Medium vuole salvarci dalle cattive news e licenzia in grande
La piattaforma cambia la sua strategia di business e rinuncia a ogni progetto di espansione
Roma. Medium, la piattaforma di pubblicazione online fondata da Ev Williams, vecchia conoscenza della Silicon Valley cofondatore di Blogger e di Twitter, ha appena concluso il suo miglior anno di sempre. Lettori e contenuti aumentati del 300 per cento su base annuale, uffici a Washington e a New York in espansione, un’influenza ormai stabilita e riconosciuta non solo negli Stati Uniti. Medium è diventato una delle piattaforme di riferimento della politica americana e non, la Casa Bianca pubblica sul sito di Williams comunicati importanti e fotografie, le campagne elettorali di Clinton e Trump ne hanno fatto uso massiccio, e ormai è facile che il pezzo d’opinione più importante della giornata sia ospitato dalla piattaforma. I più importanti giornali d’America hanno iniziato con Medium lucrose collaborazioni basate sul “native advertising”. Dopo un anno così, l’annuncio fatto mercoledì notte da Williams è sembrato quasi impossibile: Medium cambia la sua strategia di business, rinuncia a ogni progetto di espansione, elimina le sue collaborazioni sul native advertising, chiude le sedi di New York e Washington e soprattutto licenzia cinquanta dipendenti, circa un terzo della forza lavoro totale. Nel gergo della Silicon Valley, una mossa così si chiama “pivot”, un cambio completo e radicale di strategia, e di solito è l’ultima sterzata disperata di una startup in crisi che si sta per schiantare per mancanza di soldi o di idee.
Il quadro, almeno apparentemente, non sembra attagliarsi a Medium, che pur non essendo una compagnia quotata – è dunque impossibile sapere con certezza i suoi risultati fiscali – sembra relativamente solida e soprattutto finora ha dato segni decisi d’espansione e buona salute. Williams è il primo a negare la crisi, e nel suo post dà una spiegazione idealista di tagli e licenziamenti: vogliamo concentrare le nostre energie, finanziarie e non solo, per cambiare radicalmente il modo di fare editoria su internet. Da anni giornalisti, editori e siti di news di tutto il mondo sono impegnati nella ricerca cavalleresca del sacro Graal dell’informazione: un modello di business che renda sostenibile i media su internet. In molti pensavano di averlo trovato in siti come BuzzFeed, che fanno dell’ottimizzazione social e del click baiting (le tecniche attira-click, come titoli esagerati e foto di cuccioli) un’arte. Ma questo modello ha un problema: basare le proprie fortune sulle entrate pubblicitarie, e dunque sui click, squalifica la qualità dei contenuti in favore della viralità. Alcune delle migliori riflessioni sull’incompatibilità tra qualità informativa e un modello di business online basato sulla pubblicità sono state scritte proprio su Medium, e sembra che siano arrivate sotto gli occhi di Williams, che ha deciso: serve un nuovo modello, non solo per Medium ma per tutto il mondo della produzione di contenuti online.
L’intento è nobile, ed è condiviso dalle migliori menti del giornalismo mondiale, che sanno che il futuro è almeno in parte nel web ma non hanno ancora capito come guadagnarci il pane. Williams ha già rivoluzionato il mondo della pubblicazione due volte, prima con Blogger (la prima piattaforma per blog – ricordate i blog?) e poi con Twitter, e sembra un buon candidato per riuscire nell’impresa. Ma per ora agli intenti si accompagnano poche proposte. Lo stesso Williams scrive di non essere sicuro di quale strada intraprendere, l’idea è quella di diventare più piccoli e concentrati per fare le cose per bene, ma qualche malalingua insinua già che la grande visione di Williams sia soltanto un paravento per ridimensionare una compagnia che è cresciuta troppo in fretta, come hanno detto alcune fonti al sito ReCode. Altri immaginano un modello su abbonamento, idea non esattamente nuova. A voler credere a Williams, la decisione di far cambiare radicalmente strategia a una compagnia sana e in crescita è una delle più coraggiose degli ultimi anni.