Caro Google, se sei serio taglia la pubblicità al blog di Beppe Grillo
Dopo la polemica sul sito di Messora "vittima" della battaglia contro le fake news una proposta per rendere AdSense un sistema virtuoso e severo
Roma. Caro Google, mostraci che sei serio nella tua decisione di eliminare gli incentivi economici alla diffusione di bufale e notizie false, e taglia la testa del pesce che marcisce. Veniamo ai fatti, per chi se li fosse persi. Venerdì scorso Google ha fatto di Claudio Messora, titolare del blog Byoblu ed ex consulente del Movimento cinque stelle, la prima vittima italiana di un qualche rilievo della sua guerra contro le fake news. Byoblu, si desume dal resoconto che ne ha dato lo stesso Messora, è stato penalizzato economicamente perché non rispetterebbe la policy di Google sui “contenuti ingannevoli”, e farebbe parte di quei siti “sospettati di ingannare gli utenti, compresi alcuni che simulavano siti di notizie”. Per questo, Google ha deciso in maniera unilaterale di disattivare la pubblicazione di annunci del sistema AdSense sul sito Byoblu, tagliando fuori Messora dal più grande circuito pubblicitario online del mondo.
Messora ha rigettato le accuse e ha protestato, subito ripreso dal blog di Beppe Grillo. Ha parlato di un “attacco all’informazione libera e indipendente” e ha detto che Google è in combutta con i poteri forti per mettere il bavaglio al suo diritto di esprimersi liberamente. Negli ultimi giorni la discussione si è incentrata così sulla natura bufalara o no del blog di Messora (il quale a volte pubblica contenuti di tipo complottista, da Erdogan “capo occulto dell’Isis” all’attacco di Parigi che sarebbe un “false flag”, ma sempre con cautela e facendo attenzione a metterli in bocca a “esperti” e terze parti) e sulla censura presunta operata da Google (che non è una censura: Google non impedisce a Byoblu di continuare a pubblicare, smette semplicemente di concedergli l’accesso al suo circuito pubblicitario). Questa discussione manca il punto, e cioè che il blog di Messora è un pesce piccolo, piccolissimo se paragonato ai titani della galassia complottarda italiana, e la decisione di penalizzarlo puzza terribilmente di misura spot, sembra un tentativo di mettere una pezza allo scandalo delle fake news sperando che l’indignazione finisca in fretta.
Per questo, caro Google, se sei serio per davvero contro le fake news non prendertela con il blog di Messora: taglia la pubblicità online dal blog di Beppe Grillo e dalla galassia di siti della Casaleggio Associati, da La Fucina a Tzetze a La Cosa. Loro sì che sono bufalari in chief e conclamati, decine di inchieste giornalistiche e non solo lo hanno confermato. Soprattutto, hanno una diffusione che Messora nemmeno si sogna, e contribuiscono più di ogni altro in Italia alla diffusione di fake. Ma non fermarti qui. Se vuoi davvero togliere incentivi economici alle bufale, taglia la pubblicità da tutti i grandi siti che diffondono falsità a destra e a sinistra, dai migranti negli alberghi al neoliberismo che uccide, rivedi i contratti lucrosi con i siti dei giornali mainstream, riforma la tua piattaforma di blog. Fai di AdSense un sistema virtuoso e severo basato sulla qualità e non sul numero di clic, e allora sì che potremo parlare di guerra contro le fake news.
Se questo non è possibile – è evidente – è perché l’intera architettura dei siti di servizi digitali della Silicon Valley, da Google a Facebook in giù, è basata sul numero di clic, sulla viralità, sull’engagement. Per Google, togliere AdSense da un sito è un’operazione in perdita, perché i guadagni (parlando rozzamente) sono calcolati sul numero di clic. A togliere gli annunci dal sito di Messora si perde poco, ma a toglierli dai siti della galassia grillina, con i loro milioni di contatti, si perde moltissimo – e si ottiene in cambio una serie di mal di testa politici. La decisione di colpire Byoblu dovrebbe essere un segnale di buona volontà nella lotta contro le fake news, ma in realtà è il contrario: è la dimostrazione del fatto che finché il mercato della pubblicità su internet – cioè il mercato dei servizi e dei contenuti online quasi nella sua totalità – sarà dominato da un duopolio composto da Google e Facebook che basa il suo intero business sui clic (89,9 per cento delle entrate di Google, 95 per cento delle entrate di Facebook), le fake news non si potranno battere. Se Google e Facebook prendessero provvedimenti seri contro le bufale non solo danneggerebbero loro stessi, ma al tempo stesso metterebbero a nudo la loro natura di monopolio capace di definire con certezza quasi assoluta la vita e la morte di un sito internet. Diventerebbero davvero i censori della pubblicazione online, e questo non conviene a nessuno.