La Silicon Valley dei maschi disruptor ha trovato la sua zarina un po' mamma: Arianna
Dopo il disastro Uber e le dimissioni di Travis Kalanick, la fondatrice dell’Huffington Post è diventata una figura chiave nella compagnia
Roma. Quando, martedì della settimana scorsa, due dei principali investitori di Uber si sono presentati alla porta della stanza d’albergo del ceo e fondatore Travis Kalanick chiedendo le sue dimissioni “entro la fine della giornata”, ha scritto il New York Times, lui ha chiamato come prima cosa Arianna Huffington. La Huffington è famosa per lo Huffington Post, il giornale online che porta il suo nome ed è diventato un brand internazionale, ma da quando ha lasciato la gestione del gruppo editoriale l’anno scorso il suo tempo si divide tra due attività principali: Thrive Global, la società di prodotti per il benessere personale, e il consiglio di amministrazione di Uber, in cui Huffington è entrata nell’aprile dell’anno scorso.
Inizialmente, l’ingresso di Huffington nel board di Uber era una questione di prestigio e rappresentanza. Huffington è un’imprenditrice seriale di successo, ben connessa e donna, tutte caratteristiche che ne fanno un’eccellente consigliera d’amministrazione, ma niente di più. Poi è scoppiata la più grave crisi autoinflitta che abbia mai colpito una società della Silicon Valley. Uber è stata quasi disintegrata dalle accuse di sessismo e molestie lanciate da una serie di ex dipendenti e dalle pessime performance etiche dell’azienda e del suo ceo, colpevole di aver maltrattato i dipendenti, sabotato la concorrenza e aver favorito il diffondersi una cultura aziendale tossica. Così, le caratteristiche di Huffington (specialmente l’ultima citata: l’essere donna) sono diventate improvvisamente fondamentali. In pubblico, l’imprenditrice è diventata il volto e la portavoce non ufficiale di Uber, quella a cui i giornalisti si rivolgevano quando volevano capire cosa stava succedendo nell’azienda. In privato è emerso sempre di più il suo ruolo di amica, mentore e confidente del giovane Kalanick, che in più di occasioni nel corso della crisi aziendale ha fatto affidamento ai suoi consigli e l’ha trattata come l’alleata più fedele.
Huffington ha difeso Kalanick fino agli ultimissimi giorni. Ancora a marzo, a scandalo già esploso, lei diceva che il problema del sessismo non era “sistemico” in Uber (lo era). A metà di questo mese, ancora sosteneva che Kalanick non avrebbe dovuto andarsene. E nel corso delle settimane che hanno preceduto le dimissioni è stata la più attiva nel cercare di mettere pezze alla situazione, parlando con centinaia di dipendenti di Uber e convincendo Bozoma Saint John, giovane dirigente in ascesa di Apple, a passare a Uber come direttrice del brand, un posto creato ad hoc per lei. Il suo ruolo di intoccabile e di nuovo volto dell’azienda si è consolidato all’inizio di giugno, quando, durante una riunione del board, il collega David Bonderman ha fatto una battuta sessista dopo un’intervento di Huffington, e lei lo ha costretto alle dimissioni il giorno stesso.
Huffington con l'ex-sindaco di Londra Boris Johnson a New York (LaPresse)
La difesa di Kalanick è continuata fino alla telefonata più importante, quella di due martedì fa, quando il fondatore di Uber ha chiesto a Huffington se davvero doveva dimettersi dalla compagnia a cui aveva dato tutto se stesso negli ultimi otto anni. Lei ha risposto che la proposta (quella di dimettersi avanzata dai due investitori) meritava di essere considerata, come per dire: è ora. Kalanick si è dimesso, e così Huffington è diventata improvvisamente la persona più riconoscibile e celebre dentro a Uber.
Da potenza assoluta nel mondo dei media, nel giro di un anno Arianna Huffington è diventata una delle donne più importanti della Silicon Valley. Questo non solo perché attualmente gestisce la transizione di Uber, ma anche perché la società sta cercando un nuovo ceo per sostituire Kalanick, e sembra evidente che la scelta debba ricadere su una donna. E’ stata citata Marissa Mayer, ma dopo la liquidazione di Yahoo i suoi ammiratori sono molto scarsi. Pare che Uber abbia cercato Sheryl Sandberg, potentissimo manager operativo di Facebook, ma è difficile che la Sandberg si muova dalla destra di Zuckerberg. E così molti occhi si sono posati proprio su Huffington. Lei nega, ovviamente, ma anche se alla fine non accetterà la carica sembra che la Valley abbia trovato una nuova zarina.