Sui social guardiamo solo le immagini. E Facebook prova a catalogarle
Il report Trends 2017 del GlobalWebIndex rivela che un terzo degli utenti usa i social network principalmente per condividere contenuti grafici. Ed entro cinque anni l'azienda di Palo Alto sarà ‘all video’
Al giorno d’oggi immaginare un social network privo di immagini e video equivale a pensare un mondo senza colori. Di fatto tutte le piattaforme sociali offrono la possibilità di condividere foto e filmati, e addirittura alcune di esse basano la proprio fortuna proprio su questa caratteristica. Il report Trends 2017 del GlobalWebIndex rivela che un terzo degli utenti usa i social network principalmente per condividere contenuti grafici. Nella stessa indagine si legge che quasi la metà degli under 24 e più di un quarto dei giovani tra i 25 e 34 anni accede ad internet unicamente attraverso uno smartphone. Ma il fatto di avere una fotocamera sempre a disposizione spiega solo in parte l’esplosione di Instagram, che oggi conta seicento milioni di utenti (il doppio rispetto a dicembre 2014), e Snapchat, sempre più diffuso tra i giovanissimi. Dietro al lento declino di Twitter c’è il fatto che l’utente medio ormai predilige un tipo di comunicazione content based, e perciò a forte impatto visivo, rispetto alla semplice dimensione testuale.
Orientarsi nel mare di contenuti sta dunque diventando una priorità. Per ovviare alla mancanza di una funzione che permetta di ricercare immagini e filmati, gli sviluppatori di Facebook hanno realizzato un sistema basato sull’intelligenza artificiale in grado di riconoscere i contenuti delle singole immagini postate, che opera attribuendo loro uno o più tag. Il funzionamento di questo sistema è sperimentabile da tutti semplicemente installando un’estensione per il proprio browser e selezionando la lingua inglese nelle impostazioni del social network. Le immagini della timeline si arricchiranno di una finestrella con i relativi tag:
Per adesso le parole chiave sono piuttosto semplici e in alcuni casi il riconoscimento è approssimativo, ma il grado di precisione è ovviamente destinato a migliorare.
Ma Palo Alto non si ferma qui. L’accelerazione impressa da Facebook in materia di contenuti video e in particolare sulla diretta ‘live’ testimonia la volontà dell’azienda di scommettere su questo strumento. Nicola Mendelsohn, vice presidente per l’Europa, Medio Oriente e Africa, ha di recente dichiarato che entro cinque anni Facebook sarà ‘all video’, cioè totalmente basato sui video. Una previsione basata su dati concreti: oggi il 93% degli utenti internet cerca e guarda contenuti video nella rete e metà degli utenti Facebook ha visualizzato almeno un video nell’ultimo mese. Questo è il motivo per cui l’azienda è intenzionata ad estendere il riconoscimento attraverso i tag anche ai filmati, e in particolare alle dirette video: se così fosse basterà digitare una parola chiave per accedere a tutti i live attinenti a quell’argomento. L’annuncio ufficiale è stato dato alla convention 2016 degli sviluppatori da Joaquin Quinonero Candela, capo della divisione Machine Learning. I piani prevedono che l’intelligenza artificiale scandagli ogni contenuto postato in tempo reale, una vera e propria cabina di regia, o se preferite un Big Brother sempre in azione per comprendere e filtrare ciò che accade.
Questa metamorfosi rivela il passaggio di Facebook da semplice repository di informazioni a vero e proprio broadcaster, ma d’altro canto apre tutta una serie di interrogativi, alcuni dei quali piuttosto inquietanti. Attribuire un tag ad ogni contenuto postato consentirebbe di classificare gli utenti in base a comportamenti, ad esempio religiosi, amplificando l’esposizione di dati sensibili oppure addirittura contribuendo a rinforzare bias relazionali. E’ noto che l’utilizzo dei social media altera la nostra percezione degli altri e l’altrui percezione di noi. Di questo, per fortuna, si è già coscienti: il 78% dei giovani americani dichiara che quando stanno sui social le persone sono meno autentiche rispetto alla vita reale.
Ma c’è anche chi legge questo interesse per le immagini e i video – e i relativi investimenti milionari nel campo dell’intelligenza artificiale – in chiave distopica. Solo qualche giorno fa un gruppo di scienziati della Rutgers University del New Jersey ha annunciato di aver realizzato un algoritmo per rimuovere la pioggia o la neve dalla immagini. In caso di precipitazioni infatti la qualità delle foto diminuisce a tal punto dal renderle inutilizzabili per futuri usi. Nell’incipit del paper si legge che “la combinazione imprevedibile di illuminazione, rumore di fondo e precipitazioni peggiorano le performance degli algoritmi della visione che consentono il riconoscimento, la classificazione e la localizzazione delle immagini”. Secondo i più pessimisti un ulteriore, deciso passo in avanti verso un mondo nel quale ognuno di noi sarà classificato, monitorato e rintracciabile.
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