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Tutti i numeri su Uber (che ultimamente non sta troppo bene)

David Allegranti

Continua il momento no dell’azienda di San Francisco che perde anche il suo presidente Jeff Jones: "Valori e idee diverse"

Il presidente di Uber Jeff Jones ha lasciato la società californiana dopo meno di un anno. In una nota pubblicata da Recode, Jones ha spiegato che "è ormai chiaro che i valori e l’idea di leadership che hanno caratterizzato la mia carriera non sono allineati con quello che ho visto e sperimentato in Uber. Non posso continuare a vestire i panni di presidente del business ride sharing". Non è il primo problema che la società di San Francisco si trova ad affrontare nelle ultime settimane. Di seguito qualche numero (non solo) per capire qualcosa in più su Uber.

 


 

15 miliardi - Dal 2009, anno di nascita, a oggi, Uber ha raccolto 15 miliardi di dollari. Solo nel giugno del 2016 ne ha raccolti 2,5 dal fondo saudita Leverage-Loan Market. “Non avendo asset – scrive Antonio Belloni nel suo ‘Uberization. Il potere globale della disintermediazione: cosa fare perché uno strumento utile non diventi un’ideologia’, appena uscito per Egea – Uber è protagonista di un’espansione commerciale che non assorbe liquidità per l’acquisto di auto: non essendone proprietaria, non ha costi marginali per aggiungere un mezzo o un autista alla sua flotta. La continua raccolta di denaro quindi sembra essere votata unicamente a soddisfare la necessità di acquisire quote di mercato in nuovi paesi”.

 


 

250 - A inizio del 2015, Uber era presente in 250 città; il 18 luglio 2016 in 450; nel settembre 2016 il sito della società contava 507 città. Così, Uber è diventato qualcosa di più di un’alternativa ai taxi. E’ diventato un modello che va oltre i trasporti. “Dal punto di vista strettamente aziendale, per prima cosa, sono molti gli elementi che rendono Uber oggetto di osservazione e spunto di riflessione – e anche di critica per molti settori e modelli d’impresa, anche differenti; alcuni di questi riguardano la flessibilità del lavoro, l’attitudine all’efficienza e la propensione a ottimizzare l’impiego delle risorse, la capacità di connessione immediata con i clienti, il non essere proprietaria degli asset utilizzati, lo sfruttamento efficace dei dati raccolti, il costo marginale orario che non varia, il ricorso a pratiche concorrenziali piuttosto aggressive”.

 


 

2,5 miliardi - Nel 2009 le app scaricate su mobile sono state circa 2,5 miliardi e si calcola che saranno 268 miliardi nel 2017. Il numero di persone che hanno utilizzato almeno una volta i servizi assimilabili a quello di Uber, negli Stati Uniti, è del 72 per cento. “Si registra un trend di diffusione da capogiro in paesi come l’Egitto, la Cina e l’India”.

 


 

90 per cento - Uber ha dato il via a nuove forme di democrazia economica, che concede la possibilità di diventare tutti imprenditori. Negli Stati Uniti, il 90 per cento dei Millennials riconoscere l’imprenditorialità come una mentalità e il 60 per cento si considera un imprenditore. “L’impresa, non il vecchio West o l’Oro del Klondike o il lavoro a New York, è dunque il nuovo sogno americano di riscossa. L’imprenditorialità, una nuova intrapresa, una piccola attività aiuta persone e famiglie ad avere successo”. Lo disse anche Obama in visita a Stanford: fare impresa “rafforza le persone che fino a quel momento sono state chiuse fuori dall’ordine sociale”.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.