L'Ue ha un piano per regolare i giganti tecnologici senza distruggerli
Un documento chiesto dalla commissaria Vestager formula proposte per rivedere le regole del mercato. Gli esperti avvertono: per tutelare l'innovazione è determinante l'antitrust
Milano. Margrethe Vestager, commissaria europea alla Concorrenza, è diventata famosa per le misure draconiane con cui ha punito le pratiche anticompetitive delle grandi aziende tecnologiche della Silicon Valley: miliardi di dollari di multe comminate ad Apple, Qualcomm, Google (soprattutto Google). Con il tempo, Vestager è diventata il volto della politica digitale dell’Ue, che è stata identificata con la sua postura arcigna. Ma al di là dei singoli provvedimenti esiste una dottrina Vestager che possa costituire la legacy della commissaria – o, meglio ancora, che possa diventare il suo programma nel caso in cui Vestager dovesse ottenere un posto nella prossima Commissione, magari apicale?
Un anno fa, Vestager ha chiesto a tre accademici di spicco (Heike Schweitzer dell’Institute for German and European Economic Law, Competition Law and Regulatory Law; Jacques Cremer, ex direttore scientifico della Toulouse School of Economics; e Yves-Alexandre de Montjoye, assistente all’Imperial College London’s Data Science Institute and Department of Computing) di stilare un documento ambizioso fin dal titolo: “Competition Policy for the Digital Era”, che significa: la visione europea per rivedere tutte le regole della competizione e del mercato in un’epoca determinata dal digitale. Il documento è stato pubblicato ieri, e Mark Zuckerberg può tirare un sospiro di sollievo: i tre esperti non raccomandano di spezzare i monopoli tecnologici.
La proposta principale degli esperti riguarda la portabilità e l’interoperabilità dei dati personali. Finora, i dati personali degli utenti sono appartenuti all’azienda che li estraeva (è corretto parlare di estrazione, come per un pozzo di petrolio). Gli esperti dicono: questi dati dovrebbero tornare a essere degli utenti, che dovrebbero poterli trasferire a loro piacimento. Un principio simile è già stato espresso dal Gdpr, la legge europea sul trattamento dei dati personali, ma i saggi di Vestager ne fanno una questione di competizione e antitrust. La forza di un’azienda digitale, sostengono, non sta per esempio nel numero di utenti, ma nella quantità e nella qualità dei dati che possiede. Se questi dati fossero trasferibili, scambiabili, acquistabili (il documento parla esplicitamente della creazione di un “mercato” dei dati personali, ben regolamentato ovviamente) allora il campo da gioco potrebbe essere meglio livellato, senza ricorrere a misure drastiche come quella di spezzare aziende ormai costituite. Anche Zuckerberg, in un op-ed sul Washington Post della settimana scorsa, aveva parlato di trasferibilità dei dati, ma gli esperti europei vanno più in profondità.
Tra le 133 pagine del documento, però, si delinea forse un principio ancora più importante. Nell’azione dell’antitrust, sostengono gli esperti, l’innovazione deve diventare uno degli elementi determinanti. Questo è un passaggio importante, perché finora, davanti alle aziende tech, l’antitrust si è sempre trovato in impaccio, bloccato dalla vecchia regola per cui, finché il benessere dei consumatori non viene intaccato, non c’è necessità di bloccare la formazione di conglomerati e monopoli. Gli esperti sostengono invece che l’innovazione sia un principio da difendere indipendentemente dal resto, e che da essa dipende sul lungo termine il bene dei consumatori. Se un’azienda digitale ne acquisisce un’altra, per esempio, questo potrebbe non essere un male per i consumatori, ma potrebbe danneggiare le possibilità di innovazione, perché si creerebbe un grosso conglomerato uccidi-startup.
Il documento degli esperti non è posizione ufficiale della Commissione, e Vestager ha detto che lo valuterà con attenzione e poi deciderà i prossimi passi.