Il Foglio Innovazione
In Russia internet è un mondo parallelo, controllato da Yandex e dal Cremlino
Il gigante della tecnologia per i russi è uno solo: si chiama Yandex ed è come se fosse Google, Amazon, PayPal, Uber, Netflix e Deliveroo tutti assieme. Il suo rapporto con il governo non è per nulla sereno
Il quartier generale di Yandex a Mosca è un piccolo angolo di Silicon Valley. Si trova al centro della capitale russa, tra di loro i dipendenti, giovanissimi, mescolano il russo e l’inglese e, oltre agli uffici, al suo interno ci sono una palestra e una sala prove per chi, tra una pausa e l’altra, vuole dedicarsi al corpo o al proprio strumento musicale. Si entra in Russia senza sentirsi in Russia, un’immagine diversa della nazione che il fondatore del Google russo ha cercato di preservare dagli anni in cui, assieme a un amico, ha fondato Yandex. Nel 1997 Arkadi Volozh voleva un motore di ricerca con lettere cirilliche, un motore di ricerca adatto alla vita russa. Il Cremlino aveva accolto con favore l’idea, era un modo per far vedere che anche i russi, dopo il crollo dell’Unione sovietica e la perdita della centralità internazionale, erano in grado di creare un sistema loro.
Yandex si è sviluppato rapidamente, più internet diventava fondamentale, più Yandex diventava imprescindibile per la vita dei russi. Negli anni è riuscito ad aggiungere un servizio via l’altro fino a diventare un vero gigante, un gigante profondamente russo con le radici all’estero. Parlare della compagnia come del Google russo è ormai riduttivo, Yandex è diventato tutto, ha ammantato ogni aspetto della vita, ha inglobato tutti i servizi che avrebbe potuto offrire alla popolazione e oggi è come se fosse Google, ma anche Amazon, Uber, Paypal, Enjoy, Spotify, Netflix e Deliveroo, tutti insieme. La società accompagna la vita dei russi in ogni loro aspetto, le macchine bianche e rosse oppure gialle di Yandex Taxi sono ovunque e quando Uber ha cercato di entrare nel mercato ha fatto rapidamente un passo indietro. La sua onnipresenza nella vita della nazione ha reso il rapporto tra l’azienda e il Cremlino complicato, soprattutto negli ultimi anni, da quando i dati degli utenti sono diventati preziosi – e Yandex, penetrando in ogni cantuccio della giornata di un cittadino, di dati ne ha moltissimi.
La creatura di Arkadi Volozh è ormai imprescindibile per la vita dei russi, e raccoglie molti dati che interessano al governo
Arkadi Volozh è un imprenditore di 55 anni, ha la cittadinanza russa e maltese, quindi europea, e rispetto all’altro grande imprenditore che ha rivoluzionato l’internet russo, Pavel Durov, è abituato ad agire meno di istinto, benché anche la sua Yandex, come VKontakte e in seguito Telegram, le due aziende create da Durov, abbia ricevuto pressioni da parte del Cremlino. Durov di anni ne ha 35 e quando fu costretto a cedere le sue azioni di VKontakte, il primo social network russo, decise di creare il servizio di messaggistica istantanea Telegram e di farlo lontano dalla Russia. Per Volozh la russità del suo prodotto è fondamentale, Yandex esiste in quanto elemento centrale della vita dei russi e a oggi, nonostante un rapporto altalenante, la sua società è ormai considerata leale al Cremlino, anche se per anni il presidente Putin ha criticato il fatto che grandi quote del gruppo appartengano a investitori stranieri (nel 2011 Yandex si è quotata negli Stati Uniti) e che la sede legale è nel Paesi Bassi, ad Amsterdam. Il governo russo ha sempre cercato di ottenere maggior controllo motivando le sue pressioni come necessarie per motivi di “sicurezza nazionale”: i dati della popolazione nelle mani di un gruppo che conta molti investitori stranieri e ha la sede legale in un paese diverso dalla Russia rende inquieto il Cremlino che invece si è impegnato in una lotta costante, soprattutto contro le piattaforme social, per ottenere i dati degli utenti.
I rapporti tra Yandex e il presidente russo sono stati difficili, dichiarazioni critiche da parte di Vladimir Putin e proposte legislative per regolamentare le società internet hanno fatto spesso crollare il prezzo delle azioni di Yandex, cinque anni fa al capo del Cremlino bastò dire che che internet “era un progetto della Cia” e che la società di Volozh si era sviluppata sotto l’influenza occidentale per farle scendere del 20 per cento. Le concessioni di Volozh per cercare di proteggere la società dalle nazionalizzazioni e dalle acquisizioni da parte di uomini del Cremlino – girava già il nome dell’imprenditore Alisher Usmanov – sono state molte, nel 2009 per esempio aveva garantito una golden share alla Sberbank, la banca controllata dalla stato che quindi poteva impedire la vendita di una quota aziendale superiore al 25 per cento. Ma non era stato sufficiente e una tregua tra le due parti, Yandex e governo, è stata invece raggiunta il mese scorso quando Volozh ha annunciato una nuova struttura societaria per calibrare gli interessi dei suoi azionisti e soddisfare le richieste del Cremlino. La “golden share” di Sberbank verrà ceduta a una fondazione, gestita da un consiglio di undici cittadini russi che avrà il diritto di bloccare qualsiasi partecipazione superiore al 10 per cento del capitale di Yandex da parte di un solo proprietario e si occuperà di sovrintendere a questioni “di interesse pubblico”, come la vendita o il trasferimento della proprietà intellettuale e la protezione dei dati personali degli utenti. Inoltre, Arkadi Volozh trasferirà i suoi diritti sulla società, il 48,41 per cento, a un trust familiare per evitare che il controllo, in caso della sua morte, finisca in mani non russe.
Cinque anni fa Putin disse che internet era “un progetto della Cia” e questo bastò per far crollare le azioni di Yandex del 20 per cento
L’annuncio della ristrutturazione è stato positivo per le azioni di Yandex, “era la migliore soluzione di tutte le possibili misure”, aveva raccontato una fonte alla Süddeutsche Zeitung dopo l’annuncio. Nessuno crede che il nuovo controllo imposto dal Cremlino proteggerà i dati degli utenti di Yandex, nemmeno Volozh, nemmeno i russi che negli ultimi mesi sono diventati molto sensibili sulla protezione della loro libertà su internet. Arkadi Volozh, cedendo alle pressioni del Cremlino, è riuscito a rimanere il maggior azionista della società, della ristrutturazione aveva anche avvisato i suoi dipendenti con una mail pubblicata dal Financial Times: “Internet oggi è come l’elettricità 100 anni fa. I prodotti di Yandex sono una parte essenziale della vita delle persone e, se succede qualcosa, non è solo un problema per l’azienda, ma per tutta la società. Avevamo bisogno di trovare una decisione che potesse soddisfare tre lati mantenendo la gestione nelle nostre mani, rassicurando gli investitori stranieri sul potenziale commerciale di Yandex e difendendo gli interessi nazionali”. Parole che a tanti sono suonate come una resa.