Sull'onda del vintage, la Kodak torna di moda
L'azienda è riuscita a uscire dalla procedura fallimentare e si è riposizionata sul mercato. Tornerà a produrre la pellicola per il cinema e la fotografia
Dopo il vinile, torna la Kodak. Il disco in Pvc, per la verità, è di nuovo di moda da tempo: nel 2016 il mercato nel Regno Unito è cresciuto di un 56,4 per cento che ha superato le vendite dei download digitali, mentre in Italia l’unica azienda rimasta a stampare 33 giri ha triplicato il business in tre anni. Sull’onda dei dischi hanno iniziato a venire cercate su eBay e Amazon le fonovaligie. Nel 2015 sono stati rimessi in vendita i walkman – anche se col formato digitale al posto delle cassette – e da un po’ di tempo circola anche la voce di tenere da conto i vecchi Vhs. Presto, si sussurra, potrebbero essere contesi dai collezionisti al costo di centinaia o addirittura migliaia di euro. Ovviamente si parla anche della ripresa dei libri di carta rispetto agli eReader, sebbene in realtà in questo campo l’eclisse della tradizione non sia mai stata altrettanto devastante.
La Kodak, invece, il 19 gennaio ha appena celebrato i cinque anni dall’avvio della sua procedura fallimentare. Più grande produttore al mondo di pellicole per macchine fotografiche e cineprese, la multinazionale statunitense era morente sotto i colpi degli smartphone e delle fotocamere digitali. Ma già nel 2013 è riuscita a uscire dalla procedura. Mantenuto il marchio nella società rinnovata, l’azienda si è riposizionata sul mercato, e adesso ha annunciato che entro il quarto trimestre del 2017 tornerà a produrre la pellicola Kodak Ektachrome: sia per il cinema, sia per applicazioni di fotografia.
“Sai cos’è il paparazzo? Un animale con la Kodak!”, era una nota freddura italiana. George Eastman, inventore del marchio, raccontava invece di aver battezzato il suo marchio a quel modo “perché era un nome breve, vigoroso, facile da pronunciare”, e, soprattutto, “per soddisfare le leggi sui marchi depositati”: ma in inglese “non significava nulla”. Inoltre la lettera K, all’inizio e alla fine, gli sembrava che desse un’impressione di “incisività e di forza”. Comunque, anche senza la possibilità di giochi di parole, il marchio Kodak è rimasto legato a una quantità di frasi memorabili. “Voi premete il pulsante, noi facciamo il resto”, fu lo slogan con cui Eastman promosse nel 1888 la prima fotocamera destinata ad essere usata anche da non professionisti. Appena sette anni dopo, il “Viaggiatore del Tempo” protagonista del capolavoro seminale della fantascienza “The Time Machine” di Herbert George Wells rimpiange di non essersene portata una al seguito nel mondo pericoloso dell’anno 802.701. “Se avessi almeno pensato a una Kodak, avrei potuto in un attimo fotografare la momentanea visione di quel mondo sotterraneo che più tardi avrei esaminato a mio agio”. “Kodak moment” è anche un’espressione che in inglese è diventata quasi standard, per indicare un momento destinato a essere celebrato per la posterità. Tra fine anni ’80 e inizio anni ’90, proprio mentre finiva la Prima Repubblica, in Italia era martellante la pubblicità dell’alieno-nanetto Ciribirì, che sull’aria dell’omonimo valzer in un’atmosfera vagamente Blade Runner tornava al suo pianeta facendo vedere le foto che aveva fatto realizzare in carta Kodak. “Ciribì! Ciribì? Ciribau…, Ciribau, Kodak? Ciribiribì, Kodak!”. “Ho capito, ho capito, carta Kodak”, ripeteva il negoziante assalito da un’orda di altri nanetti extraterrestri.
Tipico self-made man americano, George Eastman era nato a Waterville nello stato di New York il 12 luglio 1854 in una fattoria, ed era un autodidatta. Rovesci economici familiari lo avevano costretto a lasciare lo studio per il lavoro fin da piccolo, ma aveva continuato a praticare l’hobby della fotografia: a 24 anni mise a punto la preparazione di lastre secche alla gelatina-bromuro; a trent’anni brevettò la sua prima pellicola fotografica trasparente, fondando la Eastman Dry Plate Co. e la Film Co. per produrla; e a 34 realizzò la macchina fotografica che appunto fu la prima disegnata appositamente per pellicole, e che rivoluzionò il mondo della fotografia, mettendolo alla portata anche dei dilettanti, e rendendo possibile anche l’invenzione del cinema. Attivo filantropo, morì suicida a 78 anni, per via di una malattia degenerativa ereditaria che gli aveva reso l’ultimo periodo della vita particolarmente penoso. “Ai miei amici: il mio lavoro è compiuto. Perché attendere?”, lasciò scritto prima di spararsi. A quell’epoca la sua ricchezza ammontava a un seicentoundicesimo del Pil Usa. Nel 1976 la Kodak deteneva una quota di mercato equivalente al 90 per cento di tutta la pellicola fotografica venduta negli Stati Uniti. Ma il 2012 era iniziato con la società che cercava di ottenere un prestito da un miliardo di dollari, per superare il periodo del Chapter 11 operando in normalità, ed evitando la bancarotta.
“Stiamo assistendo a una vasta recrudescenza di entusiasmo per la cattura delle immagini sulla pellicola. Kodak si impegna a continuare a produrre film come un mezzo insostituibile per creatori di immagini per catturare la loro visione artistica”, spiega ora Steven Overman: chief marketing officer e presidente della Divisione Consumer e Film. “ Siamo orgogliosi di contribuire a riportare questo classico”. Ektachrome sarà prodotto proprio nello storico stabilimento di Rochester, N. Y.. Vicino a quel Kodak Park dove è seppellito il corpo di Eastman: secondo una leggenda, ancora intatto per via di tutte le sostanze chimiche che la fabbrica avrebbe depositato sul terreno.