Il governo cerca un Garante per la privacy. Ma ha un problema di indipendenza
Dopo le polemiche con Soro, Di Maio aveva giurato: “Individueremo una figura al di sopra di qualsiasi sospetto”. Da Bellezza a Melica, i nomi dei papabili sono tutti “lottizzati”
Con la pubblicazione online dell’avviso per la presentazione delle candidature, il Parlamento ha dato ufficialmente il via alla procedura per il rinnovo del collegio del Garante per la Privacy, il cui mandato scade il prossimo 19 giugno. Camera e Senato saranno chiamati a eleggere i quattro nuovi componenti del Collegio dell’autorità, da cui poi emergerà il nome del successore di Antonello Soro alla presidenza. “Ci adopereremo per individuare una figura al di sopra di qualsiasi sospetto”, ha dichiarato il vicepremier Luigi Di Maio, dopo aver attaccato la decisione del Garante di multare con 50mila euro l’Associazione Rousseau, che gestisce la piattaforma su cui avvengono le operazioni di voto online del Movimento 5 Stelle, ritenuta un vero e proprio colabrodo informatico.
Tra le possibili scelte della maggioranza gialloverde, è circolato molto il nome dell’avvocato barese Marco Bellezza, che però non apparirebbe in linea con le garanzie di indipendenza auspicate dal vicepremier, sia per il suo trascorso professionale da legale di Facebook (società spesso finita nel mirino del Garante), sia per l’attuale incarico di consigliere giuridico proprio di Di Maio. Tra i papabili c’è anche Guido Alpa, docente di diritto privato alla Sapienza di Roma e in passato più volte consulente per il Garante (come il premier Giuseppe Conte, di cui è considerato il “maestro”), ma la sua nomina potrebbe tramontare proprio in virtù dei legami con Conte, peraltro al centro di continue attenzioni giornalistiche.
Così, secondo quanto emerge da fonti vicine a Lega e M5s, per il ruolo di nuovo Garante Privacy sembra farsi strada con decisione un altro nome: quello di Massimo Melica, avvocato cassazionista esperto di diritto applicato alle nuove tecnologie della comunicazione. A ben vedere, però, anche la figura di Melica sembra essere distante anni luce da quei principi di imparzialità e indipendenza che dovrebbero guidare il futuro Garante. A lasciare perplessi è innanzitutto la stretta vicinanza con il partito guidato da Matteo Salvini. Da marzo dello scorso anno, Melica è responsabile della comunicazione digitale della Lega in Emilia-Romagna. Negli ultimi mesi ha partecipato più volte come relatore alle scuole di formazione organizzate dalla Lega, partito al quale sui propri profili social non nasconde il suo pieno sostegno, non solo condividendo continuamente le prese di posizione del leader Salvini, ma anche elogiando i risultati elettorali raggiunti: “La squadra vince, la Lega trionfa”, “Matteo è un leader, la squadra funziona”, “Dal 4 marzo 2018 ovunque la Lega è in crescita, #meritodiMatteo”, “#Salvininonmollare”.
Ma c’è un altro aspetto ancora più preoccupante: il possibile nuovo Garante per la privacy non sembrerebbe gradire alcune norme fondamentali poste proprio a tutela della privacy dei cittadini. Il 13 aprile scorso, infatti, Melica – esattamente come Salvini – non ha esitato a condividere sul suo profilo Facebook la fotografia dell’arresto dell’uomo che a Foggia aveva appena ucciso un maresciallo dei carabinieri, commentando così: “Mi auguro che marcisca in galera, sino alla fine dei sui giorni”. La foto ritrae il killer con la faccia insanguinata, ammanettato e tenuto a terra sull’asfalto da un agente che gli pone un ginocchio sulla schiena.
Peccato che, al fine di assicurare il diritto inviolabile alla dignità umana, l’articolo 114 del codice penale vieti la pubblicazione di immagini di persone private della propria libertà, ad esempio con le manette ai polsi, e che lo stesso faccia l’articolo 8 del Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica, approvato dal Garante e parte integrante del Codice della privacy. Come se non bastasse, di fronte alle critiche espresse dall’Ordine nazionale dei giornalisti per la diffusione della foto, Melica rispose così: “Uccide il carabiniere a sangue freddo, viene arrestato in flagranza di reato e ci preoccupiamo di tutelare la sua immagine perché sino a sentenza é da ritenersi presunto colpevole? L’Ordine Nazionale dei giornalisti non perde occasione per attaccare il Ministro Salvini”. Lo stesso accadde quando Salvini e Bonafede furono indagati per aver diffuso i video con l’esibizione di Cesare Battisti in manette: “Salvini e Bonafede – scrisse Melica sul proprio profilo Facebook – indagati per aver violato la dignità del detenuto-assassino Battisti. L’isterismo dei diritti lede il senso di giustizia degli onesti”. In passato, Melica non ha neanche nascosto la sua antipatia per gli operatori dell’informazione: “Puttane o pennivendoli siete sempre giornalisti, perché funziona così”. Non un buon inizio per il possibile nuovo Garante per la privacy.
Cose dai nostri schermi