Chi vuole superare l'umanità deve prima capire cosa significa essere umani
Il transumanesimo è un movimento sfaccettato ossessionato da un solo obiettivo: evitare la morte a ogni costo. Il libro "Essere una macchina” di Mark o’connell
Roma. Il transumanesimo è un movimento, appoggiato da migliaia di menti brillanti specie negli Stati Uniti, che si propone di superare l’essere umano mediante la tecnologia. Proposito nobile o diabolico – dipende dalle inclinazioni personali – che tuttavia si scontra con un problema insormontabile: non abbiamo ancora a disposizione una definizione funzionante di essere umano. Non sappiamo cosa rende umani gli umani, cosa sia davvero l’umanità, ed è difficile, dunque, superare qualcosa che non si comprende appieno. “Essere una macchina”, libro d’esordio dell’irlandese Mark O’Connell in uscita oggi per Adelphi (19 euro), si propone di raccontare il transumanesimo e incontra questa difficoltà fin dall’inizio: “Chiedendomi cosa significhi essere una macchina ho finito per ritrovarmi ancora più confuso su cosa significhi essere umani”, scrive O’Connell nelle primissime pagine di un volume avvincente in cui si mette in viaggio per incontrare i sacerdoti e i profeti di un movimento che vuole fermare il decadimento fisico, raggiungere l’immortalità e, infine, conquistare l’universo.
Il transumanesimo è un movimento sfaccettato ossessionato da un solo obiettivo: evitare la morte a ogni costo. “Non voglio assolutamente morire”, è quello che dicono a O’Connell gli attivisti transumanisti, o, ancora meglio: “L’entropia è una merda”. Per evitare di morire, i transumanisti hanno sviluppato differenti strategie. Uno dei primi capitoli di “Essere una macchina” è dedicato alla Alcor, un’azienda americana in cui, per la somma modica di 200 mila dollari, è possibile far ibernare il proprio corpo in attesa che, tra venti o cent’anni, la tecnologia trovi il modo di farlo rivivere. Se non si possiede quella somma – o se, come Max More, ceo della Alcor, si ritiene che presto la tecnologia avrà risolto il problema di avere un corpo biologico – si possono pagare 80 mila dollari e diventare un “neuropaziente”, che significa: essere decapitati e avere conservata soltanto la testa con dentro il prezioso cervello.
Un’altra strategia è quella degli scienziati che studiano l’“uploading della mente” e sviluppano macchine che cercano di leggere il cervello come si legge una chiavetta USB, per poi trasferirne tutto il contenuto su un computer superveloce – spoiler: niente di tutto questo avverrà in un futuro prossimo. C’è chi punta tutto sulle modificazioni del proprio corpo: aggiungere pezzi e sensori sottopelle fino a trasformarsi in un cyborg non sottoposto alla degradazione biologica. E chi spera nella singolarità, vale a dire in quel momento in cui lo sviluppo di un’intelligenza artificiale completa trasformerà l’esperienza dell’umanità in qualcosa di totalmente diverso (c’è anche chi dice: la suddetta intelligenza artificiale ci ammazzerà tutti). Ci sono anche i movimenti che hanno deciso che la questione è fuori dalla loro portata, e che tutto quello che si può fare è organizzare una protesta davanti al campus di Google, a Mountain View, e mostrare un cartello con scritto: “Google, per favore, risolvi il problema morte”. Per favore.
O’Connell intervista professori di altissimo livello ma trascorre del tempo anche con hacker impallinati e involontariamente comici, e il loro entusiasmo messianico ricorda gli appartenenti di una setta. Non è un caso che O’Connell faccia trasparire questo aspetto: le pagine di “Essere una macchina” sono piene di religiosità giudaico-cristiana, e la Bibbia è citata spesso. O’Connell arriva a paragonare il transumanesimo a una fede, e questo passaggio è stato molto criticato dai recensori anglosassoni che hanno letto il libro un anno fa, quando uscì in lingua originale. Voler sconfiggere la morte non qualifica il transumanesimo come una religione, si disse.
La fede del transumanesimo, tuttavia, sta nel voler definire con precisione cos’è umano, e la tavola della legge è una definizione data da Marvin Minsky, uno dei padri della ricerca sull’intelligenza artificiale: il cervello è una “macchina di carne”. Uno degli intervistati da O’Connell va oltre: noi esseri umani siamo “soltanto sacchi di sostanze chimiche che reagiscono agli stimoli”. Davanti a questa fede così brutale si assiste alla ribellione di O’Connell, che non si rassegna alla sua natura di “sacco” e continua a chiedersi se davvero sappiamo cos’è l’essere umano, cos’è la coscienza, cos’è l’identità. Questa ribellione si esprime sotto la forma di un discorso continuo che tiene insieme tutti gli elementi del libro, e nello scetticismo sottile con cui l’autore approccia i transumanisti. Come quando chiede a uno che vorrebbe trasformarsi in un robot: ma dopo “saresti ancora tu?”