Thomas L. Friedman (foto LaPresse)

Meglio tardi che mai

Andrea Bonicatti

Non tutti i cambiamenti vengono per nuocere. Tecnologie e supernova spiegati facili da T. L. Friedman

Roma. Nel mondo occidentale è sempre più diffusa una sensazione di spaesamento davanti alla rapidità dei cambiamenti a cui assistiamo. L’economia, la tecnologia, i rapporti di forza geopolitici, consegnano l’immagine di un pianeta che gira vorticosamente, al punto da sfuggire a ogni tentativo di comprensione o di categorizzazione. E davanti a un mondo poco comprensibile, c’è chi si affida a leader carismatici e populisti che offrono soluzioni apparentemente facili. “Make America great again” è diventato la risposta alle preoccupazioni di milioni di americani che si sentono danneggiati dalla globalizzazione e dal libero scambio. Alla gente comune serve una spiegazione dei propri mali che non sia limitata all’individuazione di capri espiatori, come l’immigrazione o il terrorismo. Per tutte queste persone, Thomas L. Friedman ha scritto un ambizioso libro, “Thank you for being late” (Farrar, Straus and Giroux, 2016), in cui prova a illustrare in termini chiari il mondo e il suo rapido vorticare, e ad assicurare che in futuro “tutto andrà meglio”. Friedman si descrive come “un giornalista che offre spiegazioni”, è autore di una colonna sul New York Times e ha scritto numerosi libri sui più disparati argomenti, dal cambiamento climatico alla globalizzazione, cercando ogni volta di spiegare fenomeni complessi in termini semplici e accattivanti, che risultino interessanti per il grande pubblico. “Thank you for being late” è in parte l’odissea personale di un uomo cresciuto in un sobborgo di Minneapolis, in parte un manifesto del buonsenso per guidare la gente comune alla scoperta di un mondo in rapido cambiamento. Friedman sostiene che gli esseri umani sono creature abbastanza adattabili.

Tuttavia, la nostra capacità di adattamento oggi non riesce a tenere il passo con la rapidità di una “supernova” di tre elementi: la tecnologia, il mercato e i cambiamenti climatici. I loro effetti, specie se combinati, provocano cambiamenti rapidissimi nel pianeta. Sul versante della tecnologia, per esempio, Friedman spiega che il 2007, anno in cui sono usciti l’iPhone, Android e Kindle, è stato l’anno in cui il software ha cominciato a “mangiare il mondo”, usando un’espressione coniata dal fondatore di Netscape. Nel 2016 si stima che esistano circa 10 miliardi di oggetti connessi a internet, dai telefoni, ai computer, alle macchine, ma questi rappresentavano solo l’1 per cento della capacità totale del pianeta, aprendo strade infinite a una interconnettività sempre maggiore. Per offrire un metro di paragone usa la legge di Moore, secondo la quale la potenza dei microchip raddoppia ogni due anni circa: se questa fosse stata vera per le automobili, allora il discendente moderno del Maggiolino della Volkswagen dovrebbe viaggiare a 450 mila chilometri orari, costare solo quattro centesimi e consumare un pieno di benzina nel corso della sua intera esistenza. Simili esempi sono presenti nei capitoli che analizzano il mercato e il cambiamento climatico, ma Friedman insiste molto sui casi in cui le tre forze interagiscono tra di loro. Quando questo avviene, gli effetti sono moltiplicati esponenzialmente, con risultati spesso imprevedibili. Per esempio, mentre il cambiamento climatico sta distruggendo i raccolti in Niger, milioni di bambini e adulti che normalmente morirebbero vengono salvati dai progressi della scienza medica.

 

 

Il risultato è che l’attuale popolazione di 19 milioni raggiungerà i 72 milioni nel 2050. E la maggior parte di questi saranno affamati e disoccupati. Per fare un altro esempio, la dipendenza del mercato dalla tecnologia lo ha reso estremamente esposto a manipolazioni. Mentre un tempo gli speculatori dovevano coordinarsi, oggi un 36enne può causare il crollo del 9 per cento dell’indice Dow Jones, senza muoversi dal seminterrato di casa. Lo stesso Friedman offre un esempio personale: nel 1978, quando si trovava a Londra e doveva mandare un pezzo alla redazione negli Stati Uniti, doveva trovare una cabina telefonica libera, fare il pieno di gettoni e dettare l’articolo, spendendo un capitale in tempo e denaro. Oggi invece può scrivere una colonna per il Nyt dal profondo dell’Africa, e inviarla per email sapendo che sarà ricevuta subito, pubblicata sul sito in pochi minuti, e poi letta in qualsiasi posto del mondo. Allo stesso tempo, scrivendo il libro, Friedman ha dovuto intervistare le stesse persone due volte, perché nell’arco dei due anni e mezzo che ha impiegato a completare le sue ricerche, molte delle informazioni originali erano obsolete. Il titolo, “Thank you for being late” è un riflesso del desiderio di avere qualche minuto inaspettato di quiete, e proviene da un’altra esperienza personale di Friedman: era stato il commento spontaneo fatto a un amico che era arrivato con un paio di minuti di ritardo a un appuntamento.

Leggendo il libro si comprende la sensazione di spaesamento che hanno così tante persone, ma si scopre che non tutti cambiamenti sono negativi. I tempi di reazione dell’umanità sono più rapidi: ci vogliono ora solo 10-15 anni per abituarci al tipo di cambiamenti tecnologici che un tempo venivano assorbiti nel corso di un paio di generazioni. Il problema è che la “supernova” dell’innovazione avanza con maggiore celerità, e i governi hanno problemi ancora maggiori ad adattarsi a questi cambiamenti. Il libro non offre soluzioni miracolose o ricette magiche, ma una spiegazione chiara e razionale ai problemi del mondo. Capendo questi problemi, argomenta Friedman, e diffondendo questa conoscenza, si hanno ottime possibilità di trovare soluzioni che portino prosperità a tutti.