Il "Future is private" di Facebook tra svolta comunicativa e scenari inquietanti
Al suo convegno annuale per sviluppatori, amici e ammiratori del social network, Zuckerberg ha esposto il cuore della rivoluzione che i suoi lunghi e noiosi post non erano riusciti a spiegare
Mark Zuckerberg è più a bravo a parlare che a scrivere. Così, in tre minuti, al suo convegno annuale per sviluppatori, amici e ammiratori di Facebook, Zuck ha esposto il cuore della rivoluzione che i suoi lunghi e noiosi post non erano riusciti a spiegare. “Future is private”, il futuro è il privato, è il nuovo motto, troppo significativo per non dedicarci qualche riflessione.
La prima riguarda le motivazioni della svolta. La sottolineatura del privato è conseguenza dello scandalo della vendita dei dati a Cambridge Analytica, la punta dell’iceberg del sistema di Silicon Valley, le cui aziende avevano capito per prime che i dati personali erano la vera ricchezza e che i singoli, pensando che non valessero nulla, erano pronti a cederli gratis. Scoperto il sistema, e di fronte alla minaccia di multe colossali, le grandi imprese corrono ora forzatamente ai ripari e si occupano e occuperanno ossessivamente della privacy. Qui la riflessione vera la dovranno fare gli economisti, da cui sarebbe bello venire a sapere quanto valgono al giorno d’oggi i dati che, comunque, continuiamo a fornire e se non ci converrebbe forse pagare molto di più i servizi ma far pagare anche i nostri dati. Dal punto di vista della filosofia, l’incredibile di questi avvenimenti, è un curioso modo di riaffermare che il valore è la persona. Chi l’avrebbe detto, in epoca di società presunta liquida, che il vero valore anche economico sia la tanto bistrattata persona?
La seconda riflessione riguarda la comunicazione. Zuck dice che, dopo aver connesso il mondo e aver creato la piazza globale, occorre ora fare attenzione e coltivare la dimensione privata delle persone che si riversa in comunità limitate, intermedie, come quelle familiari, amicali, lavorative. È questa l’unica soluzione vera al dilagare delle fake news e di ogni manipolazione. Più volte questa rubrica ha sostenuto che l’unica resistenza si trova nei corpi intermedi, bistrattati ancor peggio della persona. Non è infatti a forza di controlli e divieti che impareremo a gestire la comunicazione globale. La capacità di controllo critico non viene da studi più scaltri o più diffusi. Non che questi ultimi facciano male, ovviamente, ma la soluzione è più facile che venga da comunità limitate (famiglie, gruppi, associazioni, partiti, sindacati, ecc.) che riescano a trovare una rappresentazione nella rete e che in essa mantengano la capacità di confronto. È più facile che la contestazione alle nostre false credenze derivi da qualcuno che conosciamo e stimiamo piuttosto che da un lontano studio del pensiero critico o, peggio, dall’occhiuto controllo dello sconosciuto manager di Facebook, di Google o di Amazon.
Infine, una riflessione filosofica. “Future is private” suscita anche scenari inquietanti. Soprattutto, se il “private”, invece che indicare le comunità intermedie, vuol dire poi “alone”, solo. Un po’ come accade a livello di nazioni, l’eccesso di globalizzazione rischia di trasformarsi in un eccesso di isolamento. Se il futuro è il privato, chi si occuperà della cosa pubblica? La ricaduta nel privato, cominciata come una rivolta agli eccessi ideologici degli anni Settanta, è stata così pervasiva che ora ci lamentiamo di non avere classi dirigenti adeguate, di non avere partiti rappresentativi, di mancare di etica pubblica. Di nuovo, sono i corpi intermedi quelli che mancano e che, guarda a caso, sono stati i grandi assenti delle politiche di quasi tutti i governi occidentali degli ultimi decenni. Se non li si aiuta, ci ritroveremo con un futuro di privati, facilmente gestibili da pochi controllori. “La logica richiede che nessun fatto determinante, nulla che possa accadere a un singolo, debba essere per lui più importante di tutto il resto. Chi non sacrificherebbe se stesso per salvare il mondo intero, è illogico in tutte le sue inferenze” diceva il grande filosofo americano Charles S. Peirce. Speriamo che la rivoluzione del privato di Zuck non voglia andare fino in fondo, o almeno non contro la logica.