La guerra dello streaming tra la Silicon Valley e Hollywood entra nel vivo
Apple, Netflix e Facebook contro Disney e co.
Roma. Da tempo si insiste sul fatto che la Silicon Valley sta per invadere Hollywood. Poi quando succede è estate, sono tutti in vacanza, e quasi nessuno se ne accorge. Ma a mettere insieme tutte le cose successe negli ultimi dieci giorni, si capisce che nel mondo della produzione di contenuti video, quello dei film e delle serie tv, è in corso un cambio di paradigma. L’ultima notizia, data ieri dal Wall Street Journal, è che Apple ha deciso di fare la sua mossa. Secondo fonti del Journal, Apple ha stanziato la somma non male di un miliardo di dollari per produrre film e serie tv l’anno prossimo. La strategia era nota da tempo: a giugno Apple ha soffiato a Sony Pictures due dei suoi più talentuosi dirigenti, Jamie Erlicht e Zack Van Amburg, veterani di Hollywood che avranno la responsabilità di gestire il nuovo budget. Più in generale, la società di Cupertino da tempo tenta una transizione del suo core business dall’hardware (l’iPhone) ai servizi come i video e la musica.
Il budget di Apple non è enorme per gli standard del settore. Una rete tradizionale come Hbo, che produce tra gli altri “Game of Thrones”, per quest’anno ha stanziato due miliardi di dollari. Secondo una stima di JP Morgan, Amazon Prime video, che ha iniziato la sua attività nel 2014, quest’anno spenderà 4,5 miliardi per film e serie tv originali. E il budget annuale di Netflix, leader indiscusso dello streaming, è di ben 6 miliardi nel 2017.
Proprio Netflix si è mossa più di ogni altri negli ultimi giorni. Ha fatto una serie di annunci sensazionali, coinvolgendo grandi nomi del mondo dello spettacolo: tra la fine di luglio e oggi, ha detto di aver assoldato Matt Groening (il creatore dei Simpson) per una nuova serie animata, David Letterman per un talk show, i fratelli Coen per dirigere una serie tv e Shonda Rhimes (la sceneggiatrice di “Grey’s Anatomy” e “Scandal”, tra le altre cose) per un contratto pluriennale che consentirà a Netflix di produrre tutto il nuovo materiale della scrittrice. Netflix ha bisogno di nomi di punta anche perché la sua ultima ondata di annunci è stata oscurata dalla notizia che Disney, una delle “Big Six” di Hollywood (la più grande di tutte) toglierà i suoi film dal servizio di streaming (con il quale aveva raggiunto un accordo nel 2012) per creare il suo canale digitale in stile Netflix. La notizia è grossa perché Disney ha una potenza di fuoco e un budget eccezionali, oltre al ben noto business dell’animazione gestisce marchi famosi come Marvel (quella dei film dei supereroi), possiede la rete televisiva generalista Abc e il network sportivo Espn. Disney potrebbe diventare il più formidabile concorrente di Netflix, e questo significherebbe la riscossa della vecchia Hollywood, ma dal settore Silicon Valley a complicare i giochi ci si mette anche Facebook.
Proprio in questi giorni la compagnia di Mark Zuckerberg ha annunciato il suo servizio video, Watch. Per ora Watch assomiglia più a YouTube che a Netflix: video brevi e poco sceneggiati, con temi che spaziano più sulla cucina e sul baseball che su grandi drammi e ricostruzioni storiche. Ma il semplice fatto che un gigante come Facebook abbia iniziato a produrre contenuti video originali deve terrorizzare Hollywood. Zuckerberg può contare su una base di utenti che ormai ha superato i due miliardi e ha già dato dimostrazione di poter inglobare interi business senza troppa fatica.
Così tanti movimenti strategici da così tanti attori fondamentali in così pochi giorni si vedono raramente in un business che fino a qualche anno fa sembrava appannaggio esclusivo di pochissime case di produzione. In questo senso, l’ingresso della Silicon Valley nel settore dei film e delle serie tv ha dato a Hollywood un dinamismo inaspettato. La mossa di Disney contro Netflix mostra che le major hanno deciso di combattere le aziende tech nel loro stesso campo, e viceversa: Hollywood costruisce grandi piattaforme tech per lo streaming e la Silicon Valley investe in contenuti di qualità. Hollywood ha mostrato una resilienza alla disruption che altri (vedi i tassisti e e gli albergatori, per citare i casi classici) non hanno avuto. Ma in questi giorni i giganti tech hanno cambiato ritmo.