca il suo messia serve di più di un’analisi perfetta. Ma Mike Allen è uno che può permettersi alte aspettative.
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