Startup Africa
“Aiutiamoli a casa loro”? Sì, è possibile. Una mostra al Maxxi racconta il continente che non ti aspetti
Eni punta sull’Africa. A Roma fino al 4 novembre è aperta al pubblico “DatAfrica”, una mostra interattiva al Maxxi-Museo nazionale delle Arti del XXI secolo, in contemporanea e in dialogo con la più ampia panoramica sull’arte contemporanea africana “African metropolis. Una città immaginaria”.
Chi andrà a vedere “DatAfrica” rimarrà stupito perché non troverà fotografie o video: la mostra infatti punta tutto sui dati e sulla data visualization. La sfida è parlare del futuro del continente in un modo nuovo: senza immagini, ma sfruttando in pieno la straordinaria capacità dei dati, che vengono poi convertiti in immagini, sculture e installazioni.
Rappresentare senza mostrare. Da questa premessa nasce infatti il racconto di Eni sul continente africano fatto di numeri e dati, quelli più significativi, che possano aiutare a capire. La mostra mette in luce la sintesi di scenari futuri, i punti di forza, le potenzialità e i paradossi senza però mai mostrarli direttamente attraverso immagini tradizionali. Raccontare l’Africa in modo diverso, portando il visitatore a conoscere la realtà toccandola con mano e interagendo con le installazioni senza mai ricorrere a immagini fotografiche o video. Grandezze fisiche con cui misurarsi per comprendere in modo immediato fenomeni che altrimenti sarebbero inafferrabili e analisi di scenari che, oggi più che mai, sono chiari agli addetti ai lavori e la cui conoscenza e comprensione è però necessaria a tutti.
Per esempio attraverso i dati si può osservare le disparità che ancora accompagnano il continente africano, a partire dalla popolazione, con i 35 paesi dell’Ocse che raccolgono il 17 per cento della popolazione mondiale, ma contribuiscono al 63 per cento del pil. Mentre in Africa, dove vive il 17 per cento della popolazione mondiale, viene generato solo il 3 per cento di prodotto globale, nonostante il continente abbia più riserve di petrolio e gas degli Stati Uniti e un potenziale enorme in termini di produzione solare ed eolica. Eni conosce bene il continente africano, dove opera fin dal 1954, e dov’è presente in Algeria, Angola, Congo, Costa d’Avorio, Ghana, Liberia, Gabon, Marocco, Kenya, Egitto, Libia, Tunisia, Nigeria, Sudafrica e Mozambico. Per questo Eni ha una capacità di analisi del territorio senza pari.
I dati – che qui vengono tradotti in palloncini, parallelepipedi o proiezioni su plastici, consentono una veloce comprensione anche a un pubblico di ragazzi – mostrano quali saranno anche gli scenari futuri: nel 2030 la popolazione mondiale sarà di 8,6 milioni di persone, di cui 1,7 in Africa; e approssimativamente nel 2100, 2 persone su 5 saranno africane. Allo stesso tempo l’Africa avrà una popolazione molto giovane. Sempre nel 2100 infatti la maggior parte dei giovani sotto i 20 anni sarà nata nel continente africano. Si stimano così 2,5 milioni di ragazzi da 0 a 19 anni, mentre in nord America ed Europa sono solo 500.000.
La scolarizzazione rappresenta un problema fondamentale per questa generazione: nell’Africa subsahariana 89 milioni di bambini ancora non completano le scuole primarie. Per ovviare a questo problema, Eni sta facendo cose concrete: in Mozambico, ad esempio, punta all’apprendimento a 360° gradi dalla scuola primaria alla formazione professionale. Eni ha siglato un accordo con il Dipartimento provinciale per l’Educazione e la Cultura, la Municipalità di Pemba e il Consiglio Comunitario per migliorare l’accesso alla scolarizzazione nel quartiere di Paquitequete (Pemba), attraverso l’apertura nel 2014 di una scuola primaria, la fornitura di materiale scolastico e lo svolgimento di attività di sensibilizzazione e promozione su tematiche sociali e ambientali. I beneficiari diretti sono circa 2.000 bambini e 40 insegnanti, mentre quelli indiretti sono 13.000, incluse le famiglie dei bambini e la comunità nel suo insieme.
Un altro problema, anzi il principale, che emerge dai dati, è quello dell’accesso alle risorse: circa 60 persone su 100 in Africa non hanno a disposizione acqua potabile. Nel mondo oltre un miliardo di persone non hanno ancora accesso all’elettricità, la maggior parte di queste si trova in Africa. Per esempio una famiglia in Sierra Leone impiega fino a 5 ore al giorno per cercare la legna con rischi persino per l’incolumità personale e si affida al cento per cento alle biomasse per cucinare. Eni studia soluzioni anche semplici per migliorare la situazione. Nella Repubblica del Congo il Progetto integrato Hinda coinvolge 22 villaggi con circa 25.000 residenti, su un’area di 830 chilometri quadrati, contribuendo allo sviluppo sostenibile delle comunità locali e al miglioramento delle condizioni di vita, anche attraverso l’accesso all’acqua potabile. Gli interventi hanno previsto la costruzione di infrastrutture e l’attivazione dei servizi di base, carenti in quest’area, rispondendo ai bisogni primari della popolazione: accesso all’acqua pulita, cure mediche, educazione primaria e produzione di cibo. Ci sono in particolare 22 pozzi di acqua potabile con 30 punti acqua. 17 tra questi pozzi sono alimentati a energia solare, 1 è collegato alla rete elettrica, 3 sono alimentati da un generatore e solo 1 manuale; 5 ulteriori pozzi sono in corso di installazione. Circa 13 mila persone hanno dunque accesso all’acqua pulita grazie agli interventi realizzati. Ognuna di loro ha a disposizione di 16 litri di acqua al giorno.
Eni è inoltre impegnata nella costruzione di infrastrutture per la produzione e il trasporto di gas sia destinate all’esportazione che al consumo locale per la generazione di energia. Favorisce così lo sviluppo dei mercati locali e consolida il legame con i paesi. Eni investe, inoltre, circa 2 miliardi di dollari nella valorizzazione del gas associato all’estrazione degli idrocarburi, risorsa prima sprecata; lo fa attraverso la costruzione e il rinnovamento di reti e centrali elettriche con una significativa riduzione del gas flaring e, di conseguenza, delle emissioni di gas a effetto serra. La Nigeria e il Congo sono i primi due esempi dell’applicazione di questo modello con 1GW istallato per oltre 18 milioni di persone. In Ghana, alla fine di giugno del 2018, è stato avviato un giacimento che produrrà 180 milioni di piedi cubi di gas al giorno per almeno 15 anni: si chiama Sankofa, e permetterà di convertire a gas metà della capacità di generazione di energia elettrica del paese.
L’impegno di Eni per il continente africano, come mostrano le installazioni della mostra “DatAfrica”, punta anche sulle startup. Il continente ha infatti grandi prospettive economiche che riguardano le generazioni più giovani. Nel 2020 il numero di abitanti nelle città dell’Africa supererà quello degli abitanti delle città d’Europa. Gli africani con accesso regolare a internet si sono più che triplicati tra 2010 e 2017 (dal 7 al 22 per cento), con il tasso di crescita più rapido del mondo. Sul Mondo startup Eni ha una strategia precisa, che si è può osservare con “Make in Africa”, il contest all’interno di Maker Faire Rome 2018 che nasce dal desiderio di individuare, supportare e diffondere la realizzazione progetti e soluzioni innovative per l’accesso all’energia nei paesi africani. Lo scopo del contest è quello sostenere chi, in linea con la filosofia della comunità Maker, abbia saputo cogliere un’esigenza concreta, orientando il proprio ingegno verso una soluzione che sia in grado di impattare sulla qualità della vita di altre persone e comunità. Saranno selezionati progetti in grado di far leva sull’economia circolare, intesa come riduzione dell’impatto ambientale e del consumo di materie prime, e sulla sostenibilità ambientale in un’ottica di riduzione dell’emissione di CO2 e inquinanti. La partecipazione era aperta a persone maggiorenni residenti in Paesi africani. Makers, designer, inventori e innovatori sono stati invitati a candidare i propri progetti, a patto che siano residenti in Africa o che, in caso di startup – ad esempio – abbiano comunque sede e rappresentanza in Africa. I progetti vincenti sono stati: quello di Melesse Temesgen, che sviluppa una soluzione sostenibile e innovativa per il drenaggio dell’acqua. Una tecnologia al servizio dei contadini in aree remote e colpite da molte piogge per drenare l’acqua in eccesso modellando il terreno. Prince Nana Kow Essel ha ideato invece una soluzione sostenibile in tema di accesso all’energia. Il suo progetto, “Solar Pulse Power Hub”, è un generatore portatile a energia solare che supporta le piccole imprese rurali in modo pulito, affidabile ed economico. Ha ideato anche un sistema di pagamento inclusivo e accessibile, “pay-as-you-go”. Infine, Lono è un’impresa sociale che in Costa d’Avorio fornisce servizi di biotecnologia non solo alle piccole e medie imprese locali, ma anche alle famiglie. Il progetto dal titolo “KubeKo box” converte rifiuti organici in gas e fertilizzanti fornendo così energia pulita e sicura dando una spinta all’economia locale. Idee e progetti che potrebbero sembrare non super tecnologici, ma che possono avere un forte impatto sul benessere del continente africano.
Le startup sono state presentate il 15 ottobre in una giornata dedicata al dibattito sul tema dei nuovi modelli economici, con la possibilità di discutere di soluzioni concrete e di energia. Il dibattito è partito dallo scenario per arrivare alle soluzioni possibili passando, inevitabilmente, per il tema dell’innovazione. Vi hanno preso parte esperti di rilievo ella veste di realatori. Jean-Léonard Touadi, politico, accademico, scrittore e giornalista italiano, originario della Repubblica del Congo; Mario Molteni, Ceo di E4Impact, un’iniziativa fondata nel 2010 da ALTIS – Graduate School of Business and Society dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e da Always Africa Association, e Blessing Onyeche Ugwoke ed Emerance Jessica Claire D’Assise Goma-Tchimbakala, entrambe vincitrici dell’Eni Award Debutto nella Ricerca: Giovani talenti dall’Africa, rispettivamente nell’edizione 2017 e 2018 del premio.