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Idee per “riaprire“ l'Italia e ripartire

Patrizia Feletig*

Alleviare il livello di saturazione degli ospedali, intensificare l’attività diagnostica, migliorare la raccolta di dati scientificamente validati

Se nelle politiche di contrasto alla diffusione del contagio, l’esperienza ci ha dimostrato l’effetto boomerang delle soluzioni parziali e l’assoluta necessità di procedere seguendo un approccio sistemico, nel riavviare il motore produttivo e dei consumi invece, è la granularità di interventi scalabili, il modello vincente.

 

Il “lockdown” attualmente in corso va progressivamente abbandonato attraverso la rimozione graduale e selettiva dei vincoli sulla mobilità.

 

Ciò richiede un piano integrato su diversi fronti:

In primo luogo, è necessario alleviare il livello di saturazione delle strutture ospedaliere, ed in particolare delle terapie intensive per poter fronteggiare le nuove esigenze che si manifesteranno a seguito della riapertura.

 

Non è però sufficiente disporre di strutture sanitarie. Tutto il personale coinvolto, sia direttamente che indirettamente, in tutte le attività ed i servizi deve essere il primo ad essere tutelato per evitare l’insorgenza di focolai nelle strutture sanitarie e per proteggere la salute degli operatori impegnati in prima linea a combattere questa battaglia, a beneficio di tutta la società. Per questo è necessario intensificare l’attività diagnostica, in modo ricorrente.

 

Per poter gestire la riapertura senza sovraccaricare il sistema sanitario, è necessario disporre di dati scientificamente validati. Ciò può avvenire solo mediante una analisi di dettaglio su un campione di popolazione statisticamente significativa mediante i cosiddetti “tamponi”, unitamente ad una capillare raccolta di dati clinici dal territorio e ad esami sierologici a campione su tutta la popolazione italiana (in analogia al modello tedesco). Questi ultimi sono utili a confermare una pregressa infezione di individui ormai negativi. Al momento non esiste una capacità di effettuare test sierologici rapidi su larga scala. Noi consideriamo questa azione prioritaria in quanto il piano di riapertura delle attività deve fare leva sugli individui, che sicuramente possiedono gli anticorpi. Costoro, non solo possono uscire e lavorare, ma devono, contribuire ad immunizzare la popolazione.

 

La graduale riapertura delle attività determinerà recrudescenze e, di nuovo, i soggetti più fragili, così come individuati dalle indagini indicate in precedenza, si troveranno ad affrontare una esposizione che porterà ad un nuovo sovraccarico delle strutture sanitarie ed in particolare delle unità di terapia intensiva, con gravissimi rischi per la loro salute.

 

Queste persone sono da tutelare e proteggere, evitando al massimo la loro esposizione con persone a rischio. Identificate quindi le categorie a rischio è necessario impostare una politica di protezione selettiva sulla base dei rischi effettivi identificati. Tale rete deve agire da “scudo” nei confronti delle categorie a rischio e deve essere composta da personale immune ed adeguatamente addestrato.

Non può essere praticabile un riavvio delle attività produttive, che di per sé comporta un rischio di allargamento degli infetti, senza proteggere le persone più deboli da gravi rischi sanitari e, conseguentemente, dall’impatto sul sistema sanitario.

 

Per questa ragione, per gestire la ripartenza, è prioritario realizzare una infrastruttura informatica di certificazione delle condizioni di immunità e di supporto dell'attività svolta dai soggetti che formano parte di questo cordone sanitario e predisporre un sistema di testing sierologico e di relativa certificazione per il personale che svolge la funzione di “scudo”.

Tutto ciò non potrà prevenire la nascita di nuovi focolai che dovranno essere rilevati il più tempestivamente possibile secondo le indicazioni dell’Oms. A supporto delle attività di tracing previste nei protocolli, sulla base delle evidenze e delle analisi epidemiologiche, potrà essere di ausilio predisporre un sistema informatico di tracciamento dei contatti, operante nel rispetto dei regolamenti di protezione dei dati personali.

 

Le due esigenze non sono in contrasto. L’esempio di Singapore indica una direzione che deve però essere rafforzata, in modo da renderlo confacente alla regolamentazione europea, mediante piena anonimizzazione dei dati raccolti e senza tracciamento degli spostamenti. Le soluzioni tecnologiche esistono.

La tecnologia, oltre al supporto alle funzioni di raccolta ed analisi dei dati clinici e statistici, di protezione delle categorie più a rischio e della ricostruzione della rete di contatti può inoltre contribuire a supportare le forze dell’ordine nell’enforcement degli ordini di quarantena con verifiche a distanza.

 

Tutte le attività descritte in precedenza costituiscono un ausilio fondamentale ad un team di alta specializzazione, multidisciplinare, che dovrà essere dedicato alla gestione progressiva della ripresa delle attività, da effettuarsi dosando incrementalmente le riaperture di settori produttivi di concerto con le rappresentanze di categoria e sulla base di dati scientifici.

Nulla di quanto descritto in precedenza dovrà essere realizzato senza la piena ottemperanza delle normative applicabili, nel rispetto dei principi costituzionali e delle direttive e regolamenti Ue applicabili.

 

*presidente Copernicani

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