Tokyo ha trovato la sua soluzione per la cura degli anziani
Con la popolazione che invecchia sempre di più serve un Baymax, il robot infermiere universale della Disney
Roma. Quando una popolazione invecchia, e la forza lavoro si fa sempre più scarsa a causa del calo delle nascite, uno dei problemi più urgenti della società diventa quello di trovare qualcuno che si occupi degli anziani. Se sei un paese come il Giappone, con il 26.7 per cento della popolazione over 65, il problema può diventare una questione nazionale: è difficile trovare badanti – anzi, caregiver, come si dice oggi – tra gli immigrati, visto che gli immigrati sono pochissimi, quasi quanto i nuovi nati. E un badante (ops, caregiver) deve conoscere la lingua, deve essere qualificato, e deve sapersi inserire nella vita quotidiana di una anziana signora giapponese, con le sue regole e la sua etichetta. Non è un particolare inutile: raccontando la sua esperienza personale, una giovane donna in carriera di Tokyo ci spiegava che era stata costretta a licenziare quasi subito la badante che aveva assunto per l’anziana mamma: la signora veniva considerata un’ospite dalla vispa novantaduenne, che quindi, invece di farsi curare cucinava, puliva, e stirava per due. C’è poi un’aggravante: secondo le proiezioni dell’Istituto per la Popolazione di Tokyo, l’aspettativa di vita nell’arcipelago sta aumentando visibilmente, negli anni Novanta ha superato gli 80 di media, e oggi è di 86,8 anni per le donne e 80,5 per gli uomini, in aumento. Ma gli stessi dati, confrontati con quelli dell’Organizzazione mondiale della Sanità, dicono che solo negli ultimi 8 anni e 8 mesi di vita i giapponesi, in media, hanno bisogno di assistenza e cure. Il resto degli anni sono completamente in salute, tanto che alcuni hanno sollevato il problema dell’età pensionabile, attualmente tra i 60 e i 65, chiedendo al governo di alzarla a 75. A oggi sono moltissimi i giapponesi che, subito dopo la pensione, si mettono a disposizione per aiutare i vecchi-vecchi, quelli dagli ottanta in su.
Il governo, in realtà, una soluzione ce l’avrebbe: i robot. Nel paese della tecnica e dell’ingegneria futuristica, l’obiettivo delle nuove tecnologie deve essere quello di aiutare la vita quotidiana. E allora ecco il robot caregiver. Il ministero dell’Economia di Tokyo, nel giugno scorso, ha rivisto ufficialmente le sue “priorità” di investimento, e ha deciso di investire sui progetti che riguardano robot, intelligenza artificiale e cura degli anziani. Si vuole arrivare a una macchina intelligente che sia in grado di fornire prestazioni infermieristiche, che controlli e monitori le persone con demenza, che spesso vivono da sole. In Europa esiste GiraffPlus, che dialoga a distanza tramite uno schermo con l’anziano autosufficiente, ma è giapponese Paro, per esempio, uno dei primi progetti per la cura degli anziani: una specie di foca di peluche che risponde alle stimolazioni e viene utilizzata per l’affettività; in effetti Paro non fa i bisogni, non abbaia, e soprattutto non muore. Lo scopo del governo giapponese è però che sia possibile anche un intervento diretto, per esempio tramite controllo remoto (una specie di robot drone) in caso di richiesta di assistenza: il robot, secondo le linee guida del ministero, deve poter aiutare negli spostamenti sia esterni sia interni, lavarsi e andare in bagno, in cucina. Riconoscere le varie emergenze (terremoto, tsunami, eccetera) e portare in salvo l’anziano. Ma l’obiettivo più a lungo termine non è quello di trasformare il robot-badante in una macchina automatizzata per fare dei movimenti che gli anziani non possono fare autonomamente: non deve essere un supporto, ma deve migliorare la qualità della vita, scrive il governo. Ecco perché la sola automazione è un aiuto, ma non basta: il robot-badante in futuro dovrà comunicare, magari giocare a go, essere antropomorfo. La ricerca è in pieno sviluppo, e non a caso quest’anno alla Ceatec Japan 2017, una fiera dell’invenzione e della tecnologia, c’erano moltissimi robottoni destinati all’assistenza agli anziani. Perché gli anziani sono tanti, e quindi sono pure un business. Cinquecento miliardi all’anno, più o meno. Il caso di studio è quello di Asahi: in Giappone nel 2016 15,432 anziani con demenza si sono persi. L’idea della multinazionale Asahi Soft Drinks Co. è quella di dotare ogni anziano a rischio di un braccialetto che venga riconosciuto dalle macchinette automatiche che vendono i drink, che in Giappone sono posizionate pressoché ovunque. Gli spostamenti vengono segnalati, e se l’anziano si perde, la macchinetta delle bibite chiama direttamente un taxi o un familiare.