La nuova presidente di Tesla mostra che ai giganti tech serve un tutore
Come Schmidt di Google e Sandberg di Facebook, Robyn Denholm avrà il compito di dare struttura al non più giovane Musk
Roma. Se tutto andrà come previsto, Robyn Denholm entrerà nei prossimi anni in un pantheon rarefatto e molto elitario, composto da figure mitologiche nell’industria tech americane: gli adulti. Meglio ancora: gli adulti responsabili chiamati a tenere a freno i visionari (megalomani?) giovinastri della Silicon Valley, anche quando questi giovinastri non sono più tali per l’anagrafe. La Denholm, manager 55enne australiana, che è poco conosciuta negli Stati Uniti ma nel suo paese ha raggiunto posizioni apicali nell’ambito delle telecomunicazioni, diventerà presidente (chairman) di Tesla, l’azienda di automobili elettriche di lusso di cui, fino a poco tempo fa, Elon Musk era cofondatore, ceo, presidente e principale azionista.
Le nomina di Denholm è frutto di un accordo tra Musk e la Sec, l’autorità di vigilanza sulla Borsa americana, concesso dopo che Musk era stato accusato di manipolazione del mercato a causa di un tweet in cui vagheggiava di riportare Tesla allo stato di azienda privata. Secondo l’accordo, Musk avrebbe dovuto rinunciare al ruolo di presidente di Tesla, pur rimanendo ceo e mantenendo così la facoltà di prendere tutte le decisioni operative più importanti, avrebbe dovuto rinnovare in parte il consiglio di amministrazione e, soprattutto, nominare un nuovo presidente responsabile che metta freno alle sconsideratezze del fondatore.
Entra in scena Robyn Denholm, che pur facendo parte del consiglio di amministrazione di Tesla fin dal 2014 non è considerata uno dei fedelissimi di Musk. Oltre ad aver lavorato nelle telecomunicazioni, Denholm ha un passato nell’industria tech, con Sun Microsystems, nell’industria automotive (sette anni a Toyota) e nella robotica. Insomma, il suo curriculum è perfetto ed eccezionalmente qualificato, ma non è soltanto per questo che è stata scelta. Denholm porta con sé un’aura di responsabilità anche in fotografia, e in questo momento è questa la caratteristica principale che la farà ascendere nel pantheon a cui appartengono Eric Schmidt di Google e Sheryl Sandberg di Facebook, quello di adulti-nella-stanza.
Non che Elon Musk sia meno che adulto: l’uomo ha 47 anni, l’età di un bravo padre di famiglia, ma nonostante l’anagrafe anche il Musk di mezza età ha bisogno di una figura adulta di riferimento tanto quanto lo avevano i ventenni Brin e Page di Google e Zuckerberg di Facebook. Negli ultimi tempi, quel genio vulcanico di Musk è apparso fuori controllo, non soltanto per il tweet che ha scatenato le indagini della Sec: in precedenza Musk aveva dato del pedofilo a uno dei soccorritori dei ragazzini thailandesi rimasti bloccati in una grotta, aveva fumato hashish in diretta radio e soprattutto aveva fatto dubitare i mercati della sostenibilità del suo business (dei suoi business, al plurale, se contiamo anche le imprese spaziali, la costruzione di strade sotterranee, di treni extraveloci, di batterie gigantesche: a metterli tutti in fila, sembra la galleria dei sogni di un bambino appassionato di fantascienza).
Non è un caso che al vedere la Denholm, rassicurante com’è, ieri i mercati abbiano premiato immediatamente Tesla, e abbiano cominciato a sognare che anche Musk, nonostante l’età avanzata, abbia finalmente trovato la sua Sheryl Sandberg: una signora con la testa sulle spalle, una confidente che sappia placare le rabbie e gli entusiasmi e consigliare a Musk cosa fare e cosa no per evitare di spaventare i mercati– ricordiamoci che qui è sempre di mercati che si parla, ché l’arrivo degli adulti non ha reso più responsabili Google e Facebook, come abbiamo visto molto bene in questi anni: soltanto più profittevoli.