C'è una silicon valley che cresce a due passi da Parigi
Paris-Saclay è un progetto nato decenni fa, che è diventato decisivo con la politica della “Startup Nation” del presidente Macron. Una smart city che riunisce le migliori università e i centri di ricerca delle grandi aziende, disegnata da architetti di grido
Questo articolo è apparso nel primo numero del Foglio innovazione, il mensile a cura di Eugenio Cau. Il secondo numero lo troverete in regalo con il Foglio di martedì 5 marzo.
"Grazie a Parigi, la Francia dispone di un vantaggio fantastico che non tutti i paesi hanno: la prima economia europea, la Germania, non ha una ‘città mondo’. In questo contesto, l’assenza di cantieri rilevanti era a mio avviso un segno di declino. Ho viaggiato tutta la vita. E quando mi recavo nelle capitali straniere, vedevo gru, cantieri e lavori dappertutto, poi rientravo in Francia e non vedevo nulla. La scossa è venuta da qui! Quando un paese costruisce e intraprende, è in rinascita. Quando non costruisce più, è in declino. E’ in questo senso che bisogna intendere il Grand Paris”. Vengono in mente queste parole di Nicolas Sarkozy quando si sbarca a Paris-Saclay, il cuore scientifico e tecnologico del Grand Paris, il “cantiere del secolo”, dicono i parigini, che all’orizzonte 2030 trasformerà Parigi in una megalopoli futurista da 7 milioni di abitanti. E’ qui, a una ventina di chilometri a sud-ovest della capitale francese, in un territorio immenso che comprende ventisette comuni dei dipartimenti dell’Essonne e degli Yvelines, che si concentra il 15 per cento della ricerca pubblica e privata francese (al termine dei lavori la percentuale dovrebbe salire al 25). E’ qui, in questa zona oggi dominata da una presenza massiva di gru e cantieri, che la Startp Nation di Macron troverà la sua massima espressione, ed è qui, come sostiene Philippe Van de Maele, presidente dal 2015 dell’Établissement public d’aménagement Paris-Saclay (Epa Paris-Saclay), l’ente pubblico che dirige i lavori di sviluppo e coordinamento del polo tecnologico, che “nascerà il prossimo Google”. E “sarà francese”.
L’ambizione era quella di sviluppare un cluster orientato verso l’innovazione all’interno di un vasto territorio che va da Versailles a Saint-Quentin-en-Yvelines fino alla valle di Chevreuse in cui si trova l’Université Paris-Sud. Con tre obiettivi: la creazione di un polo accademico e scientifico d’eccellenza nella zona sud della pianura di Saclay, nel cosiddetto ‘Campus urbano’, situato tra i comuni di Gif-sur-Yvette, Orsay e Saint-Aubain; lo sviluppo di un secondo polo con il mondo industriale, dato che molte aziende si trovano già sul territorio o hanno i loro centri di ricerca e sviluppo nei comuni limitrofi (Technocentre Renault, il più grande centro di R&S di Francia, dove vengono concepite le future macchine della casa automobilistica esagonale, si trova a Guyancourt, comune situato nella zona ovest di Saclay, e a pochi chilometri si trova anche uno dei centri di R&S del gruppo Psa, fondato a Vélizy nel 1966, ndr), per favorire le sinergie tra la ricerca universitaria e la ricerca privata; la realizzazione di questo cluster secondo una filosofia di sviluppo sostenibile, pianificazione urbana rispettosa dell’ambiente e protezione degli spazi naturali”, spiega al Foglio Innovazione Philippe Van de Maele.
Il Campus urbano, costruito attorno al quartiere di Moulon e a quello dell’École polytechnique, rappresenta, in termini di programmi e dimensioni, il più vasto progetto urbano europeo attualmente in costruzione. Motore scientifico del cluster di Paris-Saclay, raggruppa 19 istituti universitari di prestigio tra cui la CentraleSupelec, l’Institut d’optique graduate school e l’École nationale de la statistique et de l’administration économique, ed entro il 2025, secondo le previsioni, accoglierà 25mila ricercatori e insegnanti, 30mila studenti, 20mila dipendenti di aziende, ma anche 15mila abitanti grazie ai futuri alloggi ecosostenibili.
Alcune grandes écoles sono a Saclay già da un bel po’ di tempo, altre sono state attratte di recente da questo luogo di eccellenza accademica. Come l’École normale supérieure, che da Cachan, comune dell’adiacente Val-de-Marne dove alloggiava da sessant’anni, si trasferirà quest’estate in un edificio di 64mila metri quadrati realizzato da Renzo Piano. La facoltà di scienze del campus universitario d’Orsay è una delle più concupite dagli studenti (sono più di 10mila) nonché una delle più equipaggiate per numero di luoghi di convivialità come il Foglio Innovazione può notare da vicino. “Rispetto alle altre facoltà siamo molto fortunati. Qui ci sono quattro caffetterie, due ristoranti e pure una brasserie”, ci dice uno studente seduto alla caffetteria “L’Expresceaux”, mentre sorseggia il suo succo di mele bio. “Ah, dimenticavo: c’è anche un food truck dove fanno fish and chips e un delizioso burger di comté”, aggiunge.
Ma quando è nato ufficialmente Paris-Saclay? “Ci sono state diverse tappe che hanno portato alla sua creazione, ma la svolta è arrivata dieci anni fa con la formalizzazione della legge del 3 giugno del 2010 sul Grand Paris, all’interno della quale c’è un intero capitolo dedicato al progetto di Paris-Saclay”, illustra al Foglio Innovazione Van de Maele. “Tuttavia, il desiderio dello stato di concentrare in questa zona la maggior parte della ricerca nazionale risale a molto tempo fa.
Un progetto con radici profonde
L’inizio di Saclay coincide con la fondazione del Cnrs (l’istituto di ricerca scientifica più importante di Francia, ndr) che nel dopoguerra, per volere del suo direttore Frédéric Joliot-Curie, si stabilisce a Gif-sur-Yvette. In seguito, con la benedizione di Charles de Gaulle, arriva il Cea, l’ente pubblico di ricerca nel campo dell’energia, che installa i suoi laboratori a Saint-Aubain. E negli anni Cinquanta, anche l’Université de Paris decide di spostare la sua facoltà di scienze nel campus d’Orsay”, aggiunge il presidente dell’Epa Paris-Saclay. Negli anni Settanta sbarcano le prime grandes écoles, tra cui il Polytechnique, che prende possesso delle sue strutture a Palaiseau, e tra gli anni Novanta e gli anni Duemila aumenta rapidamente il numero di centri di ricerca e sviluppo delle grandi aziende esagonali presenti sul territorio. Lfb, gruppo biofarmaceutico leader in Francia per i prodotti medicinali plasma-derivati, sorge a Les Ulis nel 1994, nella zona sud di Saclay, nel 1998 viene inaugurato il Technocentre Renault, nel 2000 arriva Danone, che costruisce un centro di R&S davanti all’Institut d’optique graduate school, e sei anni dopo il colosso del settore aerospaziale e della difesa Thales individua sempre a Palaiseau il terreno più fertile per valorizzare le ricerche dei suoi dipendenti.
Tra gli ultimi arrivati, nel marzo 2016, spicca Edf Lab, il laboratorio del gigante energetico nazionale, che con i suoi quattro edifici avveniristici disegnati dall’architetto Francis Soler (visibili in foto, ndr) e i suoi milleduecento dipendenti rappresenta uno dei gioielli scientifici di quella che tutti hanno soprannominato la “Silicon Valley francese”.
“Paris-Saclay è stato inserito dalla Mit Technology Review tra gli 8 migliori innovation cluster del mondo accanto alla Silicon Valley americana e alla East London Tech City britannica”, sottolinea orgogliosamente Van de Maele, precisando tuttavia che c’è una “grande differenza” con il distretto dell’innovazione californiana.
L’impulso statalista e l’impresa
“Come tutti sanno, la Francia è un paese molto statalista e il progetto di Paris-Saclay è nato per volontà dello stato, mentre la Silicon Valley si è formata grazie all’impulso di cittadini privati, con iniziative imprenditoriali slegate dalla macchina statale. E’ vero che ora gli enti locali e lo stato americano lavorano in stretta collaborazione con la Silicon Valley per favorire e coordinarne lo sviluppo, ma va ricordato che è nata come un’università di imprese”, dice il presidente dell’Epa Paris-Saclay, prima di aggiungere: “Detto questo, nel merito, l’idea di Paris-Saclay è la stessa della Silicon Valley: raggruppare in un territorio tutti gli strumenti che permettono di fare innovazione, facendo incontrare i ricercatori, gli imprenditori, i centri di R&S e gli incubatori. La prossimità è un fattore importante affinché l’innovazione possa svilupparsi e sbocciare nel migliore dei modi”.
Il presidente Macron, attraverso Cédric Villani, deputato della République en marche e matematico vincitore della medaglia Fields che siede al vertice del Comitato consultivo di Paris-Saclay, segue da vicino l’evoluzione della “Silicon Valley francese”. C’è la sfida accademica che affascina l’inquilino dell’Eliseo, con Paris-Saclay che rivaleggia con Stanford e il Mit per numero di pubblicazioni scientifiche e le supera per numero di ricercatori, e c’è la sfida geopolitica tutta interna all’Europa tra Grand Paris e Greater London, con la prima pronta a prendersi gli studenti e i ricercatori che fuggiranno da Cambridge e dalla London Tech dopo la Brexit e a scalare rapidamente i ranking internazionali.
“Paris-Saclay è uno dei centri della Startup Nation e rientra pienamente nella politica del governo a favore delle imprese e delle nuove ambizioni nel campo della ricerca, a partire dall’intelligenza artificiale”, evidenzia Van de Maele, prima di aggiungere: “A Paris-Saclay ci sono i principali attori francesi in materia di intelligenza artificiale, nonché i più importanti centri di R&S sulla difesa”, aggiunge il presidente dell’Epa Paris-Saclay.
A gennaio, nel quadro del summit dell’attrattività “Choose France”, fortemente voluto da Macron per sedurre gli investitori stranieri, è arrivata un’altra notizia per il cluster francese: la società di informatica americana Ibm ha confermato l’inaugurazione, il prossimo marzo, della sua succursale a Paris-Saclay, ma anche l’apertura di un centro di innovazione sull’intelligenza artificiale entro i prossimi due anni, che darà lavoro a cento esperti del settore. “L’arrivo di Ibm conferma che c’è un piano specifico dello stato per attirare non soltanto le grandi aziende nazionali, ma anche gli investitori stranieri”, dice al Foglio Innovazione Van de Maele.
E ancora: “E’ un grande vantaggio per il mondo industriale trovarsi vicino a un polo accademico e scientifico che genera materia grigia e ospita migliaia di dottorandi. Gli istituti universitari di Paris-Saclay sono e saranno fonte di reclutamento per le imprese. Il governo punta molto sull’attrattività del cluster. C’è il tema della mobilità che per Paris-Saclay è molto importante, con le autovetture autonome e i veicoli elettrici, c’è il tema dell’energia, a cui Edf, con il suo Lab, e Total, che presto atterrerà sul campus con il suo centro di ricerca e sviluppo, daranno importanti contributi, ma c’è anche il tema della sanità, con il gruppo farmaceutico Servier pronto a raggiungere il cluster con il suo maxi centro di R&D”.
Trasporti e smart city
Il principale problema, oggi, è l’accessibilità della “Silicon Valley francese”. Per arrivare nei quartieri di Moulon e del Polytechnique dal centro di Parigi bisogna armarsi di pazienza: un’ora mezza di trasporti tra metrò, Rer (il servizio di treni regionali che collega Parigi intra muros alle periferie) e bus. E così sarà fino al 2026, anno in cui dovrebbe entrare in funzione la tanto desiderata ligne 18 del Grand Paris Express, il supermetrò che faciliterà la vita alle migliaia di studenti, startupper, professori e ricercatori che oggi, ogni mattina, si ammassano alla stazione di Massy Palaiseau e fra sette anni, invece, potranno scegliere tra una delle tre stazioni che sorgeranno sulla pianura di Saclay.
“Per varie ragioni ci sono stati diversi cambiamenti nel calendario dei lavori, ma l’urgenza della questione trasporti è stata presa in considerazione”, dice Van de Maele. E ancora: “La linea 18 è un elemento strutturante del territorio e del progetto di Paris-Saclay. Da qui al 2026, naturalmente, ci saranno altre soluzioni. MoveInSaclay, per esempio, è una delle iniziative più importanti in questo senso. Frutto della collaborazione tra studenti e imprese, è nata per migliorare la mobilità all’interno del campus. Stiamo inoltre lavorando con l’agglomerazione urbana per sviluppare un sistema di bici condivise, ma anche di monopattini elettrici e di veicoli condivisi. Non si tratta di sostituire il metrò, ma di ammortizzare i problemi legati ai ritardi della sua messa in funzione”. “Il miglioramento dell’offerta di mobilità – conclude Van de Maele – sarà anche in termini di sostenibilità ambientale”.