Così Google va in soccorso degli editori
Il colosso di Mountain View ha deciso di cambiare le regole e di introdurre un accesso flessibile ai contenuti a pagamento
Richard Gingras, vicepresidente di Google News, ha avvertito che Mountain View seguirà l’esempio di Facebook e offrirà agli editori la possibilità di ampliare la vendita degli abbonamenti. Nel 2009 era stata introdotta la norma del “First Click Free” che chiedeva alle testate di fornire attraverso Google News almeno tre articoli gratuiti al giorno prima di mostrare al lettore il paywall. Nei prossimi giorni, spiega Gingras, gli editori avranno la possibilità di scegliere da soli il numero dei pezzi da immettere nel motore di ricerca gratuitamente prima di mostrare l’opzione paywall.
Quello di Google è un passo molto importante, una mano tesa agli editori, ai quali verrà offerta anche l’opportunità di conoscere meglio i lettori. Google cederà gli strumenti di machine learning, l’insieme di tecniche di filtraggio adattivo e gli algoritmi, che consentiranno di raggruppare i lettori in base a quanto sono propensi ad entrare nell’area paywall. Mountain View non ha fornito ulteriori notizie su quali informazioni relative alle abitudini di lettura degli utenti che accedono alle news intende cedere, però ha anticipato che offrirà gratuitamente agli editori l’opportunità di usare il proprio sistema di pagamento per velocizzare l’acquisto. Verrà introdotta anche una novità sulla gerarchia delle notizie sul motore di ricerca. Se un lettore è abbonato a un giornale, Google darà più spazio agli articoli ai quali si è già abbonati.
“Per aiutare le persone ad abbonarsi a una testata con un solo click, Google mette a disposizione tutte le proprie tecnologie”, fa sapere Mountain View. In sostanza se un utente deciderà di abbonarsi, Google potrà cedere le informazioni che ha acquisito attraverso Google Play per velocizzare tutte le operazioni di acquisto. Se il piano di Google piace alle testate potrebbe essere meno gradito agli utenti, dato che in tutti i nuovi propositi delle piattaforme digitali in ballo ci sono le “vite digitali”. Ed è proprio questo il problema, capire quali saranno i dati da sacrificare per le nuove mosse di Google.
“Abbiamo solo iniziato - scrive Gingras - e speriamo di ricevere presto qualche input da parte degli editori, grandi, piccoli, nazionali, locali, internazionali, per assicurarci di costruire soluzioni che funzionino per tutti”.