Così la Silicon Valley controlla la nostra sempre più scarsa attenzione
Guardiamo il nostro smartphone ogni undici minuti. Così si attiva la dopamina presente nel nostro cervello, esattamente come avviene per droga, sesso, alcool e cibo
Londra. Se avete uno smartphone è probabile che entro i prossimi 11 minuti gli darete un’occhiata. E’ possibile che il buio della vostra stanza, appena svegli, prima di dormire o in piena notte, venga rischiarato dall’accecante luce dello schermo. Nel mondo ci sono più telefoni cellulari che spazzolini da denti e le piattaforme “mobile” hanno conquistato ogni aspetto della quotidianità. Col telefono lavoriamo, leggiamo i giornali, guardiamo la tv, ascoltiamo la musica, compriamo cibo e vestiti, paghiamo le bollette, facciamo i bonifici. Un cambiamento radicale nello stile di vita e nel concetto stesso di “innovazione”, pur con effetti collaterali. L’utilizzo degli smartphone provoca, secondo lo studio “The Brain Drain” dell’Università di Chicago, un “asciugamento del cervello”: gli psicologi hanno riscontrato una limitazione della memoria di lavoro (a breve termine) e dell’intelligenza fluida (la capacità di risolvere problemi utilizzando strumenti logici nuovi). Questo accade poiché la nostra attenzione è focalizzata sugli stimoli ad alta priorità che arrivano dal nostro telefono. Mai capitato di sentire il cellulare suonare o vibrare quando in realtà nessuno vi sta contattando? Accade all’89 per cento delle persone. Una “continua attenzione parziale”, un paradosso che ci fa stare attaccati allo schermo, rendendoci più distratti. Un fenomeno di cui sono consapevoli i giganti della Silicon Valley che sull’attenzione risucchiata ci monetizzano.
Tristan Harris, “la cosa più vicina ad una coscienza” del distretto tecnologico di San Francisco, era “Design Ethicist” di Google. Ha lanciato un potente j’accuse a motori di ricerca e social media per il loro sfruttamento dell’attenzione altrui. I giganti del web, racconta Harris, studiano modi per massimizzare i profitti in base al tempo e alle interazioni degli utenti sulle proprie pagine. Siti e app sono costruiti per rimanerci agganciati. E’ l’Attention Economy, bellezza. Lo smartphone, per la sua accessibilità, è il suo strumento migliore. Il telefonino esalta il “pull to refresh” presente nei maggiori social network, per cui basta dare una ditata alla pagina per fare apparire nuove notizie: un meccanismo, basato su un sistema premiante, che placa il costante sentimento di noia nei momenti “morti” della vita quotidiana (spesso anche in quelli “vivi”). Basta un tocco per scatenare la curiosità, per “rinfrescare” la propria homepage e innescare la dopamina presente nel nostro cervello, esattamente come avviene per droga, sesso, alcool e cibo. Inizi rispondendo a un messaggio di quel lontano cugino e finisci due ore dopo a guardare video di cacatua che ballano Elvis. L’economia sta lentamente transitando su mobile, dai giornali ai marchi della moda. In due anni quasi cinque miliardi di persone accederanno a internet dal proprio cellulare. La Mobile Economy frutta 3,3 triliardi di dollari del pil globale. In un mondo in cui tutto è personalizzabile, anche gli algoritmi lo sono. Un rapporto interno di Facebook pubblicato quest’anno ha evidenziato che la compagnia riesce a individuare i profili da cui emerge un sentimento di insicurezza o insoddisfazione. Da Hacker Way si difendono dicendo che tali informazioni non vengono cedute ai pubblicitari.
Un esperimento su 700.000 persone realizzato dal social network tre anni fa ha strascichi distopici: evidenziando o nascondendo alcuni post nella home degli utenti, Facebook è stata in grado di creare sentimenti positivi o negativi. Un algoritmo e poche persone decidono cosa vedranno per diversi giorni decine di milioni di utenti. Secondo James Williams, ex stratega di Google è “la forma più grande, standardizzata e centralizzata di controllo dell’attenzione nella storia dell’umanità”. La politica se ne è accorta. Durante le ultime elezioni presidenziali un team del social network ha affiancato Repubblicani e Democratici, mentre Zuckerberg è già in campagna elettorale permanente, mascherando con implausibili smentite un attivismo frenetico. Il suo bacino di voti? Due miliardi di utenti che controllano le notifiche appena si svegliano, che guardano il telefonino ogni dieci minuti, sempre connessi, già agganciati. Alcuni, nella Silicon Valley, si stanno staccando da questo modello che fa comodo ai giganti del web, cercando di vivere in modo quasi eremitico. Ma tutti gli altri continuano a toccarsi lo smartphone, godendosi una distopia in cui stiamo già sguazzando.