Perché Facebook sta perdendo la sua guerra alle fake news
Lo spiega l'Università di Yale che con un sondaggio ha dimostrato che solo il 3,7 per cento degli utenti tende a giudicare falsa una notizia bollata come discutibile
Etichettare le fake news su Facebook non serve, o meglio non funziona, secondo uno studio dell’Università di Yale. Il social network aveva affidato a una compagnia di fact-checker il compito di controllare le notizie che vengono diffuse sulla piattaforma e di bollarle come “disputed”, controverse, nel caso siano da ritenere false. Buono l’impegno, ma secondo Yale non funziona.
L’università americana ha fatto un sondaggio prendendo un campione di 7.500 persone, studenti che dall’iniziativa del social network hanno tratto “poco beneficio”. L’esistenza di notizie “disputed” ha poco impatto sugli utenti, solo il 3,7 per cento tende a giudicare davvero falsa una notizia taggata come discutibile. Lo studio ha dimostrato come alcuni gruppi composti da sostenitori di Trump e con un'età compresa tra i 18 e i 26 anni, trovando un tag che identifica una notizia come falsa, tenderebbe a crederla vera con maggior convinzione.
L’intenzione di Facebook era quella di fornire ai suoi utenti degli strumenti per tutelarsi, ma la mole di notizie false che inonda i social media è talmente grande che la compagnia di fact-checker ingaggiata dal colosso di Menlo Park non riesce a collaborare e a coordinarsi con altri gruppi di controllo come Politifact, FactCheck.org e Snopes.com. Quindi, mentre una parte delle notizie continua comunque a sfuggire alla verifica, un’altra contribuisce a ingrossare le schiere dei tifosi di Trump, sostenitori delle teorie complottiste che nel tag “disputed” sono portati a leggere una garanzia di verità. Facebook ha subito risposto allo studio e ha messo in discussione la metodologia dei ricercatori di Yale, sottolineando come il controllo dei fatti sia solo uno dei tanti sforzi che il social network porta avanti contro la diffusione di notizie false.
I social netwok per ora sono rimasti intrappolati nella loro stessa rete e Zuckerberg non riesce ancora a liberarsi dall’accusa di avere aiutato, inconsapevolmente, la campagna elettorale di Trump.