foto LaPresse

Ecco cosa direbbe un origliatore di Facebook, se potesse parlare

Eugenio Cau

Il social network assume persone per ascoltare le vostre conversazioni

Ascoltare i messaggi vocali di qualcun altro è straziante. A volte per ciò che la gente dice, a volte per come lo dice. Le pause, per esempio. Tutti quegli uhmmmmmm ehmmmmmm che durano secondi preziosi io li devo ascoltare tutti. Devo ascoltare e trascrivere, ascoltare e trascrivere, ascoltare e trascrivere tutto il giorno da lunedì a venerdì, e piano piano sento che mi sta salendo la nausea. Lavoro per una grande compagnia americana che fa outsourcing della customer experience, che significa: siamo un’azienda che fa i lavori di merda al posto di altre aziende. Il nostro ultimo cliente ha un nome in codice perché non vorrebbe essere riconosciuto, sarebbe “Prism”, ma tutti sappiamo che è Facebook. Negli ultimi mesi il mio lavoro è stato ascoltare i messaggi vocali che vi scambiate su Messenger, e poi trascriverli. E’ un lavoro usurante, credetemi.

 

Alcuni messaggi sono brevi: “Eccomi, scendo”. “Ci vediamo da te domani?”. Alcuni sono incomprensibili. Alcuni sono volgari, molto volgari. Alcuni sono lunghissimi: “Ehmmm ciao volevo dirti che tra poco… MA CHE CAZZO! scusa sto guidando e mi hanno tagliato la strada, bastardi… che stavo dicendo? ehmmm sì, tra poco arrivo per il pranzo e mhhh, qui dove devo girare? vabbè senti metto il navigatore”. Io ascolto e trascrivo. Non ascolto tutti i messaggi vocali che vi scambiate su Messenger, soltanto quelli di chi ha attivato una particolare opzione per la trascrizione delle conversazioni. Voi parlate e sullo schermo vi appare scritto quello che dite. Pensate che sia tutto automatico, che dietro ci sia “l’intelligenza artificiale”. In realtà sono io. Per meglio dire, siamo tutti e due. L’intelligenza artificiale fa il lavoro, io controllo che lo faccia bene. Confronto la mia trascrizione con quella fatta dalla macchina, e se la macchina fa errori la correggo. Così la macchina impara, e un giorno non avrà più bisogno di me. Lavoro duramente per diventare inutile.

 

Siamo centinaia a fare questo lavoro per Facebook. Ascoltiamo le vostre conversazioni, trascriviamo e poi insegniamo alla macchina come ascoltarle. Non c’è soltanto Facebook. Quando parlate con Alexa di Amazon, c’è qualcuno come me che ascolta un campione delle conversazioni. Uguale con l’assistente di Google e con Siri, e di recente si è scoperto che succede lo stesso anche con le conversazioni di Skype che utilizzano la traduzione automatica. Mi fa ridere che si dica “automatica”, quando in realtà c’è dietro qualcuno come me a controllarla. E mi fa ridere anche la parola intelligenza artificiale che di intelligente non ha niente: l’intelligenza artificiale sono io, e migliaia di persone come me che tutto il giorno ascoltano e trascrivono, ascoltano e trascrivono. Addestrare l’algoritmo, si chiama.

 

Avete idea di cosa significhi ascoltare tutto il giorno le vostre chiacchiere? Non si può nemmeno ascoltare le conversazioni per intero, perché le registrazioni sono anonimizzate, il sistema fa in modo che sia difficile riconoscere chi parla, e tutto il giorno ascoltiamo frasi smozzicate, spezzoni di dialogo. Origliare potrebbe anche essere divertente ma così è alienante. A lavoro ci chiediamo anche se quello che facciamo è legale. Siamo andati a vedere sul sito di Facebook e da nessuna parte c’è scritto che i vocali di Messenger potrebbero essere ascoltati da una persona umana e trascritti. Ascoltare le conversazioni altrui non è una cosa grave? In pausa se ne parla, ci preoccupiamo per un po’, ma poi lasciamo correre, che siamo troppo impegnati a trattenere la noia.

 

A noi va meglio che ad altri. Conosco persone che fanno un lavoro peggiore, sempre per Facebook e altri social network, sono quelli che devono controllare se i post vanno bene o no. Avete idea di quante schifezze la gente mette su Facebook? Pornografia, anche con i bambini, violenza, video dell’Isis, video del terrorista di Christchurch. Se a voi questa roba non arriva, è perché c’è gente che la filtra e la cancella. Pensate che sia l’intelligenza artificiale, in realtà è gente che fa outsourcing della customer experience. Ma se passi tutto il giorno a vedere video di gente sgozzata e violenze e porno in orario di lavoro, alla lunga resti traumatizzato.

 

Io il trauma non ce l’ho, ma pensare che ogni mattina dovrò mettermi a una postazione con le cuffie ad ascoltare le stupidaggini che vi dite a vicenda mi dà la nausea. La gente dice: Facebook ci spia, ma non era così che me l’ero immaginato, il lavoro della spia. 

Di più su questi argomenti:
  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.